Economia e Logistica

Suicidio Ue sull’auto, Stellantis & Co costretti a comprare da Tesla i diritti di inquinare

Il neo commissario al Clima: “Le regole non cambiano, sarebbe distorsivo”. Incubo maxi-multe da miliardi

multe green Immagine generata da AI tramite DALL·E di OpenAI e © Baris Kaykusuz e 200mm tramite Canva.com

L’harakiri dell’Unione Europea sull’auto è compiuto. I big del quattro ruote sono costretti a comprare crediti green da Tesla per evitare multe pesanti come macigni che Bruxelles si prepara a scagliare contro chi non rispetterà i rigidi vincoli della nuova mobilità.

In tutto si parla di 15-16 miliardi di potenziali sanzioni. Sostanzialmente una lapidazione di massa, ordinata dai talebani del green, visto che da inizio anno il limite delle emissioni di anidride carbonica è fissato a 94 grammi per chilometro contro un settore che oggi si attesta in media a quota 120. Non solo i regolamenti comunitari impongono alle case di commercializzare una vettura elettrica ogni quattro.

Un traguardo impossibile da raggiungere, vista anche l’avversione dei guidatori per le vetture dotate di sola spina. Basta dare un’occhiata alle immatricolazioni rilevate dalla Acea, l’associazione dei costruttori del Vecchio continente, per capire che senza incentivi, sono pochissime le persone che scelgono una e-car.

Molto più flessibili nell’utilizzo sono infatti i veicoli ibride, vista anche la mancanza di colonnine di ricarica fuori dai grandi centri abitati e una volta lasciata l’autostrada. Per non parlare della autonomia e dei prezzi di listino dei veicoli elettrici.

Come fare allora a salvarsi? Semplice: Stellantis, Ford & co compereranno da Elon Musk il “diritto di inquinare”, appunto i certificati verdi. E allo scopo è già allo studio la possibilità di creare un pool di emissioni, in cui si metterannno sostanzialmente a fattor comune i pregi ambientali di Tesla grazie ai suoi propulsori elettrici e i difetti “inquinanti” delle concorrenti europee che montano motori a scoppio e quindi emettono gas e CO2.

L’alternativa per i big dell’auto europei sarebbe tagliare ulteriormente la produzione di veicoli tradizionali con la conseguenza di falcidiare operai e impianti con altra cassa integrazione. La crisi di Stellantis in Italia e di Volkswagen in Germania sono esemplari a riguardo. Probabilmente si accoderanno con Tesla anche Mazda e Toyota, così come Mercedes dovrebbe trovare una intesa con Polestar e Volvo, che da anni è in mano ai cinesi di Geely.

Ma torniamo al fulcro della questione: Bruxelles ha posto l’asticella green così in alto che nessuno è in grado di superarla. A meno di non schiantare produzione e occupazione. I big dell’auto europea sborsano quindi tanti quattrini per evitare il peggio e saldare il conto con i talebani dell’ambiente. E a incassare è Tesla, quindi un’azienda americana.

Un suicidio per l’industria dell’auto europea, che in pochi anni è passata da essere un fiore all’occhiello ad apparire un rottame schiacciato dalla morsa della concorrenza: da un lato appunto Tesla, dall’altro la Cina con colossi come la sua Byd. E un altro trasferimento di ricchezza all’estero.

Un briciolo di ragionevolezza imporrebbe alla Commissione Ue si ripensarci, di mettere mano alle regole come chiede il settore dell’auto. Ma Bruxelles ha le fette di salame  sugli occhi. Naturalmente si tratta di un insaccato vegano per rispettare la religione verde ma sopratutto i diritti dei poveri suini, come pretendono gli ambientalisti.

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Tanto che ieri il neo commissario europeo per il Clima, Wopke Hoekstra ha risposto picche a un cambiamento in corsa delle regole. Perché, parole sue, mutare il quadro normativo “causerebbe una distorsione alla concorrenza”, crendo una “svantaggio competitivo” ai gruppi più virtuosi.

Per la serie: chissenefrega dei consumatori, del mercato, degli impianti, dell’occupazione. Gli automobilisti e soprattutto i dipendenti del settore ringraziano di cuore Bruxelles per la saggezza dimostrata. La prossima volta che voteremo per eleggere chi comanda nei palazzi dell’Unione europea, cerchiamo di ricordarcene.