I blindati e le camionette della polizia e dei carabinieri tengono i manifestanti a distanza; contro i muri e le grate di Palazzo San Giorgio, i tonfi sordi delle pietre si alternano alle urla dei camalli che cingono d’assedio la sede del Consorzio autonomo del porto. Dietro al sorriso che impronta anche il suo modo di vivere, Roberto D’Alessandro, il manager milanese che Bettino Craxi ha paracadutato in territorio ostile se non proprio dietro alle linee, non ha bisogno di nascondere paure o ansie. Semplicemente non le ha.
La convinzione in quello che sta facendo è talmente forte da raggiungere il parossismo: si siede al tavolo della sua scrivania e a collaboratori e giornalisti che da giorni di fatto bivaccano nel palazzo, così da seguire minuto per minuto quella che è una delle vertenze più dure nella storia del fronte del porto, annuncia la decisione di organizzare un road show nel mondo finanziario inglese per presentare i progetti di sviluppo dello scalo marittimo, tempi e modalità di una riorganizzazione che fa approdare sulle banchine, ferme ai ritmi di inizio ‘900, le dinamiche d’impresa.
Gli sguardi che si incrociano a quel tavolo dicono più delle parole: sbigottimento, stupore, timore che lo stress abbia prodotto nel neo-presidente danni irreparabili. E invece i fatti gli danno ragione: il road show è un successo senza precedenti che riaccende i riflettori su un porto che era dato per perso, una sorta di res nullius, prigioniera di rapporti di forza e di vincoli politici che avevano determinato, con quello dello scalo marittimo, anche il decadimento della città.
Il primo manager al timone di un porto
Roberto D’Alessandro è giustamente passato alla storia come il primo e forse l’unico Presidente-manager chiamato al timone di un grande porto italiano.
Una presidenza non facile scandita da scontri all’arma bianca ma anche da una convinzione tenace in un porto che non poteva e non doveva essere un’unicità, quasi una cellula impazzita, rispetto al sistema economico e produttivo italiano, nonché alle dinamiche di rapporti sindacali che non dovevano, come altri presidenti e molti politici avevano sostenuto e avrebbero sostenuto anche in anni a venire, essere considerati un’eccezione, un vero e proprio caso a sé stante, rispetto a industria, commercio e qualsiasi altro settore della vita economica del Paese.
La verità è l’esatto opposto: è Roberto D’Alessandro a rivelarsi una cellula del tutto anomala nel tessuto, per molti aspetti sclerotizzato, dei vecchi Consorzi autonomi del porto, delle Aziende dei Mezzi Meccanici e, ovviamente, delle Compagnie portuali con in testa la genovese CULMV. Un paragone calzante è con il mondo del calcio moderno: il presidente che viene da esperienze di vertice in grandi gruppi privati applica un modulo e su quel modulo pretende giochino tutti seguendo gli schemi sia in fase difensiva che offensiva.
Sui tavoli di Palazzo San Giorgio che hanno assistito alle interminabili discussioni sindacali, alle elucubrazioni politiche e raramente economiche sul ruolo guida del porto, che spesso si è concretizzato più in azioni di tipo social-politiche, che in proposte commerciali, il manager che è stato anche Sindaco di Portofino e che conosce il gotha dell’industria italiana e internazionale, cala i suoi libri blu con tanto di terminologie britanniche, come il PERT (Project Evaluation Review Technique), che esplodono come granate crepando nelle trincee “imbiancate” del porto le certezze e gli equilibri politici.
Ogni area del porto, ogni tematica, anche le più spinose, vengono portate alla luce del sole in quella che diventerà una collana di libri blu. Sono in molti a storcere il naso in segno di diffidenza, cinismo critico e lamentele. Ma giorno dopo giorno, Lui, il Presidente-manager trascina il porto fuori dalle secche. Il motore del suo rimorchiatore personale sviluppa una capacità propulsiva che costringe anche chi gli si contrappone a giocare al tavolo da gioco che solo lui ha scelto.
E Genova, per la prima volta dopo decenni contrappuntati da assemblee soporifere nella grande Sala delle Compere, diventa un caso nazionale e, in pochi mesi, anche internazionale. Lloyd’s List, il più prestigioso quotidiano del settore marittimo, dedica al porto il più grande inserto speciale nella storia del giornale, alimentato anche da un cambio di atmosfera. Il tradizionale mugugno sembra lasciare il passo a quello che per la Genova dagli anni Settanta in poi è diventato un insulto: il futuro.
Anche l’imprenditoria locale, che un po’ ha subito, un po’ ha indirettamente alimentato lo strapotere dei camalli, sembra volersi scrollare da dosso la polvere di rendite di posizione e puntare verso il domani.
D’Alessandro ha uno straordinario alleato a Roma: il Ministro Giovanni Prandini, che con i suoi decreti scuote in modo ancora più violento l’albero degli usi e costumi portuali, precipitando Genova nel confronto più aspro, quello sul diritto all’autoproduzione delle operazioni di sbarco e imbarco della merce riconosciuto agli equipaggi, specie nelle navi traghetto.
Ma quattro sono i risultati che D’Alessandro consegna alla storia modificando in modo definitivo la rotta che li aveva contraddistinti: le banchine e i terminal possono e devono essere gestiti da privati; anche un ente pubblico se preposto a un’attività di tipo industriale, può ambire ad avere una gestione di tipo manageriale; la comunicazione è per un porto, specie se gravato da vincoli e incrostazioni del passato, un’arma vincente per riconquistare un futuro; e infine, la pace passa attraverso la guerra.
Anni turbolenti quelli in cui D’Alessandro emerge come uomo lontano da compromessi, ma che alla fine i compromessi diventano una scelta obbligata nell’ultima vera roccaforte rossa, ma anche in una città in cui l’inversione dei ruoli è la regola, dove la Chiesa fa lo Stato mentre lo Stato fa la Chiesa, dove è il Cardinale Siri a dettare, con la celebre frase “anche i portuali devono poter mangiare il panettone a Natale”, le regole per una pace armata fra Cap e CULMV, accendendo un cero a quel populismo consociativo che resterà ancora per anni e anni marchio indelebile di una Genova non in grado di capitalizzare neppure le occasioni più traumatiche per cambiare.
Leggi tutti i capitoli:
- Un paese molto strano
- Isole infelici
- Tutti i porti dei Presidenti: Stefano Canzio
- Tutti i porti dei presidenti: Giorgio Bucchioni
- Tutti i porti dei presidenti: Cristoforo Canavese
- Tutti i porti dei presidenti: Paolo Costa
- Tutti i porti dei presidenti: Roberto D’Alessandro
- Tutti i porti dei presidenti: Alessandro Di Cio’
Si ringraziano per la collaborazione:
- ASSAGENTI
- Assarmatori
- Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale
- Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale
- Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale
- FEDERAGENTI
- Federlogistica
- Fondazione Slala
- GNV - Grandi Navi Veloci
- Gruppo Gallozzi
- Ignazio Messina & C.
- ISoMAR
- Nova Marine Carriers
- SAAR Depositi Portuali
- Shipping Mediterranean SeaLog
- Unione Utenti del Porto di Savona – Vado Ligure