Il sociologo polacco Zygmunt Bauman aveva coniato il termine “modernità liquida” per descrivere la società contemporanea in cui “il cambiamento è l’unica cosa permanente, e l’incertezza è l’unica certezza”.
Pare che nella portualità italiana questo insegnamento sia stato preso alla lettera, visto che, secondo voci insistenti circolate sulle banchine dei maggiori porti italiani anche quei rari nomi di candidati quasi certi per la presidenza di una delle 14 Autorità di sistema portuale in gioco, sembrano essere diventati oggetto di una ridiscussione globale.
I media locali si accapigliano ormai a presentare liste con nomi sempre nuovi. Di certo nell’incertezza è che la domanda per diventare presidente è stata presentata da almeno 500, fra professionisti, avvocati, dirigenti di Associazioni imprenditoriali. Tutti in linea teorica pronti a dimostrare una consolidata esperienza nei settori dei trasporti “e” (non “o”) dei porti.
E allora vale davvero il detto l’unica cosa certa è l’incertezza, con il risultato che la stragrande maggioranza dei porti italiani risulta essere commissariata e che nessuno degli scali in scadenza può contare su un nome unico espresso dal ministero dei trasporti e può permettersi di iniziare l’iter che prevede il parere nei fatti vincolante della Regione nella quale il porto si trova quindi delle commissioni ai trasporti della camera e del Senato.
A fronte dell’incertezza fiorisce l’offerta o l’improvvisa comparsa di nuovi candidati dell’ultima ora predicato di occupare la poltrona di Presidenza anche di porte importanti attraverso i quali transita un flusso più più che consistente di import ed export italiano.
Sino a circa una settimana addietro la lista dei 14 nuovi presidenti pronti ad affrontare anche ricorsi amministrativi sembrava essere cosa fatta. Ma da alcune ore pare essere tornato tutto in discussione: la lista dovrà essere sottoposta all’esame finale delle segreterie dei tre Partiti di maggioranza, che per la prima volta nella storia dei porti, sono pronti a nominare presidenti non di sinistra (come da tradizione consolidata da almeno cinquant’anni).
E ora persino un book maker professionista potrebbe mettere in gioco la sua professionalità, dato che praticamente ogni giorno sui media appaiono i nomi, i nuovi candidati alle presidenze taluni del tutto sconosciuti ai più altri noti quantomeno alla comunità marittima e quindi saliti alla ribalta dei media locale attraverso previsioni che suonano più come illazioni ma che all’apparenza sembrano confermare una difficoltà di fondo da parte dei decision-makers e in particolare, i partiti di maggioranza a trovare i giusti tasselli di questo puzzle
Per intanto, alla comparsa di outsiders si accompagna anche l’ipotesi fino a ieri esclusa di conferme di presidenti in scadenza.
An attendant la riforma che non c’è
La vicenda delle nomine si incrocia poi in modo sempre più intricato con l’attesa proposta di riforma portuale; riforma che, a detta di tutti, dovrebbe prevedere una centralizzazione di poteri sia sulla governance sia sulle priorità infrastrutturali sia sull’amministrazione dei singoli porti in un unico soggetto che ora assume le caratteristiche di un’agenzia nazionale per poi trasformarsi in una S.p.A. pubblica quotata. Una riforma in questa direzione inevitabilmente inciderà anche sulla governance dei singoli porti e quindi sulle competenze dei nuovi presidenti che oggi stanno scaldando i motori ai box e che auspicabilmente dovranno occuparsi anche dei delicati rapporti fra portualità e retroportualità, di digitalizzazione, riforma delle dogane, priorità infrastrutturali, logistica, concessioni (in bocca al lupo) eccetera eccetera.
Tutto ufficialmente in mano al vice ministro ai Trasporti, Edoardo Rixi, con delega ai porti e quindi al ministro Matteo Salvini.