Abbiamo appreso, grazie a qualche mestierante, a qualche provocatore, di essere razzisti: chi dirige questa testata e chi ci scrive sopra. Non che l’opinione di questi faccia perdere il sonno a qualcuno, ma qui c’è se mai da mettere in chiaro le cose una volta per tutte: se razzista vuol dire non prestarsi più al gioco del ricatto morale, della convocazione in giudizio, ed etici giudizio, se significa uscire dal gioco mentale per cui c’è chi traccia le coordinate del lecito e del giusto e in quel perimetro noi non avremo comunque diritto di cittadinanza, ebbene facessero loro, se la cantassero e se la suonassero come gli pare.
Qui c’è un caso molto semplice. Quello di una che, servita, riverita e strapagata in un paese che è il suo, che è anche il suo, spreca interviste e ospitate per dire che il paese fa schifo, che non la merita e men che meno ne merita i geni, non vale l’azzardo di un figlio così da condannarlo a vivere “la vita di merda che ho passato io”. Siamo alla provocazione, stupida o strumentale, comunque una cosa penosa anche perché non illustrata da circostanze apprezzabili: il colmo del razzismo sarebbe la maestra d’asilo insensibile, il barista distratto o carogna, la curiosità estetica di chi ti osserva e sembra soppesarti, tutta roba trascurabile, ordinaria, che può toccare e tocca a ciascuno di noi a prescindere dalle sfumature. Chi scrive, per dire, è vittima dei due mondi: nato e cresciuto a Milano, si è sentito catalogare come terrone per l’intero liceo date le origini marchigiane; quando i casi della vita lo hanno depositato proprio nelle Marche, ha dovuto accettare il disprezzo localistico, vai via milanese, cosa sei venuto a fare. E vuoi non vuoi, non è mai passato, neppure dopo 40 anni, a volte curioso, educato, altrimenti aggressivo, ma è sempre lì in agguato.
Per approfondire
- Egonu faccia i suoi sermoni da Erdogan (non a Sanremo)
- Paola Egonu ha veramente rotto le balle
- Egonu schifa l’Italia “razzista” che l’ha fatta diventare ricca
Dovremmo farne un dramma? Farlo pesare al paese e al mondo? A questa stregua le interviste non finirebbero più. Con la non lieve differenza che il problema genetico, della perpetuazione della specie non si poneva perché lo sport, se bene coltivato, diciamo in un contesto confortevole e fondamentalmente rispettoso, tende più del giornalismo.
La vita è fatta di circostanze, di incontri: non sono tutti nobili e non sono tutti cretini, ma fare di tutta l’erba sociale un fascio di razzisti è stupido e ingeneroso. Triste, che non se ne accorga chi si batte furiosamente il petto per difendere la supponente Egonu, anche se ella ce l’ha pure con loro; ed ecco, qui arriviamo al punto preciso: c’è sempre questo giochetto delle tre carte per cui il primo furbo o privilegiato si alza in piedi e prende a strepitare al razzismo (o sessismo, o entrambi): se contesti la narrazione, sei cinico e quindi per forza di cose razzista; se ti mortifichi, magari senza capire perché, diciamo se avalli l’accusa a prescindere, riconosci automaticamente che l’accusa è fondata ergo sei razzista.
Per approfondire
- Amadeus a Sanremo colleziona figurine: ci mancava Egonu
- Da Albano a Zelensky: la sinistra ha rovinato pure Sanremo
- Va detto: il gender fluid è una moda e Sanremo la fomenta
Su queste cialtronerie dialettiche la sinistra moralista ha campato storicamente fino a decidere, e un po’ per convenienza e un po’ per disperazione, di intensificare la propaganda coi vari metoo, woke, politically correct, vale a dire l’intero, attrezzato armamentario per l’autodafé. Forse quello che irrita, che preoccupa è trovare gente che si sottrae, che non si pone il problema del recinto e del giudizio. E preoccupa perché un atteggiamento del genere può risultare contagioso. Ma né Porro né il sottoscritto hanno accumulato trent’anni di fatica nel mestiere per lasciarsi condizionare da una ragazzina petulante e dai suoi corifei, regolarmente spaventapasseri del neo-conformismo patetico che si parli di vaccini, di pelle, di sesso.
È un po’ quello che accade con l’incredibile caso Cospito: c’è una sinistra che lo fomenta, lo eccita, lo cavalca poi, scoppiandole in mano, definisce la destra criminale e la Meloni più eversiva dello stragista anarchico. Per decenni cazzate monumentali come queste hanno trovato orecchio e considerazione, adesso qualcuno ha cominciato a chiamarle per quelle che sono, senza porsi il problema di come verrà considerato, tanto più che lo sa già, tanto più che alternativa non c’è comunque la si metta.
Max Del Papa, 5 febbraio 2023