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E se il Mediterraneo torna a essere il Mare nostrum?

Dall’assemblea di Federagenti siluri contro i luoghi comuni sulla geopolitica e i traffici marittimi. Indispensabile ora gestire l’occasione di recitare un ruolo guida nel Sud Europa

© Melkisheva Viktoriia e y-studio tramite Canva.com

Se si trattasse di un’inchiesta giudiziaria, il racconto dell’interrogatorio si potrebbe svolgere così:

“Ma è proprio vero che la Cina sarà la potenza dominante dell’economia mondiale e che l’eventuale conquista di Taiwan si tradurrà in una espansione imperiale?”

“Ma è proprio vero che gli americani, vinca Donald Trump o Kamala Harris si disimpegneranno dall’Europa e in particolare dal Mediterraneo?

E ancora: ”Ma è proprio vero che il green deal europeo proseguirà senza intoppi sino alle estreme conseguenze di progressiva eliminazione del fossile?”

Oppure: “Ma è proprio vero che il Mediterraneo, annientato dalla crisi del Mar Rosso e di Suez, diventerà un lago, con scarso interesse commerciale e con una progressiva esclusione dalle grandi direttrici dell’interscambio mondiale via mare?”

Sino a pochi mesi fa le risposte sarebbero state uniformemente e banalmente affermative con una carenza globale di dubbi. Oggi l’assemblea degli  agenti marittimi italiani, impegnati a Roma a celebrare il 75 anni della loro Federazione (Federagenti), ha dimostrato che storia, geopolitica e schematismi ideologici (in primis quelli dell’Unione europea)  vanno poco d’accordo con i dogmi della cultura politically correct.

Lo ha dimostrato  il presidente Alessandro Santi che oggi ha passato il testimone al suo successore, Paolo Pessina, e che per delineare le norme di un globale risiko sui traffici marittimi via mare si è fatto affiancare da esperti di geopolitica come Edward Luttwack, Giulio Sapelli e il docente della Sapienza di Roma, Gabriele Natalizia; giornalisti sul campo come Nicola Porro e Fausto Biloslavo, imprenditori-economisti come Antonio Gozzi. Nonché da giovani dottori e dottorandi dell’Università La Sapienza di Roma.

Ne è scaturito, per altro alla vigilia delle elezioni presidenziali americane, un melting pot di opinioni in gran parte contro corrente sul futuro del Medio Oriente, sulle imminenti elezioni americane, sulla effettiva forza d’urto della macchina politica ed economica cinese, sui paesi proxy dell’Iran.

Oggetto di una revisione critica in particolare l’assunto di un Mediterraneo che a causa del parziale blocco del Mar Rosso e del Canale di Suez si starebbe trasformando secondo molti in un lago “asfittico” di traffici. Un mare che una sempre più indolente Unione europea non è difeso consentendo a gli Houthi punta al blocco di una  delle più importanti direttrici del traffico marittimo mondiale. Federagenti ha lanciato un segnale preciso: il cambiamento negli assetti geopolitici e le guerre in corso, forniscono già oggi opportunità e opzioni sul futuro per chi geograficamente e culturalmente sarà in grado di coglierle e il Mediterraneo  (con un interesse americano che non potrà essere distolto dal petrolio e dal gas del Medio Oriente) resterà centrale nella definizione delle strategie e degli equilibri strategici e commerciali del mondo. E potrebbe tornare a essere davvero il Mare nostrum.

La grande occasione per l’Italia

“L’Italia – ha sottolineato il presidente Santi – è chiamata oggi a fare la sua parte rapidamente prima di tutto rendendo efficienti le sue infrastrutture, la loro governance e incrementando in modo intelligente e selettivo gli investimenti”. “La centralità di un Mediterraneo diverso – ha concluso – pone l’Italia, per la prima volta negli ultimi 80 anni, in una posizione unica di vantaggio anche nel confronto dei partners europei”

Critici gli esperti convocati da Federagenti nella sede dell’Acquario romano, anche nei confronti delle valutazioni catastrofali relative all’affermazione massiccia dell’economia cinese e quindi dell’area dell’indo pacifico, in un quadro che purtroppo sarà ancora caratterizzato da conflitti e tensioni. Grande prudenza anche sulla green economy (per come impostata da Bruxelles) che – secondo il parere concorde di tutti – sta scricchiolando e dimostrando limiti determinati da un approccio ideologico prevalente su quello economico.