Il mistero e neppure troppo buffo dell’idrogeno, indicato a gran voce come fonte energetica alternativa e come una delle chiavi di lettura del Piano Mattei, si infittisce. Un rapporto pubblicato dall’International Chamber of Shipping (ICS), rapporto che ha alle spalle un chiaro input tedesco, annuncia che per soddisfare la domanda annuale globale di idrogeno verde pari a 30 milioni di tonnellate, sarebbe necessaria una flotta di 400 nuove navi in grado di trasportarlo, in sicurezza.
Il professore Stefan Ulreich, dell’Università tedesca di Biberach, ha quindi acceso i riflettori sulle prospettive dell’idrogeno per la produzione di energia, ma anche per accelerare il processo di decarbonizzazione. Peccato che oltre un anno fa il Centro Giuseppe Bono, avesse messo a punto, consegnato ai suoi soci fondatori (alcuni dei quali potenzialmente interessati in modo diretto allo sviluppo di progetti anche nell’ambito del Piano Mattei) un report dettagliato nel quale si individuavano con maggiore precisione le esigenze tecniche di trasporto dell’idrogeno (in gran parte attraverso il trasporto di ammoniaca), il numero di navi da costruire, le potenzialità per l’industria cantieristica italiana (chiamata a bissare la primogenitura progettuale di fine anni 90 nella progettazione e costruzione di navi metaniere a Genova- Sestri), ma anche le potenzialità di collaborazione con la Tunisia proprio per la realizzazione di queste navi.
I numeri, illustrati anche nel corso di alcuni seminari e nel corso delle audizioni al Cipom (Comitato interministeriale politiche del mare), oltre che in occasione della costituzione del Centro Bono, erano e restano ben più consistenti, specie facendo mente locale sui tempi di costruzione di tale tipologia di navi che si collocano fra i quattro e i cinque anni per ogni nave e che gli scali di costruzione non sono infiniti.
411 navi necessarie nel Pacifico, 350 in Europa
Per i trasporti dell’idrogeno nell’area del Pacifico, finalizzati essenzialmente a garantire l’approvvigionamento di idrogeno (attraverso il trasporto di ammoniaca e idrogeno ed eventualmente metanolo) entro il 2050 dovranno essere operative 411 navi specializzate. Per i trasporti dell’idrogeno con destinazione i Paesi industrializzati dell’Europa saranno necessarie almeno 350 navi. Anche ipotizzando un enorme sforzo costruttivo dei cantieri navali giapponesi e coreani non è difficile prevedere che questi cantieri si impegneranno a dare una precedenza assoluta ai loro mercati di casa. Considerando poi che la Cina non sarebbe attrezzata progettualmente e operativamente per tali tipi di navi molto sofisticate, si spalancherebbero – come evidenziava lo studio preliminare del Centro Bono in rapporti resi disponibili anche per le Istituzioni – le porte per un business di costruzione navale di pieno impiego per almeno 25 anni e non casualmente nello stabilimento Fincantieri di Genova già protagonista del boom metaniere.
Business cantieristico Italia-Tunisia
Per altro esisterebbe anche una possibilità di collaborazione – perfettamente integrata negli obiettivi del Piano Mattei – fra i cantieri italiani e un cantiere in Tunisia, Paese nel quale verrebbero prodotte e assemblate le lamiere e quindi il lavoro di base per consegnare il compito di completamento tecnologico e allestimento delle navi agli stabilimenti italiani.
Esiste poi un problema in più da trasformare in opportunità: gran parte dell’ammoniaca indispensabile anche per la produzione di fertilizzanti proviene, o meglio, proveniva dall’Ucraina e ora le importazioni, ad esempio dall’Australia, richiedono tempi di navigazione estremamente più lunghi, accentuando e dilatando il numero di navi necessarie per disporre di una flotta “idrogeno”, ovvero dedicata ai trasporti dell’idrogeno, in grado di soddisfare le esigenze dei Paesi industrializzati.
Sicilia probabile base distributiva
Infine, fonti non ufficiali, confermano che la base italiana per la distribuzione dell’idrogeno in rete (una rete nuova visto che non possono essere utilizzate a questo fine né le reti realizzate per il petrolio, né quelle per il gas) sarebbe la Sicilia collimando ancora una volta con i principi base del Piano Mattei, ma anche del Piano del mare lanciato dal ministro Musumeci.