L’economia degli Stati Uniti resta forte e a dicembre ha visto nascere 256mila nuovi posti di lavoro. Un dato positivo, che ha spiazzato gli analisti macroeconomici con quasi 100mila contratti in più rispetto alle attese. Migliora anche il tasso di disoccupazione che si è attestato al 4,1% contro il 4,2 stimato.
Ma allora perchè, davanti a un lavoro in crescita, Wall Street ieri ha chiuso in rosso? E’ avvenuto perché il risultato è, per paradosso, troppo positivo. In quanto sottrae alla Federal Reserve di Jerome Powell un motivo, o perlomeno una delle possibili scuse strutturali valide, per proseguire sulla strada del taglio dei tassi. Da qui la preoccupata delusione delle Borse.
Insomma, l’economia d’Oltreoceano non pare al momento avere bisogno di altri sostegni. Senza contare che proprio l’ormai prossimo insediamento di Trump alla Casa Bianca e i dazi promessi dal tycoon al rinnovato grido di “America First” rischiano di riaccendere l’inflazione,
La lunga fiammata dei prezzi divampata dopo la guerra in Ucraina scatenata dalla Russia è stata domata con molta fatica dalla Fed, proprio alzando il costo del denaro a livelli record per soffocare i consumi delle famiglie statunitensi.
Già nelle ultime minute Eccles Building, dopo aver abbassato lo scorso dicembre i tassi d interesse di 25 punti base posizionandoli nella forchetta 4,25-4,50% aveva avanzato l’idea di prendersi una pausa di riflessione nel breve termine.
Probabilità che ora prende forza nelle simulazioni degli analisti, che considerano ormai molto remota un’altra sforbiciata. I più pessimisti pensano persino che nulla accadrà fino all’estate, con l’esito di ridurre di molto gli interventi sui tassi possibili quest’anno.
Il problema è che se la Fed tira il freno a mano sugli stimoli ai prestiti e consumi, è molto probabile faccia lo stesso anche la Bce di Christine Lagarde ormai abituata a guidare guardando nello specchietto retrovisore e divisa al suo interno tra falchi e colombe del rigore malgrado la stagnazione che imprigiona il prodotto interno lordo europeo. Per non parlare della recessione in Germania.