Lavoro: tra quanto arriverà la ripresa (dei posti persi)?

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Sarà possibile tornare ai livelli di occupazione precedenti allo scoppio della Pandemia? Quanto ci vorrà perché ciò accada? Man mano che le campagne di vaccinazione continuano e alcuni paesi iniziano ad allentare le restrizioni COVID, si prevede che la crescita economica acceleri. I livelli senza precedenti di assistenza che i paesi hanno fornito attraverso programmi di mantenimento del lavoro e sostegno al reddito hanno salvato fino a 21 milioni di posti di lavoro e hanno aiutato molte famiglie a superare la pandemia. Sembra proprio esserci luce alla fine del tunnel.

Ma questa luce splende più intensamente per alcuni che per altri. Sappiamo che la pandemia di COVID-19 ha aggravato i divari sociali ed economici già esistenti, tra chi ha competenze elevate e redditi elevati e chi non ne ha. Ha ampliato le distanze tra generazioni, tra uomini e donne, tra chi ha un buon lavoro e chi ha un lavoro precario o non ne ha affatto. La disoccupazione è alta e non si prevede una rapida ripresa dei posti di lavoro. Il raggiungimento dei tassi di occupazione pre-pandemia potrebbero richiedere diversi anni. Nella grafica vediamo i riferimenti Paese per Paese delle previsioni fornite dall’OCSE.

 
 
 
ll peso della crisi COVID-19 grava in modo sproporzionato sui gruppi già vulnerabili. Lo shock iniziale della crisi dovuta al COVID-19 è stato avvertito in ampie aree dell’economia, in quanto la paura del contagio e le rigide restrizioni ai contatti sociali hanno fortemente rallentato l’attività economica nei Paesi dell’OCSE.
Apprendendo man mano come convivere con il virus, le persone hanno adattato i propri comportamenti. Così i Governi hanno allentato le restrizioni, rendendole più mirate, consentendo a molti di tornare al lavoro. Tuttavia, la natura profondamente settoriale della crisi e le divergenze nelle tutele offerte dai vari tipi di impiego fanno sì che il peso della crisi in termini di perdite di posti di lavoro e riduzione dell’orario lavorativo gravi maggiormente solo su alcuni.
 
I segni della crisi sono particolarmente visibili per coloro che hanno una professione scarsamente retribuita, spesso con contratti a tempo determinato e un basso livello di istruzione. Altra distinzione evidente per i giovani sta nelle ore lavorate.  Queste sono diminuite in modo sproporzionato e la riduzione dell’occupazione ha costituito il margine più importante di aggiustamento.
Altri gruppi, invece, sono stati in grado di adattarsi meglio alla situazione mediante una riduzione dell’orario di lavoro e il telelavoro.
Le aziende, dal canto loro, stanno procedendo a ristrutturazioni che accelerano le mega-tendenze già esistenti, quali l’automazione e la digitalizzazione.
Tutti questi elementi incideranno sull’intensità e sull’entità della ripresa. La crescita della disoccupazione di lunga durata è un rischio tangibile.
A circa un anno e mezzo dall’inizio della crisi, molte persone non sono ancora state in grado di ritrovare un lavoro a tempo pieno. Con l’eliminazione graduale dei programmi di mantenimento dei posti di lavoro, coloro che non hanno ancora ripreso un lavoro a tempo pieno rischiano sempre più di entrare in una condizione di disoccupazione manifesta.
 
I programmi di mantenimento dei posti di lavoro hanno contribuito a limitare l’aumento della disoccupazione. Non  vi è alcuna indicazione che essi abbiano avuto un considerevole impatto negativo sulla creazione di nuovi impieghi.
Se, da un lato, il sostegno deve continuare per i settori ancora pesantemente colpiti dalle restrizioni di distanziamento fisico, dall’altro occorre progressivamente adattare la struttura di tali programmi per gli altri settori.
Tutto questo consentirà, dove si è riavviata l’attività economica,  di stimolare la ripresa e procedere, in una fase successiva, alla graduale limitazione del loro uso di tali programmi. Ma l’obiettivo resta quello di fare in modo che quante più persone è possibile ritrovino spazio e dignità proprio attraverso l’attività lavorativa.
 
 
 
 

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