410 navi portacontainer con una capacità totale di circa 2,3 milioni di TEU, abbinando anche la consorella Orient Overseas Container Line acquisita nel 2018 la flotta balza a 534 navi portacontainer con una capacità totale di 3,3 milioni di TEU. 432 rotte marittime internazionali e nazionali gestite , tra cui 295 rotte internazionali , incluse 54 rotte nazionali e 83 rotte di feederaggio lungo il delta del fiume Pearl e il fiume Yangtze. La flotta della Società ha fatto scalo in 629 porti situati in 145 Paesi e regioni del mondo.
Questo l’identikit di Cosco Shipping Line, il colosso cinese del trasporto container, considerato a ragione la punta di diamante del grande progetto di espansione commerciale della Repubblica popolare nel mondo oltre che il portabandiera della Via della seta.
Nella lista anche due big della cantieristica
Contro questo colosso il presidente entrante degli Stati Uniti, Donald Trump, non ha atteso la sua entrata alla Casa Bianca per lanciare un siluro potenzialmente devastante. Gli Stati Uniti, o meglio il Pentagono, hanno blacklisted e quindi inserito nella lista nera la più grande compagnia di navigazione cinese, per l’appunto la Cosco, ma anche due costruttori navali per presunti legami con l’Esercito Popolare di Liberazione, ovvero le forze armate di Pechino per conto delle quali le navi Cosco e i cantieri cinesi opererebbero, in una logica militare e non commerciale, in differenti aree del mondo.
Nessuna sanzione, ma forse è peggio
La Black List del Pentagono non prevede inizialmente sanzioni, ma le sue conseguenze geopolitiche sull’interscambio commerciale mondiale potrebbero essere anche peggiori. La Black List rappresenta un “suggerimento”, un vero e proprio warning per chiunque voglia lavorare con aziende americane, o per soggetti pubblici e privati americani, invitati neanche troppo cortesemente a tenersi ben lontani dai soggetti inseriti nella lista nera.
Con una attenzione crescente rivolta da Washington all’intero settore settore marittimo (ne sono prova le “bordate” pubbliche di Trump sul Canale di Panama e sulla Groenlandia, che la nuova amministrazione americana vorrebbe porre sotto diretto controllo della bandiera a stelle e strisce) l’inserimento di Cosco Shipping Holdings Co. in un documento del Registro Federale, che la qualifica come compagnia militare cinese secondo le indicazioni definite dal Pentagono, insieme alla China State Shipbuilding Corp. e alla China Shipbuilding Trading Co è destinato a segnare una svolta epocale nei rapporti commerciali fra Usa e Cina.
Se Cosco è un gigante i cantieri cinesi stanno diventando quasi monopolisti nella costruzione di alcune tipologie di navi specie per committenti occidentali, americani inclusi. Secondo il broker navale BRS (citato in un rapporto di Bloomberg e ripreso da Captain daily), nel primo trimestre dello scorso anno i costruttori navali cinesi rappresentavano quasi il 60% del portafoglio ordini mondiale.
Il risveglio marittimo degli Usa
Dopo essersi per anni riparati dietro l’inesistente paravento del Jones Act, gli Stati Uniti si sono improvvisamente risvegliati “scoprendo” che chi controlla il mare può condizionare l’economia del mondo. E il fatto che gli Usa costruiscano solo una nave portacontainer per ogni 359 navi costruite dalla Cina sta creando un crescente “nervosismo”.
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L’ultima lista nera del Pentagono comprendeva anche Tencent Holdings Ltd. e Contemporary Amperex Technology Co. Ltd., nonché la major petrolifera cinese Cnooc Ltd.
Sia Cosco che Cnooc sono state precedentemente prese di mira da Washington. Cosco è stata sanzionata nel 2019 per il trasporto di petrolio iraniano, ma le sanzioni sono state revocate nel 2020. Cnooc è stata una delle prime imprese statali cinesi a essere colpita da sanzioni statunitensi e nel 2021 è stata aggiunta a una lista nera del Pentagono.
La crescente presenza cinese in Sud America e a Panama, nonché le ambizioni dichiarate di colonizzazione di un mercato che per decenni è stato sotto controllo americano, stanno producendo i primi segni di una guerra commerciale globale.