Relazione

Come si decide?(anche di acquistare)

#Historytelling- I due lati del cervello applicati al marketing

Come si prende una decisione? La tendenza più importante nel settore del marketing e della ricerca in questo momento riguarda la comprensione di come le persone prendono le decisioni. In generale si tende a ritenere che le persone facciano scelte consapevoli e razionali e siano in grado di articolarne il perché. Una crescente evidenza generata principalmente dall’economia comportamentale e dalla psicologia sociale chiarisce invece che questa ipotesi è sbagliata. Come proposto dal Premio Nobel Daniel Kahneman, le scelte delle persone sono spesso inconsce e fortemente influenzate dal loro contesto sociale, personale e ambientale. Sono interessanti al riguardo alcune osservazioni tratte da uno scritto di John Speers, esperto britannico di marketing e voglio poi commentarle con voi.

Recentemente l’IPA (International Publisher Association) ha annunciato che l’efficacia della creatività nella pubblicità è diminuita del 39%. È un calo enorme. Uno dei suoi principali motivi è che stiamo diventando tutti troppo guidati dai dati e troppo analitici. Il cervello sinistro è particolarmente capace nello scomporre le cose in modo ordinato e nel concentrarsi su ciò che ogni componente dice e significa. È tutto molto scientifico e porta a spiegazioni molto razionali, con la comunicazione che segue un ordine lineare e logico. Il problema però è che gli esseri umani non sono lineari e logici: sono disordinati e molto spesso è la gioia di vivere, in modo spontaneo e altamente emotivo, che prevale.

Di importanza cruciale è il fatto che l’85% delle decisioni che prendiamo come umani sono irrazionali. Come possiamo aspettarci che i dati razionali lo capiscano?

Si parla molto dell’intelligenza artificiale che porta all’apprendimento automatico e all’intelligenza quantistica. È tutta roba favolosa, ma ciò non toglie che stiamo annegando tutti nei dati. Per non perdere creatività c’è invece bisogno di liberare la forza più potente della creatività, che è informata ma non costretta, dai dati e dalle analisi.

Ed è qui che entra in gioco il cervello destro. Non lo stiamo usando abbastanza, quindi non è abbastanza stimolato. L’emisfero destro è dove soggiornano umorismo, metafora, contraddizione, nostalgia, riferimenti culturali e tutto ciò che rende la vita piena di colore.

La cosa preoccupante è però che il cervello sinistro ha una forza dominante che può prevalere su quella del cervello destro. Penso che ciò sia quello che sta succedendo ora con il potere irresistibile che ci viene fornito dai dati così ampiamente a portata di mano. In un’era in cui il contenuto è re, tutto ciò che dobbiamo fare non è forse capire sulla base di quei dati qual è il messaggio giusto da mettere sull’immagine o sul video per raggiungere l’obiettivo che la pubblicità si pone?

Bene, se fosse così facile non dovremmo vedere la riduzione del 39% dell’efficacia della pubblicità. Né qualcuno sarebbe imbarazzato per i milioni di comunicati là fuori sul mercato che ricevono poca attenzione da parte del pubblico, con la conseguenza di una ridotta conversione in vendite. Certo, abbiamo bisogno del nostro cervello di sinistra e dei nostri strumenti di intelligenza artificiale per aiutarci a gestire il mare di dati. Questo è essenziale.

Ma ancor più essenziale è usare quei dati per nutrire la corrente dell’immaginazione e il potere della creatività.

 

LA MIA ESPERIENZA

I miei commenti partono con un necessario chiarimento relativo a due termini molto usati oggi in pubblicità: USP e SLOGAN; che differenza c’è?

USP (“Unique Selling Proposition o in italiano “Proposta Unica di Vendita”) è la descrizione dell’unicità che rende attraente il business per i consumatori e che sta alla base dell’intero approccio al mercato.

SLOGAN è una frase semplice e accattivante che in qualche modo incapsula l’attrattiva del prodotto e la rende molto più memorabile (oggi usiamo i termini HEADLINE e CLAIM, ma con slogan ci intendiamo tutti).

Voglio chiarire che entrambi i termini non sono invenzioni dei pubblicitari della nostra epoca. In realtà i pubblicitari, consapevolmente o inconsapevolmente, li hanno appresi dalla Storia. Vi porto allora due esempi, legati a grandi personaggi del passato che li hanno messi in atto.

 

IL PRIMO È MARCO PORCIO CATONE

Nato nel 234 a.C. a Tusculum da un’antica famiglia plebea, grazie alle sue capacità aveva percorso tutte le tappe del cursus honorum diventando nel 184 a.C. Censore, una carica fra le più importanti nella cosa pubblica di Roma. Nel 156 a.C. aveva fatto parte della delegazione mandata a Cartagine per arbitrare tra i cartaginesi e Massimissa, re di Numidia. La missione fu fallimentare e i commissari ritornarono a casa senza risultati. Ma Catone rimase colpito dalle evidenze della prosperità dei cartaginesi a tal punto da convincersi che la sicurezza di Roma fosse a rischio e la sua salvezza dipendesse dalla distruzione totale di Cartagine. Un punto di vista questo non condiviso da molti senatori. Da quel momento egli fece sua la strategia che divenne il motivo conduttore di tutta la propria azione politica.

Con la terminologia di oggi potremmo dire che la sua USP fosse “perseguire con ogni mezzo l’obiettivo della distruzione di Cartagine”. Si era altresì reso conto che l’adozione di quella strategia da parte della classe politica romana richiedeva un continuo richiamo delle sue ragioni, e quindi cercò una frase molto sintetica che le ricordasse incessantemente.

Le parole che adottò, oggi avremmo detto lo Slogan, con cui concludeva ogni suo sermone, erano “Cartagine va distrutta” (Delenda Carthago Est). Si dice che nel momento in cui Catone pronunciò questa frase per la prima volta egli, con un grande effetto di convincimento, tirò fuori da sotto la tunica un cestino di fichi provenienti da Cartagine, volendo così dimostrare che se il fico – frutto assai delicato – poteva resistere al viaggio da Cartagine, quest’ultima era troppo vicina a Roma e quindi rappresentava una sicura minaccia da eliminare.

 

IL SECONDO È WINSTON CHURCHILL

Non devo spendere parole per ricordare chi era. Il 10 maggio del 1940 ricevette l’incarico di Primo Ministro del Regno Unito: il momento era drammatico per il paese. Le truppe corazzate tedesche avanzavano a grande velocità verso Parigi e il contingente militare inglese inviato in Francia a sostegno dell’esercito francese si era trovato circondato a Dunkerque e se si fosse arreso avrebbe praticamente azzerato le forze dell’esercito britannico. Molti nel Parlamento inglese propendevano per la ricerca di un accordo con la Germania, ma Churchill era totalmente contrario. Alla Camera dei deputati egli disse: “Chiedete, qual è la nostra politica? Rispondo che è condurre la guerra (…) contro una tirannide mostruosa che non ha l’eguale nel tetro, miserabile catalogo del crimine umano. […] Chiedete qual è il nostro scopo? Rispondo con una parola sola: vittoria, vittoria a ogni costo.”

Nelle parole tecniche di oggi la sua USP sarebbe stata: “Combattere contro la Germania con lo scopo di vincere”.

E il suo Slogan? “Non mollare mai (Never give up)”.

Per affermare il suo slogan, egli non si limitava a ripeterlo, ma lo ricordava con i suoi comportamenti. È significativa la storia del suo intervento all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Oxford. Arriva con i suoi soliti oggetti di scena: il sigaro, il bastone, il cappello a cilindro che lo accompagnavano ovunque andasse. Mentre si avvicina al podio, la folla gli tributa un grande applauso. Con una dignità senza pari, Churchill guarda fiducioso i suoi ammiratori. Rimuovendo il sigaro e posizionando con cura il cappello a cilindro sul podio, fissa attentamente il suo pubblico in attesa. Poi con voce tuonante grida: “Non mollare mai!” Passano alcuni secondi di silenzio prima che ripeta:

“Non mollare mai!”

Le sue parole rimbombano nelle orecchie dell’audience. C’è un silenzio “assordante” quando Churchill prende il cappello e il sigaro, si appoggia al bastone e lascia la piattaforma. Il suo intervento per l’inaugurazione era terminato.

 

LESSON LEARNED

Richiamo la vostra attenzione sul fatto che in entrambi i casi la pubblicità era indispensabile data l’iniziale non condivisione delle strategie. Il che è condizione fondamentale per la generazione di USP e SLOGAN di successo: perché, come ha detto lo scrittore americano Thornton Wilder: “In pubblicità non essere differenti è un suicidio virtuale”.

 

Edoardo Lombardi