Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) ha diffuso una preliminare Scheda Informativa relativa alla prima emissione del BTp Futura, “il primo titolo di Stato – vi si afferma – dedicato esclusivamente al risparmiatore retail, che verrà collocato da lunedì 6 luglio a venerdì 10 luglio 2020 e che sarà interamente destinato a finanziare le diverse misure previste per il sostegno del reddito e la tutela del lavoro, il rafforzamento del sistema sanitario nazionale e il sostegno a famiglie e imprese italiane nonché il rilancio dell’economia nazionale”.
Per molti aspetti si tratta di un titolo innovativo: durata dieci anni, tasso fisso per i primi quattro anni con possibili rialzi negli anni successivi, un premio finale tra l’1 e il 3% calcolato sulla base dell’andamento del Pil.
Ci sono tutte le caratteristiche per attirare una parte del risparmio privato, risparmi che peraltro è aumentato sensibilmente negli ultimi mesi a causa del lockdown che ha bloccato i consumi.
Tutto bene quindi? Qualche perplessità sulla strategia del Tesoro spero sia lecita. Eccone dieci.
- In una fase come l’attuale uno dei punti più importanti dovrebbe essere il rilancio dell’economia e quindi dei consumi. Spostare il risparmio al finanziamento del debito pubblico non va in questa direzione;
- In una corretta logica economica le entrate correnti finanziano le spese correnti, l’indebitamento dovrebbe finanziare gli investimenti. Anche perché dagli investimenti dovrebbero a medio termine generare le risorse necessarie per pagare gli interessi e l’ammortamento del debito. Nelle finalità del Btp futura non c’è ombra di investimenti.
- Le condizioni offerte sono indubbiamente interessanti per i risparmiatori, ma nello stesso tempo onerose per l’emittente. Se le sottoscrizioni saranno di dieci miliardi il costo finale sarà per il Tesoro sarà tra i due e i quattro miliardi sui dieci anni.
- Se il Governo accettasse i fondi del Mes (Meccanismo europeo di stabilità), che prevedono la stessa durata, le casse dello Stato risparmierebbero quindi tra i due e i quattro miliardi (sempre per ogni dieci miliardi di prestito).
- Le condizioni di favore per i risparmiatori si traducono quindi in maggiori oneri per lo Stato, oneri che andranno in qualche modo coperti dai cittadini attraverso un aggravio fiscale. Lo Stato si prende con una mano quello che dà con l’altra.
- Il risparmio è una realtà tutelata, almeno a parole, dalla Costituzione: l’aumento immotivato degli oneri del debito pubblico (Btp Futura invece del Mes) aumenta i rischi di sostenibilità dello stesso debito.
- Emissioni di questo tipo, a tasso fisso e a premi crescenti, non aiutano la riduzione dello spread. Ed un eventuale aumento dello spread, tutt’altro che improbabile dato le difficoltà dell’azione di Governo, farebbe diminuire il valore di mercato dei titoli e quindi la ricchezza stessa dei risparmiatori;
- L’Italia è impegnata in Europa ad un difficile negoziato per il varo dei primi, pur embrionali, strumenti di debito comune come il tanto decantato Recovery fund: la logica del “ci possiamo finanziare da soli” non va certo nella direzione di convincere i paesi “frugali” ad una maggiore solidarietà.
- Le più recenti indagini hanno dimostrato come la cultura finanziaria degli italiani sia mediamente bassa. La propaganda del Btp futura, tutta centrata sui benefici e senza alcun accenno ai rischi (per i quali bisogna leggere il complesso prospetto informativo), non va nella direzione di aumentare la consapevolezza delle scelte finanziarie.
- Ultimo, ma non meno importante. Una spinta vigorosa alla ripresa economica potrebbe venire se si incanalasse il risparmio privato, molto più di quanto avvenga ora, verso la capitalizzazione delle imprese che hanno bisogno come l’ossigeno di investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione. Ma queste, direbbe il Manzoni, “sono sottigliezze metafisiche” che la politica non prende in considerazione.