Lavoro

Miracolo M5S: cancellato il Reddito spariscono anche i precari

Record storico di occupati a tempo indeterminato. Ma i problemi restano

lavoro © 12875116 e Fabianodp tramite Canva.com

La sinistra non perde occasione per scendere in piazza dietro alla bandiera della Cgil di Maurizio Landini ma in Italia la cosa che va meglio è proprio il lavoro. Nella storia patria non sono mai stati così elevati nè il numero di persone con un contratto di lavoro a tempo indeterminato nè quelle che hanno una qualifica elevata.

A imprimere un’accelerazione è stato l’ultimo anno, certamente grazie alla ripresa del Pil. Ma non si può notare come lo scatto coincida con la fine del Reddito di cittadinanza. L’ideona con cui i grillini hanno illuso alcuni italiani che non ci fosse più bisogno di rimboccarsi le maniche, ma fosse sufficiente aspettare sul divano l’arrivo dell’assegno pubblico.

Fonte: Cgia di Mestre

La misura grillina ha infatti bruciato risorse a puro fine di sussidio senza alcun risultato dal punto di vista del reinserimento nel mondo del lavoro. Per non parlare del  flop annunciato dei navigator.  Una spreco, quello del Reddito di cittadinanza, secondo solo a quello del Superbonus che ancora compromette il Def e la possibilità di tagliare le tasse alla classe media.

Ma torniamo al mercato del lavoro. Nel 2023, infatti, la platea degli occupati in Italia ha toccato i 23,6 milioni di unità, 471mila in più rispetto al periodo pre-Covid. Con una lieta sorpresa: quasi la metà dell’incremento (213mila addetti) hanno trovato un’occupazione nel  Mezzogiorno che è stata anche l’area dello Stivale a segnare il balzo più pronunciato (+3,5%).

Secondo le stime della Cgia di Mestre, che ha rielaborato i dati Istat e Prometeia, lo stock complessivo degli occupati è destinato a crescere ulteriormente, sfiorando i 24 milioni di addetti entro il 2025.

 

Fonte: Cgia di Mestre
Fonte: Cgia di Mestre

In ogni caso, oltre otto dipendenti su dieci sono a tempo indeterminato (84%): per l’esattezza si tratta 15,5 milioni di persone su 18,5 milioni. Non solo, rispetto al periodo pre-Covid si contano 742mila persone con il posto fisso in più (+5%).

Numeri che da soli smontano qualsiasi narrazione sindacale sull’articolo 18 e che dimostrano come le imprese, quando trovano una risorsa valida, se la tengono ben stretta. Anche perché le imprese sanno bene come sia difficile oggi trovare personale davvero preparato, soprattutto operai specializzati e laureati in discipline Stem, quelle scientifiche.

E possibilmente persone il cui unico obiettivo non sia lo smart working. Così da collegarsi in riunione vestiti di tutto punto solo dalla vita in su e di poter sistemare il computer davanti alla finestra della casa al mare o in montagna.

Fonte: Cgia di Mestre
Fonte: Cgia di Mestre

In particolare, il numero dei lavoratori altamente specializzati/qualificati è aumentato nell’ultimo anno del 5,8% (+464mila), pari al 96% dei nuovi posti di lavoro creati nel 2023; mentre rispetto al 2019 la variazione rimane positiva (+2,3%), ma più contenuta rispetto all’anno precedente (+192mila) con una incidenza del 40% sui nuovi posti di lavoro creati in questo ultimo quadriennio.

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Detto questo restano però problemi da risolvere. A partire dal fatto che l’Italia conserva il tasso di occupazione più scarso d’Europa (61,5%), contro una media dell’Eurozona che raggiunge il 70 per cento. Così come calano gli  autonomi (-4,2% rispetto al pre-pandemia) e rimane elevato il numero di Neet, i giovani che non studiano e non lavorano.