Economia e LogisticaMare e porti

Due circolari per contenere i danni del nuovo Codice doganale

In arrivi misure tampone, ma senza emendamenti sostanziali al Decreto, dal primo gennaio 2025 pubblica amministrazione e porti si faranno male da soli…e lo faranno agli operatori

Dalla Direzione delle Dogane (guidata da Roberto Alessee) arrivano rassicurazioni non ufficiali agli operatori: sarebbero in fase di stesura e probabilmente verranno pubblicate già domani, martedì o dopodomani, mercoledì, due circolari che dovrebbero aggiustare il tiro del nuovo Codice Doganale ed attenuare parzialmente i danni che minaccia di produrre con la “conversione” in Penale e quindi nel reato di Contrabbando di tutti quegli errori in gran parte formali che venivano sanati di fatto in tempo reale con una sanzione. In teoria, anche se fra gli operatori doganali, gli importatori, gli spedizionieri sembrano prevalere i dubbi, anche le misure di confisca della merce dovrebbero risultare molto attenuate.

Ma proprio sulla base di una constatazione logica e legislativa, secondo la quale, per gerarchia delle fonti, difficilmente una circolare può modificare in modo sostanziale un decreto (tale è quello per la applicazione del nuovo Codice doganale dal primo gennaio 2025), non si ferma l’azione di numerose Associazioni del settore e di singoli operatori che stanno predisponendo emendamenti al Decreto legge che, sempre in linea teorica, potrebbero essere recepiti al momento della conversione in legge del Decreto stesso, alimentando una volta di più almeno due interrogativi: da un lato, perché non si è tenuto conto in fase di messa a punto della nuova normativa, delle osservazioni degli operatori; quindi, perché non sono stati valutati effetti e conseguenze della nuovo Codice Doganale.

Autogol doganale da 2,7 miliardi

Lo ha fatto Fedespedi, la Federazione nazionale degli spedizionieri, che, insieme con Confetra, ha quantificato in 2,7 miliardi il minore incasso annuo dell’Agenzia delle Dogane, anche solo nell’ipotesi ottimistica di una perdita di traffico contenuto in un 10% che verrebbe dirottato su altri porti dell’Unione europea presso i quali effettuare le operazioni di sdoganamento. Senza contare le conseguenze sulle aziende italiane, sull’occupazione e sui traffici nei porti.

“La revisione dello schema sanzionatorio previsto dalla riforma prevede la fattispecie del reato di “contrabbando” anche in caso di semplici errori formali nelle pratiche doganali che le imprese di spedizioni internazionali svolgono al servizio del commercio internazionale, esponendo gli operatori al rischio concreto di dover intraprendere contenziosi penali e subire gravi sanzioni amministrative, tra cui la confisca dei beni e dei mezzi di trasporto” ha dichiarato il Vicepresidente di Fedespedi con delega customs, Domenico de Crescenzo.  “Il reato scatta quando l’errore compiuto genera un mancato incasso di dazio e IVA da parte dello stato superiore a 10.000 euro: è una soglia molto bassa, che si raggiunge facilmente nelle dichiarazioni doganali”.

Il nuovo Codice doganale, in contro-tendenza rispetto alla maggioranza dei Paesi europei, equipara poi  l’IVA all’importazione a un dazio di confine, contrariamente a quanto sancito dal Codice Doganale dell’UE, dalla giurisprudenza a livello unionale e di cassazione.

L’oro dei porti in regalo al Nord Europa

Nel 2006 un Convegno denominato “L’oro dei porti” aveva evidenziato la fragilità del sistema porto-doganale italiano facendo emergere la dimensione del “regalo” di dazi e Iva all’importazione quotidianamente assicurato dai porti italiani (allora in crisi di efficienza) ai porti del nord Europa verso i quali (e accade ancora) veniva dirottato un crescente quantitativo di merci e di containers naturalmente “di competenza geografica” dei porti mediterranei e italiani in particolare.

Se quell’appello traeva origine dalla inaffidabilità dei maggiori scali marittimi del Paese, il nuovo Codice doganale è equiparabile a un deliberato autogol.

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Il codice trasforma la quasi totalità delle sanzioni amministrative in trampolini per un rinvio a giudizio; e trasforma in parallelo i sequestri temporanei della merce in confisca dei beni, con la fondata presunzione negativa di una loro “detenzione” anche per un decennio sino a quando gli Eppo (i tribunali della Procura europea, a oggi 8 con una trentina di magistrati in distacco, non avranno smaltito la valanga di pratiche che sta per piombare sulle loro scrivanie.

Sino a ieri le violazioni, specie quelle formali o frutto di un errore, di queste norme doganali erano passibili di sanzioni e addirittura il responsabile del carico e della spedizione poteva nei tre anni successivi, scoperto il suo errore, autodenunciarsi, evitando la sanzione. Il tutto all’insegna di una linea comune in tutti i principali Paesi europei, forse con la sola eccezione della Polonia; linea che prevedeva per la violazione fiscale in Dogana, una sanzione amministrativa che solo nel caso di dolo provato, cedeva in passo alla Procura della Repubblica e all’accusa di contrabbando.

Si allargano le competenze della GdF

Con il nuovo Codice , le Dogane tornano a essere “affiancate” in modo massiccio dalla Guardia di Finanza (anche in qualità di braccio operativo delle Procure), non possono più definire le sanzioni e quindi sono private di questa responsabilità, come era previsto nel vecchio Codice di 330 articoli del 1973 sostituito ora dal nuovo testo pubblicato sulla G.U. del Dlgs n.141, che abroga il Testo Unico Legge Doganale D.P.R. n.43 del 23 gennaio 1973 e ridefinisce le norme nazionali complementari alla legislazione Unionale.

Sino a ieri, salvo i casi di violazione dolosa accertata delle norme doganali rientranti nella fattispecie del reato penalmente perseguibile del contrabbando, tutto rientrava nel campo delle sanzioni amministrative. Oggi tutto rientra nella fattispecie del contrabbando, quindi in una procedura di tipo penale, nella confisca della merce, salvo che per violazioni inferiori ai 10.000 euro di valore delle imposte applicate alla merce. Considerando che mediamente un container trasporta merci per valori fra i 60 e i 100.000 Euro, il nuovo Codice si abbatte come una mannaia su tutto il traffico delle merci che transita attraverso le Dogane italiane.

“Il decreto legislativo 141/2024, che avrebbe dovuto allineare il nostro ordinamento doganale a quello europeo e semplificarne il funzionamento – ha affermato Confetra, facendo seguito alla denuncia della Community portuale di La Spezia –  in realtà si discosta sensibilmente dalla proposta di nuovo codice doganale dell’UE e semplifica la disciplina esclusivamente per l’amministrazione finanziaria, trasferendo gli oneri procedurali all’amministrazione giudiziaria penale.