Relazione

Quando i cigni diventano neri

Relazione

Qualche anno fa ho tenuto una conferenza in Confidustria intitolata “Quando i cigni diventano neri”.

Ma cosa intendiamo come i termini “cigno nero” in economia? Pare che la locuzione derivi dal passaggio del poeta latino Giovenale che recitava: “…rara avis in terris nigroque simillima cygno….” Che, tradotto letteralmente, significa “ uccello raro sulla terra e molto simile a un cigno nero”.

Si vuole intendere, quindi, che accadono fatti rari e imprevedibili così come raro poteva essere, fino al 1606, l’avvistamento di un cigno nero. Si, quella, più o meno, è l’anno del primo sbarco, ad opera del navigatore olandese Willem Janszoon in Australia. Da li, nel giro di due secoli, l’intero continente fu conquistato dagli europei che appunto, si imbatterono nel cigno nero australiano. Il detto comunque è rimasto lo stesso.

Ci sono fatti assolutamente imprevedibili perché, come scriveva Taleb nel suo saggio, le cose che sappiamo sono molte di meno di quelle che non sappiamo. Questa consapevolezza è già un ottimo punto di partenza per non essere travolti dagli eventi imprevedibili.

I furboni ci spiegano, a posteriori, che l’evento era perfettamente prevedibile ma naturalmente, non ci spiegano perché allora non si fu in grado di prevederlo. Poi ci sono i furboni di segno opposto che, a qualunque disgrazia, mettono il marchio di “cigno nero” così si sollevano da ogni responsabilità.

L’esempio è l’ultima guerra in corso. Centinaia di migliaia di soldati russi schierati, considerando il tempo necessario per questo tipo di azioni, insieme a blindati, cannoni, lanciamissili e la diplomazia che il giorno dell’invasione, si strappa le vesti, come se gli invasori fossero Achei usciti a sorpresa dal cavallo di Troia.

Furboni a parte un vero Cigno Nero non si può prevedere.

Cosa fare allora? Chiaramente una risposta univoca non c’è e non ci può essere, però possiamo provare a fare qualche considerazione.

Do fondo al mio masochismo e scelgo un esempio difficile: la pandemia. Non quest’ ultima, non sono mica folle. Parlo di quella del 1918, la cosi detta “spagnola”.

Sembrava una semplice influenza ed invece miete le sue vittime con una velocità sorprendente.

Non parlo di anziani e di deboli, che magari cent’anni fa erano tenuti, forse, in maggior considerazione nonostante le misere condizioni ma mi riferisco a giovani. La pandemia colpiva soprattutto persone nel pieno degli anni e della vigoria fisica. Si scoprirà molto più tardi che per via della reazione esasperata del sistema immunitario provocata dal virus proprio i giovani, che avevano un sistema immunitario molto attivo, erano le vittime elettive. Gli stessi giovani che se maschi, erano la “carne da cannone” del primo conflitto mondiale che già da cinque anni insanguinava l’Europa.

La prima reazione dei belligeranti fu in linea con il passato: silenzio e disinformazione.

Vietato parlare della malattia.

Un po’ come in Russia oggi non si può chiamare Guerra l’attuale conflitto ma “operazione speciale” ed in occidente la partecipazione al conflitto, con invii massicci di armi, è chiamata invio di aiuti a scopo umanitario.

Ma non è che nascondendo la testa sotto la sabbia il cigno diventa meno nero.

Si chiamava influenza spagnola perché solo in Spagna, estranea al conflitto, si poteva apertamente parlare di pandemia. Ecco allora visto che l’omertà non produceva risultati, i capi di stato maggiore che vedevano morire più soldati per la spagnola che per gli attacchi alla baionetta, decidono piuttosto in fretta di chiuderla li e  di far finire la guerra in poche settimane.

Questa non è una verità storica, bisognerebbe approfondire ma è verosimile che il conflitto impantanato da anni, ad un certo punto vede la capitolazione totale di una parte senza ulteriore resistenza, proprio in coincidenza della seconda terrificante ondata di pandemia, che parte nell’agosto del ‘18 e si conclude nell’inverno.

Comunque,guerra a parte,in un periodo nel quale la medicina aveva ancora poche e spuntate frecce nella faretra, i provvedimenti straordinari erano l’isolamento e l’uso di mascherine confezionate alla buona con tele e garze.

Si dice che proprio in quegli anni, i primi anni 20, venne concepito il saluto fascista con un’ispirazione, non tanto a quella romanità che del resto non ha significative tracce di questo gesto ma piuttosto come norma igienica in alternativa alla pericolosa stretta di mano. 

Fra il serio ed il faceto, la fine improvvisa della guerra, l’isolamento, le mascherine, il saluto senza stretta di mano sono cambi di paradigma che sottolineano che ci deve essere una svolta. Un cambio radicale perché il Cigno Nero cambia il paradigma della storia e con esso la vita quotidiana.

Irrigidirsi sulle proprie posizioni vuol dire subire l’enorme forza di questi avvenimenti che, in alcuni casi, non lasciano scampo.

A questo punto con la sicura meraviglia di qualcuno, voglio introdurre il tema della comunicazione. Approfitto per confidarvi un segreto così evitate di scrivermi che ho in testa un’idea fissa: mi hanno ingaggiato proprio per parlare di comunicazione, solo che ogni volta la prendo un po’ lunga.

Vi siete mai chiesti come la nostra specie, Homo Sapiens Sapiens, abbia alla fine prevalso su qualsiasi essere vivente del pianeta? Probabilmente perché eravamo i più bravi a comunicare fra noi e usavamo questa super abilità per cooperare, muovendoci in tanti come se fossimo uno solo.

Chi ci poteva resistere?

Quando pensiamo ad una terribile tigre dai denti a sciabola, ad un immenso mammut o qualche altro animale del passato, dobbiamo ricordare che è stato provato che in alcune aree del pianeta all’arrivo dei Sapiens, nel giro di pochi secoli, sparivano la gran parte degli animali superiori ai 50 kg. Avete capito? Nessuna arma sofisticata, nessuna forza sovrumana. Solo comunicazione e cooperazione.

Quello che sta avvenendo oggi è il presentarsi sulla scena di tutta una serie di anomalie, di crisi se preferite che, prese ad una per una, possono anche sembrare affrontabili ma la loro contemporaneità è veramente un unicum. E’ come se un terremoto, uno tzunami, un uragano e alla fine anche un meteorite, insistessero, tutti insieme, in una stessa aerea. Questo si che è un Cigno Nero fuori da ogni discussione.

Dunque, se allora dobbiamo cambiare paradigma per una situazione che è sicuramente nuova non è detto che dobbiamo inventarci chissà quale cosa.

L’innovazione non è ciò che nuovo in assoluto, ma ciò che serve e al momento non c’è, a prescindere che ci sia stato o meno in passato.

Di sicuro saremmo folli se uscissimo dai pilastri della nostra specie. Se decidessimo, ad esempio, di fare i solitari. Ci renderemmo immediatamente conto di quanto siamo fragili da soli. Comunicazione e cooperazione, queste sono le parole magiche dei Sapiens che, organizzati sono stati capaci di tendere straordinarie trappole per catturare animali molto più grandi ed aggressivi o per costruire rifugi sicuri o tenere vivo il fuoco.

Un’altra parola magica è leadership. Non funzioniamo senza punti di riferimento. Qualcuno deve prendersi l’onere, il rischio, di metterci la faccia, di stare davanti ed indicare la via. Poi otterrà dei privilegi? Certo, fa parte del gioco. Da centinaia di migliaia di anni.

Diteci chi è e votiamo per lui o per lei.

 

Giuseppe Mascitelli, 13 luglio 2022