Exor vede Stellantis andare a sbattere contro il muro del bilancio 2024, ma si consola subito facendo cassa per 3 miliardi vendendo il 4% della ricca Ferrari. Se ci consentite una stilla di veleno, potrebbe essere riassunta così la giornata vissuta ieri dalla holding della famiglia Agnelli guidata da John Elkann.
Andiamo con ordine, partendo dalle brutte notizie. Lo scorso anno Stellantis ha visto i suoi utili colare a picco a 5,5 miliardi, è il 70% in meno rispetto ai livelli del 2023. Una debacle completa, nonché l’ultimo regalo della strategia impostata dall’ex amministratore delegato Carlos Tavares e della sua ossessione per il diktat Ue sull’auto elettrica.
Il gruppo, nato dalla fusione tra Fiat-Chrysler e Peugeot, ha infatti visto le vendite ridursi del 12% ad appena 5,4 milioni di unità. I guidatori europei e americani hanno in sostanza scelto le vetture delle concorrenti dinanzi alla penuria dei modelli Stellantis e della ideona di Tavares di puntare tutto sui veicoli con la spina.
Non per nulla sono caduti a piombo anche i ricavi del gruppo: -17% a 157 miliardi. E il flusso di cassa è finito in negativo per 6 miliardi. Ancora peggiore il quadro se si guarda l’ultima semestrale: da luglio a dicembre Stellantis si è del tutto cappottata, accumulando una perdita di 127 milioni.
Numeri che da soli spiegano il benservito all’ex manager portoghese che si è posizionato agli antipodi rispetto alla grande opera di salvataggio della vecchia Fiat, che era riuscita allo scomparso Sergio Marchionne.
Un top manager che nell’auto resta oggi ineguagliato per capacità sia finanziaria sia negoziale e per visione industriale, come spiega Nicola Porro in questo post. Comprensibile, quindi, la difficoltà con cui Stellantis sta selezionando il successore di Tavares, perché sarà suo il compito del rilancio e di salvare l’occupazione.
Elkann ha tracciato una sorta di identikit del nuovo capo azienda: dovrà essere un leader con forti competenze finanziarie e tecnologiche, dovrà essere in bravo a lavorare in squadra e a mescolare le diverse culture del gruppo.
Stellantis, che vede negli Stati Uniti il suo principale mercato, ha infatti un azionariato un po’ francese e un po’ italiano. Exor è il primo socio ma il capitale del gruppo è presidiato dallo stesso Stato transalpino.
La guerra commerciale innescata da Donald Trump è quindi un problema a cui Stellantis ha provato a rimediare investendo negli Usa. La grana segue inoltre il suicidio industriale con cui Bruxelles ha imposto la transizione a tappe forzate verso all’auto elettrica.
L’esito è stato consegnare alla Cina la leadership della mobilità a quattro ruote e distruggere il comparto dell’automotive europeo. Uno dei pochi che era davvero in salute, a differenza di quanto avviene invece per esempio per i microchip o per l’intelligenza artificiale, dove nessuna azienda del Vecchio Continente è in grado di competere a livello globale.
Elkann ha provato a mantenere la barra della fiducia, rimarcando che il gruppo nutre forti speranze di recupero e crescita, ma tra ieri e oggi il titolo in Borsa ha subito pesanti perdite: -5,7% lo score odierno.
Tra i titoli del paniere principale, peggio ha fatto solo Ferrari. che è crollata di quasi il 10% allineandosi al prezzo di vendita degli Agnelli. L’erede dell’Avvocato, raggiunto l’armistizio dopo mesi di battaglia aperta con il governo, si appresta anche a essere audito in Parlamento sul destino degli impianti italiani della ex Fiat.
Passiamo ora alle notizie positive per gli eredi di Giovanni Agnelli: Exor, davanti alla corsa che in due anni ha portato il Cavallino a quasi raddoppiare la capitalizzazione, ha messo sul mercato con un accelerated book building il 4% del gruppo. Agli Agnelli resta comunque il 20% di Maranello e il 30% dei diritti di voto.
L’incasso è stato di 3 miliardi. Denaro che sarà utilizzato per altre acquisizioni strategiche, tra i settori a maggiore interesse c’è la medicina, e per sostenere il piano di buy back. Il tutto nell’ambito di una strategia di diversificazione che a questo punto vede Ferrari già pesare meno del 50% nel portafoglio della holding di casa Agnelli.
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Ferrari ha partecipato all’offerta di titoli da parte di Exor, riacquistandone per un controvalore di 300 milioni. Ma, ovviamente, non è bastato a bloccare il sell off sulla Rossa.