Inflazione

Champagne troppo caro con l’inflazione, lo spumante vince la guerra mondiale delle bollicine

Sempre più brindisi made in Italy anche sulle tavole francesi. Ma quella dei produttori d’Oltralpe è la strategia del lusso

Lo spumante italiano batte lo Champagne francese 3 a 1 sul fronte delle vendite. Complici la corsa dell’inflazione e le maggiori richieste economiche dei produttori d’Oltralpe per rientrare dei costi, sono infatti salite a 936 milioni le bottiglie Made in Italy stappate nei cinque continenti nel corso del 2023.

A conti fatti più del triplo di quelle prodotte dalle maison dello Champagne, che nello stesso periodo si sono fermate sotto quota 300milioni, in calo dell’8,2%.  Dagli Stati Uniti all’Australia, dall’Europa alla Cina sono quindi sempre più italiane le bollicine versate nei bicchieri a casa, al bancone del bar e al ristorante.

Tanto che, sottolinea una soddisfatta Coldiretti, viene stappato all’estero oltre i 2/3 del consumo di spumante italiano per un totale di 650 milioni di bottiglie.

I più fedeli a brindare Made in Italy sono gli americani malgrado lo scorso anno abbia visto vendite in calo del 9% in valore, è la prima volta che gli Stati Uniti mandano un segnale di difficoltà. Al secondo posto gli inglesi (+5%), ma lo spumante piace molto anche alla Russia (+8%).

Quello che più colpisce, tuttavia, è che le cantine dello Stivale giocano con i loro spumanti una partita quasi alla pari con lo Champagne proprio in Francia, diventata il quarto Paese per consumi, grazie a una crescita del 26%.

Un ottimo risultato commerciale favorito, oltre che dalla elevata qualità raggiunta dagli spumanti italiani, anche dai maggiori prezzi raggiunti delle etichette d’Oltralpe e dalla conseguente tentativo dei consumatori di ricalibrare gli acquisti.

Naturalmente tutto dipende dalla cantina e sarebbe errato generalizzare davanti a una offerta tanto variegata, ma si stima che difficilmente si riesca ad aggiudicarsi una bottiglia di Champagne a meno di 25-30 euro; quindi circa il triplo di quanto occorre invece in media per il Prosecco.

Un motivo non molto diverso da quello, in un’altra fascia di mercato, che sta inducendo gli italiani a preferire i prodotti no logo per rendere un po’ meno pesante lo scontrino, una volta arrivati alla cassa del supermercato.

Il Comitato che riunisce la filiera dello Champagne non appare però per nulla preoccupato del successo ottenuto dallo spumante. Al contrario fa sapere di considerare i 299 milioni di bottiglie spedite lo scorso anno come un “ritorno alla normalità” dopo la crisi del Covid e il record del 2022 (326 milioni).

I produttori di Champagne si stanno spostando verso la fascia più alta del mercato, quella che per le banche sarebbe detta “private” o comunque attinente al lusso, tanto che il fatturato del settore resta sopra la quota record di 6 miliardi. Giova ricordare che alcune delle grandi cuvèe transalpine fanno capo a colossi della moda come Lvmh.

Per approfondire leggi  la disfida per il vero Gianduiotto che oppone l’Italia alla Svizzera, qui invece l’offensiva contro il cognac e il brandy scatenata dalla Cina.

Quanto, alle cantine nazionali, la produzione principe resta il Prosecco che rappresenta il 70% degli spumanti imbottigliati. Ma, conclude Coldiretti gli stranieri apprezzano sempre più anche altri vini tricolori: dal Franciacorta all’Asti, dal Trento Doc al Trebbiano, dal Verdicchio alla Falanghina o al Grechetto, dal Malvasia al Nero d’Avola o al Vermentino.

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