Ho già citato un paio di volte il “sommo” poeta nelle mie newsletter (non per nulla il 2021 sarà l’anno di Dante, in occasione dei 700 anni dalla morte del grande poeta).
Stavolta mi è stata di ispirazione la famosa frase che tutti conoscono (seppur nel modo “non ti curar di lor…”); ma chi sono “lor”?
Nella mia citazione “loro” sono i mezzi di comunicazione, dai giornali ai tg sui vari canali televisivi, a internet; sono loro che spesso condizionano le decisioni di investimento delle persone: basta dire “bruciati mille miliardi in borsa” che sfido chiunque a prendere in quel momento la decisione di investire in azioni; allo stesso modo strillare “boom del titolo Tesla o Amazon o Facebook” può portare a una corsa all’acquisto scellerata quanto una vendita indiscriminata.
E allora è proprio la frase detta da Virgilio a Dante (non per nulla il poeta latino è la guida) all’inizio del loro cammino nell’Inferno a costituire un consiglio prezioso per i risparmiatori: non prestare ascolto a tutte le chiacchiere dette, rischi di farti fuorviare nel prendere le tue decisioni, ragiona con la tua testa.
Anche perché spesso e volentieri queste notizie non sono più vere o attendibili delle chiacchiere da bar:
–13 agosto 1979, Business Week sentenzia la morte del mercato azionario; il titolo in copertina recita: “La morte delle azioni, come l’inflazione sta distruggendo il mercato azionario” (solo pochi mesi dopo il Dow Jones iniziò quello che sarebbe stato uno dei suoi più lunghi periodi di crescita durato, eccetto la breve parentesi del 1987 e dell’estate del ‘98, fino al 1999;
–27 settembre 1999, dopo quasi due decenni di crescita, i due giornalisti James K. Glassman e Kevin A. Hassett pubblicarono un articolo dal titolo un po’ forte: “Dow 36.000, la nuova strategia per approfittare della prossima crescita del mercato azionario” (circa cinque mesi dopo scoppiava la bolla delle dot.com che avrebbe portato l’indice Dow Jones dagli 11.000 punti della data di uscita dell’articolo ai 7.850 del marzo 2003, alla vigilia della seconda Guerra del Golfo)
–Febbraio e Marzo 2000: le riviste Business Week e Money (poco prima dello sboom della bolla internet) uscivano con copertine del tipo “Il Boom: Special Report” e “Come investire nel mercato più caldo di sempre”.
I casi riportati dimostrano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che nessuno è in grado di prevedere l’andamento dei mercati e che – soprattutto – si deve investire in funzione dei propri obiettivi e non in base alle “previsioni” di presunti guru o indovini finanziari.
Riguardo poi al famoso “timing” di investimento, cioè alla famosa domanda “ma è il momento giusto per investire?”, la risposta è: è sempre il momento giusto! e nella prossima pagina provo spiegare perché.
Il dilemma “è o no il momento giusto?” si pone di solito nelle fasi in cui il mercato sembra essere troppo elevato, presumendo di poter anticipare i movimenti (cosa impossibile, confermata ancora una volta nei giorni scorsi quando si pensava che le elezioni americane avrebbero rappresentato l’ennesima occasione per assistere a un crollo del mercato azionario, tutti smentiti anche stavolta).
Chiarito quindi che NESSUNO è in grado di prevedere l’andamento futuro del mercato, andiamo a vedere questa analisi; cosa sarebbe successo se io avessi investito 1.000 dollari in alcuni momenti cruciali dei mercati?
- alla vigilia dello shock petrolifero del 1973
- prima della recessione del 1981-82
- pochi giorni prima del lunedì nero del 1987
- a marzo 2000 (v. articoli citati) prima dello scoppio della bolla internet
- a fine 2007 nel momento in cui partiva la Grande Crisi dei mutui subprime e del fallimento della Lehman Brothers
1.000 dollari sarebbero diventati, esclusi i dividendi:
- 27.425 dal 1973, rendimento annualizzato del 7,275%
- 23.800 dal 1980, rendimento annualizzato del 8,395%
- 10.150 dal 1987, rendimento annualizzato del 7,278%
- 2.285 dal 2000, rendimento annualizzato del 4,200%
- 2.200 dal 2007, rendimento annualizzato del 6,240%
(fonte per i calcoli: https://dqydj.com/sp-500-return-calculator/ )
Quindi, chi avesse investito una somma anche modesta, e avesse avuto la pazienza di aspettare e tollerare le oscillazioni (immancabili) del mercato, avrebbe incrementato l’investimento iniziale di 27 volte dal ‘73, quasi 24 dall’80, 10 volte dall’87 e raddoppiato dal 2000 o dal 2007.
Nessun’altra forma di investimento dà la possibilità di ottenere simili ritorni, non parliamo poi di tale possibilità con le obbligazioni agli attuali tassi di interesse.
Ovviamente la differenza tra un’obbligazione e un’azione passa attraverso il diverso grado di rischio e il maggior rendimento medio offerto dai titoli azionari è la cosiddetta “remunerazione del rischio” (ovvero “premio al rischio”). E spesso è un rischio che vale la pena di correre.