Effetto Fiorello: manda in crisi Pornhub

Nei momenti in cui lo showman si è esibito a Sanremo la piattaforma porno ha perso più utenti in Italia

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Fiorello Pornhub

Non ci sarebbe arrivato forse neanche il vecchio Guy Debord: eppure nella società dello spettacolo tutto si tiene (in mano), anzi tutto è lo stesso, indistinguibile, fungibile. Orgasmi a poco prezzo, cheap thrills. E così non può stupire il pensabilissimo impensabile, cioè che sotto Sanremo finale Pornhub abbia accusato qualche fiacca: praticamente gli utenti si sono spostati dalla piattaforma al palcoscenico, dalle ingroppate alle intrappate, dalle incumbiate alle cumbie, un travaso fisiologico che, ohibò, ha visto il climax durante il momento Fiorello.

Dal ciuccio al Ciuri il passo, e ho detto passo, è breve: appena uno schizzo sul telecomando, anche se, specifica una nota puntigliosamente dettagliata, molti hanno seguito in contemporanea: con una mano alzavano il volume, con l’altra… La cumbia che cambia canale: Fiorello come un video hard, qualcuno potrebbe chiamarlo umorismo del cazzo ma non è colpa nostra, sono i dati, i numeri, insomma la statisticah. La scienzah. Sanremo o porno, Festival o hard: tutto fa broda: notevole. O magari no. Del resto, ve l’abbiamo detto per una settimana, in tutte le salse, che ‘sto baraccone televisivo era osceno, o no? E si prende la rivincita sulla foresta di un web popolato da guardoni. In chiaro. Chiarissimo.

Ma c’è di più: pare che “appena dopo l’annuncio della vincitrice”, gli afflussi sulla pornopiattaforma siano subito ripresi gagliardi come non mai. Insomma hanno festeggiato la Angelina spippettandosi furiosamente al ritmo della cumbia. Bella figliola, del resto. Del resto il motivetto, appropriatamente mignottesco (quello, mica lei), adattissimo per i sogni zozzetti di adolescenti in foia di tutte le età, fatidica colonna sonora della prossima estate, roba che ricorda un po’ i mugoletti delle Spice Girls 30 anni dopo, si chiama “La noia”: e, da sempre, l’antidoto alla noia è la falegnameria applicata.

Il Fiore, del mio giardino, opportunamente innaffiato, è chiaro che non ha perso un attimo per vantarsene, insomma ha fatto lo sborone: e chi avrebbe resistito, su, siate seri? Quel segone di Rosario Tindaro: pare un romanzo d’appendice, è la società dello spettacolo senza filtri, senza barriere e probabilmente senza senso: così è vi pare, a questo punto non resta che scovare sul medesimo Pornhub o equipollente un filmetto ad hoc. Il canarino come canta all’Ariston, starring Paola Saulino, costarring Alex Magni della “100%”, autore di immortali capolavori quali “Frutta e verdura, duro che dura”.
Ora, la lettura volendo è multiforme: uno può prendere atto e più non dimandare, può anche dire dove andremo a finire signora mia (in effetti siamo già finiti, da un pezzo, signora mia); oppure può abbozzare un paio di riflessioni marginali e sicuramente inutili. Io mi provo.

Fomentato da un San Valentino mai così moscio, palloso, mesto, la noia, davvero: non si sente più di frasi & cioccolatini e nemmeno di sane cavalcate, insomma l’amore che conta davvero, quello che non prescinde, che va fatto almeno una volta al giorno, possibilmente senza ripetersi mai. L’amore sul serio, se non vi dispiace: de profundis, per quello e per San Valentino: tutta una sega triste, sugli “episodi di controllo”, un continuo ricatto, una roba lugubre da sociologia piddina, un pippone, floscio, sulle molestie, tutta ‘na predica, guai a questo e quello, occhio alle parole, “se c’è un gesto non c’è amore”, “se c’è uno strillo non è amore”, ma quando mai, ma fatela finita, che l’amore non è bello se non è litigarello, ma lo volete capire che l’amore di plastica, quello non è amore? Mai un approccio, mai una schermaglia? E allora come fai a stringere santo cielo?

E giù con l’ideologia, “per questo San Valentino, giovani molto attenti alle questioni di genere e al patriarcato tossico”: o mentono, e così spero, oppure se davvero gli adolescenti invece d’infrattarsi si tappano come una cellula carbonara a vaneggiare sulle idee mercantili di Gino Cecchettin, allora il genere umano è fottuto, gli resta al massimo questa generazione, al netto dei maranza che di questi problemi non ne hanno. Poi dice la sostituzione etnica. Per forza, i nostri non scopano più! Una lagna, una prefica, senza quest’ultima, un vittimismo woke, tutto un contronatura eurogender! No, ma non è possibile, non possono fare sul serio, è solo maledetta propaganda, dai. E invece no, non lo è o almeno non solo. Parlo con un’amica psicologa, mi racconta di giovanissimi pazienti terrorizzati, “le ho chiesto di uscire e non mi ha risposto, allora le ho mandato un secondo messaggio, dici che è molestia?”. E sono terrificati. E loro, i terapeuti, che non ne escono, il loro lavoro non è più intercettare e disinnescare complessi ma instillare normalità in un mondo che l’ha abolita.

Perché come fai a ricondurre a umanità, a natura una società che si vanta di essere robotica, impostata (impestata) sull’intelligenza artificiale, che sarebbe la demenza degli algoritmi? Bel mondo schifoso, anestetizzato, anodino, frigido, ricattatorio gli abbiamo preparato. Il lockdown della passione. La sterilità dei sensi. Aveva ragione Renato Zero che nel 1981 aveva già capito tutto: “Sterili, questa nostra impotenza ha trovato un alibi, ma io ne ho pieni i coglioni, voglio le mie sensazioni!”. E non parlava solo di una fuga fisica, erotica. La libidine, che è dappertutto, che è vita, èlan vital, e ce l’hanno segata via al grido “non avrai niente, nemmeno una voglia, e sarai felice”. Poi può stupire l’esodo in massa sulle piattaforme del vizio liofilizzato? Seguendo contemporaneamente Sanremo, in un cortocircuito definitivo?

A Sanremo si è avuta la dimostrazione del paradosso insano, patologicamente ipocrita: sotto la consegna del non guardare, non eccitarsi, non distinguere, non vedere un corpo per un corpo, uomini completamente svirilizzati, con gonnellone da Baronessa Ursula, che non hanno niente a che fare col glam, con la grande eretica stagione del rock ambiguo; per controcanto, donne ipersessuate in un trionfo di giarrettiere, autoreggenti, sandali, stivali, la donna Pigalle che riesce a far sembrare una pantera anche quella stoccafissa di Annalisa. Sanremo che frega sfregamenti a Pornhub, chi l’avrebbe detto. Va beh, la finisco con questa pippa, è meglio.

Max Del Papa, 15 febbraio 2024

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