Dennis Mannering è un autore americano che ha scritto numerosi bestseller. A lui si deve un breve resoconto di una sua esperienza di insegnamento, che mi è piaciuto molto. Ve lo propongo in forma “quasi integrale” e poi – come al solito – faremo insieme qualche commento.
PICCOLA STORIA INSEGNA
In una lezione che tengo per adulti, di recente ho fatto qualcosa di “imperdonabile”. Ho assegnato un compito da fare a casa! Il compito suonava così: “Ciascuno di voi deve andare da qualcuno che ama entro la settimana prossima e dirgli che lo ama. Deve essere qualcuno a cui non lo ha mai detto prima o almeno non lo ha ripetuto da lungo tempo”.
Ora questo non suona come un compito impossibile, fino a che non ci si fermi a considerare che la maggior parte degli uomini di quel gruppo aveva più di 35 anni (…). Mostrare sentimenti o addirittura piangere non era un fatto consueto. Quindi questo era un incarico molto minaccioso per alcuni.
All’inizio della lezione successiva, ho chiesto se fra loro c’era chi volesse riferire sull’esperienza (…) e uno degli uomini ha alzato la mano. Sembrava piuttosto commosso e un po’ teso.
Mentre si alzava dalla sedia, ha iniziato dicendo: “Dennis, ero piuttosto arrabbiato con te la scorsa settimana quando ci hai dato questo compito. Non pensavo di avere qualcuno a cui dire quelle parole e, inoltre, non capivo perché tu ci chiedevi di fare qualcosa di così personale. Ma quando ho iniziato a guidare verso casa, la mia coscienza ha cominciato a parlarmi. Mi ha detto che invece io sapevo esattamente a chi dovevo dire “ti amo”. Vedi, cinque anni fa ho avuto un disaccordo piuttosto serio con mio padre, che da allora non abbiamo mai ricomposto. Così, martedì scorso, quando sono tornato a casa, mi ero convinto che avrei detto a mio padre che lo amavo.
La mattina dopo alle 9:00 ho chiamato mio padre per vedere se potevo incontrarlo dopo il lavoro. Quando ha risposto al telefono, ho appena detto: “Papà, posso vederti dopo il lavoro stasera? Ho qualcosa da dirti”.
Mio padre ha risposto con un tono scontroso, “E ora che c’è?” Lo ho assicurato che non ci sarebbe voluto molto, quindi alla fine ha accettato.
Alle 5:3, ero a casa dei miei genitori e papà mi ha aperto la porta.
Non ho perso tempo, ho fatto un passo dentro la casa e ho detto: “Papà, sono venuto solo per dirti che ti voglio bene “.
È stato come se una trasformazione istantanea avvenisse in mio padre. Davanti a me il suo viso si è ammorbidito, è sembrato che le rughe scomparissero e ha cominciato a piangere. Mi ha abbracciato e mi ha detto: “Ti amo anch’io, figlio, anche se non sono mai stato capace di dirtelo.”
È stato un attimo così prezioso che non avrei voluto muovermi. Io e papà ci siamo abbracciati ancora per un momento e poi me ne sono andato. Non mi sentivo così bene da molto tempo.
Ma il punto del mio discorso non è solo questo. Due giorni dopo quella visita, mio padre, che aveva problemi cardiaci ma non me lo aveva detto, ha avuto un attacco ed è finito in ospedale, privo di sensi. Non so se ce la farà.
Quindi il mio messaggio per tutti voi della classe è questo: non perdete tempo per fare le cose che sapete che devono essere fatte. Se avessi aspettato a dare quel messaggio a mio padre, forse non ne avrei avuto più l’occasione!
Trovate il tempo per fare ciò che dovete fare e fatelo ora!
LEZIONI DA IMPARARE
C’è una parola abbastanza poco usata nel linguaggio di oggi, “procrastinare”, che indica quell’atteggiamento per cui si rinvia da un giorno a un altro quel che si deve fare, allo scopo di guadagnare tempo o a volte addirittura di sfuggire al compito. Esso si caratterizza come ansia e incapacità di pensare al futuro, che porta anche alla perdita di fiducia in sé stessi.
La parola è insolita, ma non certo il comportamento: che è molto frequente e interessa specialmente quelle persone le quali devono svolgere compiti che richiedono “uno sforzo” che eviterebbero volentieri, ma che devono compiere a meno di fallire l’obiettivo.
Secondo il Prof. Joseph R. Ferrari della DePaul University di Chicago, i procrastinatori sono fondamentalmente di tre tipi che si distinguono in base a che cosa li porta (o non li porta) all’azione:
- l’Urgenza: sono quelli che lavorano meglio sotto la pressione del tempo;
- la Pigrizia: sono quelli che rinviano i compiti perché li trovano troppo impegnativi o noiosi;
- la Paura: sono quelli che non decidono di agire per paura e ansia.
Approfondiamo un po’ le caratteristiche di queste tre tipologie.
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PROCRASTINATORI DA URGENZA
In questo caso la dilazione può anche essere solo “strumentale”. Chi la pratica ritarda l’azione, a volte inconsapevolmente, perché sa di dare il meglio di sé quando è costretto a lavorare sotto pressione.
È quanto ci confessa Stephanie Pearl-McPhee, nota autrice canadese: “Io sono una persona che lavora bene sotto pressione. Infatti lavoro così bene sotto pressione che a volte mi servo della procrastinazione per creare quella pressione”.
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PROCRASTINATORI DA PIGRIZIA
Quando giunge una richiesta, si sentono oggetto di una imposizione e rispondono dettando le loro condizioni. “Devo farlo” pensano, “ma non necessariamente ora”. E allora fanno un’altra pausa, leggono un altro blog, guardano un programma TV che li interessa…
La loro linea guida sembra essere, “Non rimandare mai a domani ciò che puoi fare anche dopodomani” (Mark Twain).
Poi però all’improvviso arriva l’inevitabile scadenza: ed è panico. E a esso segue spesso la perdita dell’opportunità.
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PROCRASTINATORI DA PAURA
A volte hanno paura di fallire, come è il caso del figlio nella storia, il quale è restio a prendere l’iniziativa di un riavvicinamento con il padre forse temendone il rifiuto.
Il meccanismo con cui la procrastinazione allevia queste paure è ben descritto da James Surowiecki, famoso giornalista americano, con questa frase:
“La mancanza di fiducia e i sogni irrealistici di un esito eroico dell’iniziativa che prendiamo, spesso ci portano alla procrastinazione. E molti studi suggeriscono che i procrastinatori sono vittime “volontarie”: piuttosto che rischiare il fallimento quando agiscono, preferiscono creare condizioni che rendano impossibile il successo (come il non agire), un riflesso che ovviamente crea un circolo vizioso”.
Ci sono poi delle professioni in cui la procrastinazione è una barriera sistematica al successo. Mi riferisco qui in particolare agli operatori della vendita.
“L’agire adesso” è un mantra fondamentale che per loro dovrebbe essere una vera filosofia di vita lavorativa.
LESSON LEARNED
Un apostolo dell’”agire adesso” è stato Augustine Og Mandino, autore del libro “Il più grande venditore del mondo”, che ha venduto 50 milioni di copie in oltre 25 lingue diverse.
Mandino ha scritto:
“Agirò adesso. La tendenza a procrastinare che finora mi ha trattenuto, era figlia della paura, ma ora conosco il segreto di tutti i cuori coraggiosi: adesso io so che per vincere la paura devo sempre agire senza esitazione e il panico svanirà (…). D’ora innanzi ricorderò la lezione della lucciola che emana la sua luce soltanto quando è in volo, soltanto quando è in azione.”
Parole queste su cui riflettere!
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Edoardo Lombardi