L’ingresso di Fiat a Voltri, le privatizzazioni di La Spezia, le riforme ancorché timide sul fronte del lavoro e quindi l’entrata in scena di grandi gruppi internazionali nella gestione di terminal, hanno progressivamente, ma con una fatica inenarrabile, infranto un mercato quasi tribale, caratterizzato dalla difesa di interessi singoli e mai propenso ad accettare un cambiamento che fosse prodromo di una prosperità allargata.
Genova, che per anni è stata il simbolo della portualità italiana, è anche stata il modello esasperato delle distorsioni, a partire da un vecchio detto genovese: non è importante che io vinca o abbia successo; l’importante è che tu perda o fallisca. Sui moli di quella che fu la Repubblica marinara si sono quindi consumati i veri e propri crimini contro un’economia italiana disattenta e per questo complice.
Preconizzatore di reddito di cittadinanza, protagonista di alleanze deteriori fra privato e lavoro, esaltatore della burocrazia dell’isolamento, Genova ha sventolato la bandiera dell’inefficienza, consentendo anche agli industriali lombardi e padani di gioire delle offerte competitive di porti collocati a oltre mille chilometri di distanza (in nord Europa), senza mai meditare sul paradosso economico e sulla dipendenza di lungo periodo che ciò avrebbe provocato.
Sarebbe esagerato e profondamente scorretto affermare che tutto ciò è oggi confinato nel passato; i porti italiani continuano a trascinarsi sulle spalle la zavorra di una storia caratterizzata da assistenzialismo, politicizzazione e rendite di posizione. Nel momento caldo delle nomine dei nuovi presidenti per la maggioranza dei porti, si ripropongono, riveduti e corretti, gli schemi di un distorto Manuale Cencelli.
E proprio alla luce di quanto ancora sta accadendo in un settore incapace di regolare le concessioni demaniali, uniformare norme e burocrazia, compiere scelte di priorità nella realizzazione delle nuove infrastrutture, risulta ancora più eroico lo sforzo esercitato da pochi che comunque, anche a rischio personale, hanno avuto il coraggio di contrapporsi ai poteri forti della portualità: dalle corporazioni alle oligarchie famigliari sino allo strapotere di alcune componenti politiche e persino alle autorità religiose.
Se oggi i porti italiani, alla vigilia di una riforma che – come da puntuali promesse – dovrebbe traguardare entro il 2025 risposte razionali al mercato internazionale, sono forse per la prima volta in grado di esprimere una risposta mediterranea, lo si deve a quei pochi che hanno investito sulla loro professionalità a discapito del politically correct.
Sono gli stessi che hanno anche avuto il coraggio di denunciare distorsioni, altrettanto gravi quanto ignorate dai decision makers italiani, sia della politica sia dell’impresa: distorsioni relative al dumping effettuato per decenni dalle ferrovie tedesche nel trasporto, quasi a costo zero, delle merci italiane verso e da i porti del nord Europa; distorsioni relative al “regalo” quotidiano di una percentuale altissima dell’Iva sulle merci in ingresso nel mercato europeo, incassata da altri paesi comunitari in grado di mettere a disposizione porti efficienti per poi incanalare le merci via terra verso l’Italia; distorsioni ancora più palesi in una politica marittima comunitaria che è sempre stata e continua a essere nord-centrica nel silenzio assordante delle istituzioni italiane, solo ultimamente in grado di comprendere i danni attuali e potenziali che ne derivano.
Eppure l’incapacità o la volontà di non capire tende a perpetuarsi. Il nuovo Codice Doganale sembra fatto a posta per privilegiare gli altri porti comunitari a discapito di quelli italiani. Il tutto il un mercato in cui le grandi connivenze portuali, locali e nazionali, si sono spostate a livello comunitario dove l’Italia ha giocato per decenni un ruolo e funzioni a dir poco marginali, se non palesemente risibili.
La concentrazione in atto nel mercato della logistica, il ruolo crescente degli armatori in queste concentrazioni, la verticalizzazione che provoca l’assorbimento di funzioni sparse, il recupero di ruolo di un Mediterraneo che, tuttavia, deve far fronte agli stress e alle minacce geo-politiche medio-orientali che incombono anche sulla rotta principale, quella che transita attraverso il canale di Suez, hanno aperto comunque una finestra di nuove opportunità. E oggi più che mai sono necessari degni eredi di quei rari pionieri che hanno consentito ai porti italiani di sopravvivere.
Difficile affermare che in uno dei settori più politicizzati e talora “strettamente monopolizzati” della vita politica del Paese, proprio la politica dovrebbe fare un passo indietro. Ma mai come oggi i porti (e fatti recenti lo dimostrano) hanno bisogno di buoni amministratori e di ottimi uomini di marketing, di abbattimento anche dei vincoli burocratici in cui fioriscono con troppa facilità le inchieste giudiziarie.
Hanno bisogno di infrastrutture, a anche di norme trasparenti che vanifichino la pratica corrente: “Primo non firmare, quindi non rischiare”.
Molto dipenderà anche dalle scelte di fondo, fra cui pare spiccare quella di una Agenzia nazionale dei porti che fagociti gran parte delle competenze delle attuali Autorità di sistema portuale (e forse anche gran parte delle responsabilità e dei rischi che oggi incombono sui presidenti). E forse in un futuro imminente le esperienze di chi, spesso in un girone infernale, ha tentato di ridare luce a porti da decenni in ombra, finiranno definitivamente in libri di storia che nessuno leggera. Abbiamo provato, sul filo di lana, a ricordarli.
18. Continua …
Leggi tutti i capitoli:
- Un paese molto strano
- Isole infelici
- Tutti i porti dei Presidenti: Stefano Canzio
- Tutti i porti dei presidenti: Giorgio Bucchioni
- Tutti i porti dei presidenti: Cristoforo Canavese
- Tutti i porti dei presidenti: Paolo Costa
- Tutti i porti dei presidenti: Roberto D’Alessandro
- Tutti i porti dei presidenti: Alessandro Di Cio’
- Tutti i porti dei Presidenti: Michele Lacalamita
- Tutti i porti dei Presidenti: Rinaldo Magnani
- Tutti i porti del presidente: Marina Monassi
- Tutti i porti dei Presidenti: Gianni Moscherini
- Tutti i porti dei Presidenti: Francesco Nerli
- Tutti i porti dei Presidenti: una via di fuga
- Tutti i porti dei Presidenti: Luigi Merlo
- Tutti i porti del Presidente: Pasqualino Monti
- Tutti i porti del Presidente: dimenticati
- Tutti i porti del Presidente: comodo isolamento
- Tutti i porti dei Presidenti: tante parole, pochi fatti
Si ringraziano per la collaborazione:
- ASSAGENTI
- Assarmatori
- Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale
- Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale
- Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale
- CONFITARMA - Confederazione Italiana Armatori
- FEDERAGENTI
- Federlogistica
- Fondazione Slala
- GNV - Grandi Navi Veloci
- Gruppo Gallozzi
- Ignazio Messina & C.
- ISoMAR
- Mirco Santi
- Nova Marine Carriers
- SAAR Depositi Portuali
- Shipping Mediterranean SeaLog
- Unione Utenti del Porto di Savona – Vado Ligure