Il neo presidente della Regione Liguria, Marco Bucci, non si è ancora insediato che già sono scattati i semafori di due veri e propri gran prix: da un lato, quello per le nomine dei presidenti dei porti di Genova-Savona e La Spezia-Marina di Carrara con tutto quello che ne consegue per gli equilibri interni dei due scali, dilaniati anche da contrapposizioni elettorali fra grandi operatori pro-Bucci e pro-Orlando; dall’altro, quello per cui si prevede una accelerazione brusca che riguarda i tempi di realizzazione delle grandi infrastrutture per le quali il neo-presidente della Regione, anche nella veste di commissario, ha condotto una battaglia all’arma bianca.
Ma partiamo dai porti: mentre Savona, trasformatasi a sorpresa in un bacino di voti per il centro-destra sembra dormire sonni tranquilli persino per il rigassificatore che, ancora da candidato, Bucci, con una mossa elettorale azzeccata, aveva bocciato nella possibile collocazione a Vado Ligure, insistendo per una sua permanenza a Piombino, per Genova le cose sono decisamente più complicate.
Ancora da sminare il campo di battaglia portuale
Il campo di battaglia in cui ha imperversato l’inchiesta giudiziaria sfociata con l’arresto del presidente della Regione, Giovanni Tori, del presidente dell’Autorità portuale, Paolo Emilio Signorini e dell’imprenditore portuale Aldo Spinelli, i lavori di sminamento non sono ancora partiti. La cooptazione alla guida del gruppo Spinelli di uomini legati a doppia mandata con il PD (ultimo in ordine di tempo, dopo Ermini, l’ex presidente del porto di La Spezia, Mario Sommariva), rende ancora più difficile proprio lavoro di sminamento e di rimozione dei veleni in cui dovrà impegnarsi anche il neo governatore della Regione con l’obiettivo di tutelare e rilanciare se possibile i traffici del porto, inclusi quelli di container, che la sentenza del Consiglio di Stato ha bandito proprio dalle aree affidati a Spinelli. A ciò si aggiunga il fatto che fra terminalisti anche in rappresentanza di grandi compagnie di trasporto container, le elezioni hanno rimesso in luce vecchie ruggini. Certo Bucci, comme d’abitude ha precisato che sarà il presidente di tutti i liguri, ma dovrà fare un grande sforzo per dimenticare i nomi di chi in maniera palese ha sostenuto il suo rivale, Orlando contando anche su sondaggi che solo un mese fa lo vedevano avanti di sette punti.
E forse queste intricate rivalità, se non aperte ostilità, rendono ovviamente comprensibile il silenzio che circonda la nomina, teoricamente imminente, del nuovo presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale attualmente affidata a due commissari, l’ammiraglio Massimo Seno, affiancato in fase successiva da Alberto Maria Benedetti. La nomina spetta al ministero delle Infrastrutture con il placet della Regione, come dire il tandem Rixi-Bucci.
Tanti guai nelle acque spezzine
La vicenda genovese si intreccia con quella dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure orientale (denominazioni ideate per ovvia praticità di lettura e scrittura dall’ex ministro Del Rio); il candidato Andrea Orlando in caso di vittoria avrebbe giocato in casa, ma per l’ADSP spezzina, oggi affidata al commissario Federica Montaresi (già segretario generaale dell’ADSP), proprio la presenza sul territorio del candidato regionale perdente ,sommata alla scelta di Sommariva di dimettersi e passare subito nell’azienda Spinelli, le cose si sono complicate. Anche per una serie di problemi operativi insorti: dai ritardi della Stazione marittima, ai dragaggi, alle incertezze dell’ampliamento del terminal container sino alla minacciata scissione di Carrara che il presidente della Regione Toscana vorrebbe posizionare sotto l’ombrello di Livorno.
Un bel caso non c’è che dire e forse per questo viene riproposta a più riprese l’idea di collocare un genovese (i che rappresenterebbe il massimo del colonialismo ligure) al timone di La Spezia.
E poi le grandi opere: una vittoria della coalizione di sinistra paventava il rischio di un rallentamento di alcune opere chiave e di uno stop di altre infrastrutture come la gronda autostradale che specie all’ala estrema dei Cinque Stelle e di Sinistra Italiana, inclusi i verdi, non va a genio. Per il PD autoproclamato partito numero uno in Liguria (forse dimenticando di sommare le varie liste civiche che hanno sostenuto Bucci), che ha cercato durante la campagna elettorale di fornire rassicurazioni proprio sulle grandi opere, il tema infrastrutture diventerà obbligatoriamente il terreno di una battaglia di opposizione a Bucci, nella regione che, dopo la clamorosa inchiesta port-gate, veniva attribuita quasi automaticamente a un controllo rosso per i prossimi cinque anni.
Considerando i “precedenti” c’è da attendersi da parte di Bucci un’accelerazione brusca nell’iter di costruzione delle grandi opere avviando anche un coordinamento sempre più stretto con il Piemonte, per la partita retroporti, e con la Lombardia per la realizzazione immediata del quadruplicamento di linea fra Tortona e Milano in sincronia con l’entrata in servizio del Terzo Valico.
Una vittoria di Orlando avrebbe messo in forte imbarazzo il governo che proprio sul territorio ligure ha concentrato la fetta più grossa delle opere del Pnrr con un investimento superiore agli 8 miliardi.