Afghanistan. L’urlo disperato delle donne

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L’ urlo disperato delle donne Afghane.

Quello che oggi irrompe violentemente e si fa largo in mezzo a tanto parlare di covid, vaccini, contagi e   lascia soprattutto sconcertati e sbigottiti è la drammatica situazione che sta vivendo l’Afghanistan, volgere lo sguardo in quella direzione significa far affiorare in tutto il suo splendore, la consapevolezza   che basta una crisi politica,  una  semplice crisi  economica, un riposizionamento geopolitico  e nel giro di due settimane le condizioni di vita di un  popolo, di un paese ma soprattutto delle sue donne subisce una sorta di giravolta che li sbalza  indietro di venti anni.

Concentrarsi sulla figura della donna afghana diviene quasi una questione di coscienza civile se pensiamo che oggi finalmente avevano conosciuto l’Università, la scuola,  una sorta di libertà quasi raggiunta che rischia di  essere decisamente compromessa per tornare ad una vita che definirla tribale ancora non rende bene l’idea, una vita fatta di stupri, di umiliazioni aberranti.

Le donne in Afghanistan hanno raggiunto quasi  gli stessi diritti dell’uomo dal 2004, e al giorno d’oggi godono di un migliore status rispetto ai periodi precedenti, su tutto vale l’ esempio dell’utilizzo del burka che è imposto nelle zone rurali mentre nelle zone più sviluppate come Kabul dove indossano abiti occidentali il suo utilizzo è diminuito in modo considerevole.

La condizione della donna afghana ha seguito nel bene e nel male i  diversi importanti passaggi storici del paese, la più  drammatica decisamente quella   dopo  l’Afghanistan  islamico parlamentare, e cioè,  quando  il partito talebano è salito al potere dal 1996 al 2001, dove la figura femminile ha vissuto una vera e propria sottomissione incomprensibile ancora oggi a  qualsiasi  mente umana che vive in uno Stato  libero e democratico.

Per rendere bene l’idea di cosa hanno vissuto bisogna usare parole più che semplici ed ordinarie, la loro vita trascorreva all’interno della propria abitazione, potevano uscire solo se accompagnate da un uomo della famiglia, divenne obbligatorio il burqa, non si potevano truccare, non potevano indossare gioielli, non potevano ridere, non potevano lavorare, non potevano frequentare le scuole, non potevano guardare negli occhi un uomo,  non potevano praticare sport, vennero chiusi tutti i bagni pubblici riservati alle donne, non potevano più esercitare nessuna professione che fu  permessa ad alcune nel periodo del Mujaheddin.

Una prevaricazione del genere maschile che si può definire “ossessiva”, in quegli anni le morti registrate che riguardavano le donne salirono a numeri vertiginosi, un periodo di terrore  durato fino al 2001, fino a quando cadde il regime talebano e ricominciò una sorta di emancipazione con l’abrogazione di tutti i divieti imposti dal regime, addirittura molte donne fuggite in Occidente rientrarono nel loro paese fiduciose della presenza americana e di un quanto mai probabile anche se difficile avvio del paese verso una forma di  democrazia.

Oggi che la geopolitica si sta ridisegnando e soprattutto per le donne afghane nel peggiore delle condizioni che mai avrebbero pensato e immaginato di dover rivivere, in tutto questo urlare aiuto,  l’Occidente  rimane spettatore e sordo davanti a quelle donne consapevoli di ciò che le potrebbe attendere in un futuro non poi cosi lontano se è già notizia che in ogni villaggio gli imam hanno avuto l’ordine di compilare la lista delle donne che non sono sposate perché devono essere messe a disposizione dei comandanti dei vari battaglioni come tanti  trofei di guerra e allora viene da chiedersi dove sono finite tutte quelle associazioni occidentali a favore della emancipazione e della libertà della donna con i loro  tanti slogan, le organizzazioni internazionali sullo status delle donne davanti ad un popolo di donne che chiede disperatamente aiuto per essere state abbandonate a scapito di una geopolitica che si va ridisegnando.

Di fatto è una tragedia epocale quella che sta accadendo in queste ore a Kabul e viene da chiedersi altresì  se i paesi confinanti,  saranno capaci di moderare questo Stato e saperlo in un qualche modo orientare senza dimenticare che in questo stesso momento nel mondo ci sono  due potenze mondiali che sono la Cina e l’India divenuti titolari della “questione specifica”, appena abbandonata dall’America quest’ultima rassicurata  dal non ritorno del terrorismo  ma, l’ urto di rimando civile e politico sull’Occidente è già avvenuto solo voltando lo sguardo verso le donne afghane.

La democrazia non si esporta, si costruisce ed è sotto gli occhi del mondo che  in questi ultimi venti anni si è costruito ben poco. 

 

Lorena Polidori

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