2008: Fincantieri sbarca negli Stati Uniti. A guidare l’operazione è Giuseppe Bono, che è costretto a un vero percorso a ostacoli che dura quattro anni (dal 2004) e solo grazie alle garanzie fornite anche da alti gradi della Marina, che godono di stima incondizionata negli States, il gruppo cantieristico italiano si aggiudica il controllo di un cantiere di piccole-medie dimensioni, quello di Marinette Marine (FMM) nel Wisconsin, equipaggiato, si dice, per costruire sia navi per la difesa sia per il settore mercantile. E con il cantiere il contratto per LCS (Littoral Combat Ships) per la Marina Usa.
L’operazione si consuma nel disinteresse della politica, che fatica a individuare in quello “sbarco italiano” la preveggenza e la vision dei vertici della cantieristica nazionale: 25 anni fa non era decisamente facile pensare a un cambio di rotta della politica marittima americana e della strategia della difesa che, presto o tardi, avrebbe dovuto fare i conti con una constatazione di debolezza e dipendenza strategica; non era neppure facile prevedere che gli Stati Uniti non avrebbero potuto fare a meno di una industria marittima nazionale in grado di assicurare in autonomia lo sviluppo della sua flotta (militare, ma anche in parte, almeno per necessità logistiche, mercantile).
Il cantiere di Marinette era quindi a tutti gli effetti una testa di ponte, che avrebbe dovuto favorire uno sviluppo e una penetrazione della cantieristica italiana nel mondo americano a condizione di poter sviluppare una collaborazione sulle due sponde dell’Atlantico, negli States e in Italia, in vista di una modifica o comunque di una limatura dello Jones Act americano.
Purtroppo l’intuito geniale di Giuseppe Bono, si era stemperato in una sorta di limbo e anzi la morte del manager che aveva decretato il rilancio della cantieristica italiana era coinciso paradossalmente con il faticoso avvio della progettazione, proprio a Marinette della prima di tre fregate lanciamissili classe “Constellation” per la US Navy. Prima di tre navi gemelle (parte del NAVALPLAN americano) che – come evidenzieranno gli anni immediatamente successivi prima dell’epurazione di Bono, quindi della sua morte – metteranno in luce problemi di origine controllata: una costruzione avviata prima di disporre del progetto esecutivo e i tempi di consegna, per di più relativi ad una prima serie di tre unità incompatibili con la capacità produttiva e tecnica del cantiere di Marinette.
Secondo un rapporto del Gao (Government accountability Office), una sorta di Corte dei conti versione Usa, Il programma di costruzione della tanto necessaria classe Constellation della U.S. Navy avrebbe dovuto prevedere la messa in mare di 20 unità per un costo totale di circa 22 miliardi di dollari, con proiezione a 40 navi ma per Marinette questo programma si era scontrato da subito con la necessità di revisione del progetto (ad esempio la US Navy non prevede l’uso dell’alluminio e le navi dovrebbero essere Ice class, caratteristiche inizialmente non previste nel piano essenzialmente “di modifica” delle Fregate Freem sfociato nel progetto Constellation); dulcis in fundo, oggi la costruzione viaggerebbe con un ritardo di circa tre anni sui tempi di consegna.
Nonostante queste difficoltà i programmi di sviluppo della Us Navy (dalle fregate ai rompighiaccio di cui l’Italia detiene tecnologia ed esperienza) avrebbero potuto e forse potrebbero diventare un’occasione ghiotta per l’industria cantieristica italiana che questa idea l’aveva avuta, senza poi sfruttarla a dovere, un quarto di secolo fa.
Ma ora viene il bello. Chi invece brucia i tempi e si è resa conto che il new deal sulla marittimità e sulla difesa della amministrazione Trump, rappresenta un’occasione straordinaria per cantieri pronti a giocare con le regole di ingaggio Usa, sono i coreani. Ciò che l’Italia in ben 25 anni non è riuscita a fare per tradurre la sua idea iniziale in fatti concreti, i coreani lo stanno realizzando in pochi mesi. E ieri il risultato concreto è venuto alla luce: non solo uno dei maggiori gruppi cantieristici coreani costruirà navi militari negli Usa (e ha acquistato negli Stati Uniti un cantiere dismesso impegnandosi a investire circa 100 milioni di dollari), ma lo farà anche in Corea, rispettando tutte le misure di sicurezza previste dall’amministrazione Usa. L’intesa nasce sotto l’amministrazione Biden e artefice ne è il sottosegretario alla Marina, Carlos Del Toro, che visita tutti i cantieri “amici” e trova nei coreani i partner piu’ reattivi. Trump imprime l’accelerazione decisiva.
E a chiudere il cerchio è il pi importante costruttore navale militare degli Stati Uniti, HII, che ha raggiunto un accordo per collaborare con la sudcoreana HD Hyundai Heavy Industries al fine di potenziare la costruzione navale in diverse classi di imbarcazioni.
L’accordo giustamente definito storico, firmato come memorandum d’intesa al Navy League’s Sea-Air-Space Symposium a National Harbor, nel Maryland, riguarda non solo la cantieristica militare, ma anche quella commerciale.
Hyundai Heavy Industries possiede il più grande cantiere navale del mondo, situato a Ulsan, in Corea del Sud. L’azienda, che detiene il 10% del mercato mondiale della cantieristica, sostiene di poter “costruire più di una nave [equipaggiata con Aegis] all’anno, equivalente a un cacciatorpediniere della classe Arleigh Burke della Marina statunitense. Se la cooperazione nella difesa marittima con gli Stati Uniti sarà pienamente operativa il gruppo coreano sarà in grado di costruire fino a cinque navi all’anno, con possibilità di ulteriore espansione.
L’accordo siglato tra HHI e la sua controparte statunitense, con sede a Newport News, Virginia, è l’ultima conferma di una crescente collaborazione navale tra i due Paesi impegnati anche nel campo della manutenzione delle navi logistiche che fanno capo al Military Sealift Command.
L’accordo sulla costruzione navale tra Stati Uniti e Corea del Sud, fa seguito a un recente rapporto del Government Accountability Office, che ha descritto la situazione della cantieristica statunitense negli ultimi vent’anni come uno “stato di emergenza permanente”.
Durante un discorso alla nazione del 4 marzo, il presidente Donald Trump ha promesso di istituire un nuovo ufficio per la cantieristica navale all’interno della Casa Bianca, con l’obiettivo di ridare slancio all’industria e rafforzare la potenza navale degli Stati Uniti.