Cari signori della Fiat, da oggi siete proprietari del più grande terminal container del Mediterraneo…Ebbene, non è andata proprio così, ma la realtà non poi è tanto diversa.
Quando Rinaldo Magnani occupa l’ufficio di presidenza del Consorzio autonomo del porto, il rumore dei martelli sulle lamiere delle navi in riparazione si avverte in lontananza. Ma per lui, Presidente-operaio e non uomo da salotti, la memoria degli anni trascorsi nella Compagnia Picchettini e Carenanti vibra nelle callosità delle sue mani enormi, quasi a ricordare in modo perpetuo qual è la realtà, quella vera, fatta di uomini, di pensieri improvvisi, di cuore.
Ma torniamo alla Fiat. La decisione di affidare a una piccola, piccolissima società della quale probabilmente Fiat e la famiglia Agnelli non sanno neppure di possedere attraverso controllate, una partecipazione del 50%, matura nella luce schermata dei corridoi di palazzo San Giorgio. Da giorni, da settimane, da mesi, Magnani approdato a Palazzo San Giorgio dopo esperienze politiche importanti, ai vertici della Provincia, quindi della neo-nata Regione Liguria, è tirato per la giacca dai maggiori gruppi imprenditoriali e no di Genova.
Voltri una landa desolata nel ponente
Sotto la Lanterna è difficile governare, perché gli interessi sono tanti, le alleanze variabili e talora inaspettate fra capitale e lavoro, perché comunque il peso di un’antica oligarchia famigliare si fa sentire. Magnani sa nome, cognome e nome dell’azienda di chi sarebbe pronto ad assumersi la gestione di quel terminal di Voltri che, sino a oggi, è una landa desolata a ponente, oltre la pista dell’aeroporto e i pontili del porto petroli. Inizialmente progettato per il carbone e per alimentare un nuovo centro siderurgico che avrebbe dovuto espandersi ulteriormente, il gigantesco terrapieno di Voltri è diventato l’ennesimo monumento alla leggenda delle opere inutili.
Ma il boom dei container e lo sviluppo di terminal in Spagna, in particolare a Barcellona e ad Algeciras, quindi in Francia a Marsiglia-Fos, non dimostra solo la validità della scelta genovese di battere tutti sul tempo e di realizzare nei ponti Libia e Nino Ronco il primo terminal per contenitori del Mediterraneo; ha il potere di accendere decine di riflettori su quell’enorme spazio inutilizzato che è Voltri. I container sono ormai diventati, vicino alla Lanterna, parte integrante dello skyline genovese, ma il mugugno e la conflittualità permanente sono prodotto altrettanto tipico della genovesità portuale.
Da console dei carenanti a Palazzo San Giorgio
Rinaldo Magnani in porto è entrato con i pantaloni corti, lavorando forse nel settore più duro, più faticoso, quello delle riparazioni navali. È un carenante, ma sin da ragazzo afferma un carattere che, supportato anche dalla sua stazza fisica, eufemisticamente si potrebbe definire…deciso. Ancora giovanissimo viene eletto Console della Compagnia Picchettini e Carenanti e pochi anni dopo entra in politica, prima da consigliere provinciale, quindi da assessore e poi Presidente della provincia, sino al grande salto al vertice della Regione Liguria.
Nel 1990 è nominato al vertice dell’allora Consorzio autonomo del porto; socialista di vecchia data al punto da perseguire, anche dopo Tangentopoli e la caduta di Bettino Craxi, una riunificazione dei socialisti costretti a ripararsi sotto differenti bandiere politiche, Magnani si conquista sul campo il soprannome di “Doge”. Non c’è pratica che riguardi il “suo” porto che possa uscire dal portone di Palazzo San Giorgio senza il suo assenso e men che mai essere avocata da altre istituzioni pubbliche.
Ha una capacità innata di governo che non significa mediazione o compromesso, ma che è improntata da decisioni improvvise, da cambi di rotta che spiazzano anche i marinai più navigati della vita politica ed economica della città. I grandi imprenditori portuali lo rispettano e in parte lo temono. Dietro alle sue battute ironiche, c’è sempre una saggezza popolare, ma anche la precisa intenzione di dimostrare che il timone è suo e di nessun altro.
È passato alla storia un aneddoto che rispecchia più di altri il suo carattere e il suo modo di proporsi. Invitato a cena in un palazzo nobiliare genovese, seduto al tavolo e “dotato” dei tovaglioli giganti che contraddistinguono il desco delle famiglie nobili, si rivolge al padrone di casa e lo apostrofa: “Se me ne fai portare due, io e Luciana (la moglie alla quale era legatissimo) abbiamo risolto il problema del costume da bagno per la prossima estate”.
Ironia sommata alla volontà di fare
Sembra una banalità, ma non lo è. Magnani costringe tutti, grandi imprenditori, famiglie facoltose, portuali e sindacalisti a giocare la partita sul suo specialissimo terreno di gioco, che è quello caratterizzato da una saggezza popolare intrisa di ironia, ma anche di una ferrea volontà di fare. È lui che sceglie la rotta e non consente a nessuno di deviare.
Voltri ne è la prova. Magnani annuncia a un ristretto numero di giornalisti l’avvenuta concessione del terminal di Voltri a Fiat (poco importa sapere il peso specifico della società riconducibile a Fiat). L’effetto bomba c’è e produce tutti i risultati che il presidente auspicava: una società che neppure Fiat sa di possedere pro-quota, un enorme terminal container senza padroni e senza futuro. La quadratura del cerchio più impossibile e più improponibile, ma è quella che si realizza subito e che spingerà Fiat a vantarsi della sua lungimiranza nell’acquisto del più grande terminal container del Mediterraneo e, a seguire, dell’alleanza con il gruppo armatoriale Evergreen.
Magnani gioca le sue partite come un gatto con il topo, anche perché del porto conosce tutti i segreti, anche quelli neppure sussurrabili. Al tavolo del ristorante Europa di Galleria Mazzini, nel centro di Genova, gioca le sue partite di scopone che assomigliano in modo evidente al suo codice di governo. Davanti a lui, gli amici di sempre, pedine trasversali di una città che lui costringe ad abbattere anche le barriere di censo: Garrone, Ardoino, Anfossi e poi Spinelli si alternano al tavolo lungo vicino alla cucina dove le carte da gioco sembrano scomparire nelle sue mani giganti. Non lo sanno o fingono di non saperlo: ma il mazzo lo tiene sempre lui.
10. Continua …
Leggi tutti i capitoli:
- Un paese molto strano
- Isole infelici
- Tutti i porti dei Presidenti: Stefano Canzio
- Tutti i porti dei presidenti: Giorgio Bucchioni
- Tutti i porti dei presidenti: Cristoforo Canavese
- Tutti i porti dei presidenti: Paolo Costa
- Tutti i porti dei presidenti: Roberto D’Alessandro
- Tutti i porti dei presidenti: Alessandro Di Cio’
- Tutti i porti dei Presidenti: Michele Lacalamita
- Tutti i porti dei Presidenti: Rinaldo Magnani
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