Censis: gli italiani sono pronti ad investire sul Paese.

Defiscalizzare gli investimenti privati: è la strada per far ripartire il paese?

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Molti italiani sono pronti ad investire sull’Italia i propri capitali privati pur di rilanciare il Paese. Sono soprattutto quelli della “classe benestante” quelli già disponibili a farlo. Hanno bisogno, però, di certezze, magari di un sostegno fiscale che aiuti ad orientare più facilmente verso i settori e le imprese domestiche.

Era stato il Censis a fotografare e presentare i numeri, ma soprattutto le tendenze degli italiani, nel rapporto costruito in collaborazione con Aipb, l’associazione che lega i Private Banker del Paese. La predisposizione, già rilevata, oggi potrebbe acquisire ancor più valore grazie anche alla presenza di Draghi più disposto a costruire che a vessare – si spera almeno – i capitali privati, capitali che rappresentano l’unica certezza e l’unico fondo cassa italiano presente in questo particolare contesto temporale.

I benestanti sono circa 1,5 milioni e detengono un patrimonio finanziario complessivo di 1.150 miliardi di euro, una cifra pari a tre quarti del Pil del Paese atteso nel 2020. 

Il 75% di loro si dice pronto a finanziare con i propri capitali privati investimenti di lungo periodo per la rinascita economica dell’Italia dopo il Covid-19. Il 71% consiglierebbe a parenti e amici di investire in aziende italiane. Il 18% teme l’introduzione di una tassa patrimoniale. Persuadendo la classe agiata a tenere in forma liquida solo una quota fisiologica del proprio portafoglio pari al 7% (oggi invece è superiore al 15%), sarebbero immediatamente disponibili 100 miliardi di euro da investire nell’economia reale.

Risorse utili per realizzare i tanti progetti necessari per la ripartenza del Paese, come la costruzione di nuovi ospedali, residenze per gli anziani e asili, la digitalizzazione delle scuole, la banda ultralarga e quelle infrastrutture vitali che aspettano da decenni di essere compiute. Tutto da fare con il risparmio privato della classe agiata.

L’arrivo di Draghi alla guida del Paese, potrebbe rendere ancor più solida la predisposizione di tanti italiani nei confronti dell’Italia stessa, e potrebbe rappresentare un punto di svolta nell’economia di rilancio di un Paese che, in attesa che vengano erogati i Next Generation Plan, ha un bisogno disperato di cassa.

La presenza al timone del Governo italiano di uno come Mario Draghi potrebbe davvero orientare ancora meglio la condizione generale, potrebbe farlo a tal punto da determinare  scelte d’investimento ancor più consistenti rispetto ai 100 miliardi ipotizzati per quest’anno.

 

«Investire italiano». 

Qual è l’atteggiamento dominante tra gli italiani nei confronti dei benestanti? Né invidia sociale, né spirito di rivalsa, ma un sano pragmatismo. Nella crisi attuale, per il 46,6% degli italiani la ricchezza privata, se ben gestita, può rappresentare una opportunità preziosa per il Paese. Solo il 23,8% la ritiene infruttuosa e il 26,5% un furto. E quasi la metà degli italiani è favorevole a riconoscere vantaggi fiscali a chi investe, non importa quanto sia ricco.

 

Nessun diavolo della finanza. 

Non è prevalente l’immagine del ricco egoista, disinteressato alle sorti del proprio Paese. Una buona finanza, che trasferisca fondi dal portafoglio dei risparmiatori abbienti verso strumenti di investimento nell’economia reale, è possibile per l’84,9% degli italiani, necessaria per l’87,4%.

I diavoli della finanza non abitano qui: gli italiani non sono rimasti intrappolati nello stereotipo dello spregiudicato magnate speculatore. Però solo il 17,1% pensa che oggi in Italia la finanza sia all’altezza delle sfide che ha di fronte. Per il 91,7% è importante che ci siano professionisti in grado di parlare alla mente, al cuore e al portafoglio dei benestanti, cioè consulenti capaci di convincerli a «investire italiano».

 

Le inquietudini dei ricchi: il welfare pubblico non basterà, corsa all’autotutela. 

Ma oggi anche coloro che hanno più agi sono inquieti. Il 62,6% dei benestanti soffre l’incertezza di questo periodo. A preoccupare di più sono le malattie (46%) e le minacce al reddito (39,7%). In merito alla gestione del loro patrimonio, per il 66,7% dei benestanti è opportuno investire nelle imprese dell’economia reale.

Per l’87,5% la priorità è investire in coperture assicurative per la salute, la vecchiaia, l’educazione dei figli. Convinti che lo Stato non potrà dare tutto a tutti per sempre, il 53% si aspetta che in futuro il sistema di welfare pubblico garantisca i servizi essenziali (ad esempio, le terapie intensive nella sanità e gli interventi salvavita) e che per il resto chi può dovrà pagare da sé le prestazioni. Il 41,8% dei benestanti ha già sottoscritto assicurazioni e il 24,9% è intenzionato a spendere di più per la sanità integrativa (solo il 5,9% ridurrà questa voce di spesa in futuro).

 

Leopoldo Gasbarro

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