Esselunga, Conad, Coop e gli altri supermercati riempiono sempre di più il carrello della spesa delle famiglie italiane con i prodotti a loro marchio. Un’onda lunga verso il low cost, che sta premiando anche la scelta dei discount.
E’ un altro effetto della fiammata dell’inflazione che lo scorso anno, mentre faceva volare i prezzi di alimentari e bollette, bruciava gli stipendi e le pensioni dei contribuenti, ed erodeva i loro conti in banca.
Così i prodotti private label valgono ormai 25,4 miliardi sullo scontrino una volta spinto il carrello alla cassa del supermarket, cioè il 31,5% dell’intero giro d’affari del mercato della Distribuzione moderna in Italia, compresi i discount. Nel 2019 il tesoretto si attestava al 28,3 percento.
I prodotti a marca del distributore abbracciano ormai una gamma molto ampia, che spazia dai formaggi ai detergenti passando dall’ortofrutta. E che è l’unica a crescere (+332 milioni di euro anche nell’ultimo anno) in un settore che all’opposto accusa una flessione dei volumi superiore al miliardo di euro (a valori costanti), si legge in uno studio realizzato da The European House – Ambrosetti per ADM (Associazione Distribuzione Moderna). Dal comparto transita l’80% dei consumi alimentari degli italiani.
Vista la corsa dei prezzi si è verificata, insomma un travaso di spesa da parte dei consumatori verso i prodotti marchiati direttamente dai supermercati, di norma più convenienti o comunque di buona qualità. E spesso inseriti nello stesso carrello tricolore voluto dal governo lo scorso ottobre.
Il 2023 è stato un anno complesso, che ha visto una riduzione dei volumi di vendita in tutti i canali distributivi, dal discount ai supermercati fino al piccolo servizio, dovuta alla pressione dell’inflazione sulle famiglie con effetti asimmetrici, commenta Valerio De Molli, managing partner e amministratore delegato, The European House – Ambrosetti.
Per approfondire leggi anche il nostro vademecum per evitare brutte sorprese con i saldi. Qui invece come il nucleare sta già contribuendo a ridurre il peso delle nostre bollette.
Insomma, lo scontrino è più alto solo per la corsa dei prezzi e il carrello sempre meno pieno. Si stima, infatti, che la spesa incomprimibile pesi 21 punti percentuale in più sul bilancio familiare del quintile più povero. In un contesto in cui i consumi alimentari sono già immobili da oltre un decennio, è quindi necessario un cambio di rotta per salvaguardare i consumi che, nel loro complesso, generano il 60% del Pil italiano. Il governo mantenga la promessa di tagliare le tasse anche alla classe media, ora divorata da Irpef, per non parlare dell’Imu sulla casetta delle vacanze.