Negli ultimi cinque giorni gli italiani hanno versato 17,2 miliardi nelle casse pubbliche per sottoscrivere la seconda emissione del Btp Valore, il nuovo bond quinquennale pensato dal ministero dell’Economia unicamente per il retail. Il risultato di raccolta ottenuto va oltre le più rosee aspettative, comprese quelle del ministero dell’Economia. Non solo perché la provvista non è così distante dai poco più che 18 miliardi raggiunti dalla sua prima emissione avvenuta a giugno, ma perché i libri si sono riempiti di ordini (per amor di precisione sono stati firmati 641.881 contratti, con un taglio medio di 26.781 euro) senza bisogno che il Tesoro andasse oltre il tasso minimo garantito al momento dell’avvio del collocamento.
Il rendimento sarà pari al 4,10% i primi tre anni e 4,50% i successivi due, a cui sommare un premio fedeltà finale dello 0,5% per i “cassettisti” che terranno il bond in portafoglio fino alla sua scadenza, fissata per il 10 ottobre del 2028: a conti fatti il Btp Valore pagherà fino al 4,36% annuo con cedola trimestrale. Quando ieri sul mercato i rendimenti del decennale italiano si attestavano attorno al 5%, facendo peggio degli equivalenti governativi greci e aumentava la tensione sullo spread che ha superato la colonnina dei 200 punti rispetto a un Bund tedesco comunque arrivato a corrispondere il 3 per cento.
L’Italia è, quindi, costretta a pagare un premio al rischio più alto di prima, a causa di un debito ingombrante pari al 140% del Pil e della scommessa di tassi alti ancora per un periodo prolungato da parte della Bce; la tendenza è però comune a tutti i Paesi, tanto che anche per il rendimento dei Treasury americani servono ormai tutte le dita della mano. Insomma, attenti a non lasciarsi ingannare dai numeri. Malgrado lo spread crescente, la corsa a sottoscrivere il Btp Valore non si è peraltro mai interrotta: 4,7 miliardi la prima giornata, 4,5 miliardi la seconda, 3,5 miliardi di richieste la terza, quindi 2,7 miliardi il quarto giorno e 1,5 miliardi ieri; le due banche dealer erano Intesa Sanpaolo e Unicredit, supportate da Akros e Iccrea.
Ecco perchè la premier Giorgia Meloni ha salutato la provvista del Btp Valore rimarcando come l’economia italiana sia solida e come il governo stia gestendo le risorse in modo oculato. In altre parole, malgrado lo spread resti a livello di guardia, la Nadef appena varata assicurata un sentiero solido verso una Manovra di Bilancio che, ha avvertito Giancarlo Giorgetti, sarà caratterizzata da “scelte difficili”, anche perchè il Superbonus si è già mangiato il tesoretto
Lo stesso ministro dell’Economia è apparso quindi visibilmente soddisfatto della raccolta del Btp Valore, successo che conferma “la fiducia” dei risparmiatori nella “serietà” con cui vengono gestiti i conti pubblici: anche la prima emissione del Btp Valore a giugno (che paga il 3,25% il primo e il secondo anno, il 4% dopo) era stata sottoscritta quasi tutta entro i confini nazionali. Un buon viatico quindi verso il 20 ottobre, quando Standard & Poor’s dovrà decidere se aggiornare o meno la pagella sul nostro Paese dall’attuale BBB con outlook stabile, dopo la parola passerà a Dbrs, a Fitch (10 novembre) e infine il 17 novembre Moody’s che nei mesi scorsi ha minacciato di negare l’investment grade al nostro Paese scatenando la speculazione. L’Italia mentre rinnova il debito pubblico in scadenza ricorrendo a emissioni come il Btp Valore e il Btp Italia (che è legato all’inflazione) sta comunque progressivamente sostituendo i titoli nei caveau delle grandi banche internazionali con quelli nelle tasche delle famiglie.
Una sorta di “giro di cambiali” che aiuterà il Paese a essere più pronto a resistere nel caso si scateni un nuovo attacco speculativo al nostro debito sovrano; una strategia quindi che va beneficio di tutti gli investitori, compresi quelli che cavalcano le azioni in Borsa. Sarà però servita a poco se le diplomazie europee non troveranno presto una mediazione per scrivere un nuovo Patto di Stabilità che non penalizzi ulteriormente la crescita del vecchio continente oltre quanto stanno già facendo gli alti tassi di interesse con cui la Bce tenta di domare l’inflazione. Perché il Deficit\ Pil è una frazione: se vogliamo risanare le casse pubbliche senza bloccare gli investimenti, a crescere deve essere il denominatore e quindi la produzione industriale e i consumi. Difficile centrare il risultato nella congiuntura attuale, dove la corsa dei prezzi continua a rendere pesante il carrello della spesa delle famiglie italiane. Un problema a cui il governo ha dato una parziale risposta, concordando con la grande distribuzione un paniere di alimentari e prodotti a prezzo calmierato.