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Eh no, Giorgia: così ha il sapore di una Caporetto

Il voto su Ursula von der Leyen tenuto nascosto fino alla fine? C’è poco da salvare la coerenza: andava respinta prima, senza tira e molla

Meloni nomine Parlamento Ue © Yaroslav Danylchenko tramite Canva.com

Ma che razza di furbata sarebbe dire vi diciamo se la abbiamo votata dopo che è stata votata? E che gioco delle tre carte sarebbe non rivelare quanto già deciso, così come messo in chiaro dal ministro cognato alla Ripartenza, ‘noi con Ursula tutta la vita’? Con quelli del realismo tattico che dicevano: ma quale coerenza, la coerenza non fa potere e noi dobbiamo seguire il potere. “Per contare di più”, spiegavano, senza precisare in che modo e per quali vantaggi.

Alla fine non sono stati ascoltati, a quanto si è capito ha vinto il controrealismo o se si preferisce il voltafaccia: fuori dai giochi, meglio difendere lo straccio di coerenza da salvare che una indifendibile Baronessa. Ma non è coerenza, è il calcolo maldestro dei parvenu. Un disastro! Allora non avevano tutti i torti quelli, come chi scrive, come il povero Mario Giordano, che al Petruzzelli rischiava l’ictus, che consideravano un assurdo suicidio il trasformismo arruffato di donna Giorgia. Solo che a questo esito tutto ha il sapore di una Caporetto, mettila come vuoi, difficile da far digerire. Così non va, Meloni: così è contorsionismo alla Houdini che poi finisce affogato nella vasca. Del tipo ci abbiamo provato, non abbiamo capito, proviamo a salvare il salvabile, a portare a casa la pelle e se possibile la faccia. Ma questa coerenza nell’incoerenza, questo incartarsi in tutti i giochi per ritrovarsi fuori da tutto, verrà pagato caro anzitutto dal Paese.

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Non buona consigliera la convinzione di essere più furbi di tutti, di poter risolvere sempre con un proclama e un cambio di costume. E non buoni consiglieri quelli che dicono primum vivere, per dire in scia al potere, qualsiasi esso sia, sempre e comunque, che poi potrebbe anche voler dire follow the money. Quali?

Dicevano, e ve lo garantisco erano tanti, erano la maggioranza, gli spettatori al Petruzzelli: “Ma come si può stare contemporaneamente con Vannacci e con la Meloni che va con Ursula? Ma vaffancuuulo!”, e calcavano e stiravano la “u” in quella cadenza barese inconfondibile. Poi che alla fine neanche Vannacci andrà contro la Baronessa, contro il potere circolare dell’Unione che mette d’accordo, subito, a mò di presentazione, la compagna occupatrice Salis col suo persecutore Orban, un potere derivato dai filantropi carnivori come Gates e Soros, è un altro discorso. Ma che intendevano i machiavellici con contare di più? Le elemosine a pioggia dei vari piani di resilienza che scatenano il solito assalto alla diligenza, spalmato sulle legislazioni future perché la UE non regala niente, ti presta soldi tuoi che poi reclama a tassi da usura? Il potere autoreferenziale di una vicepresidenza meloniana all’europarlamento che sarebbe forse servito al partito ma non si vede come al Paese? O l’irresponsabilità estetizzante, dannunziana dell’ “a me non me ne frega un cazzo” che viceversa nasconde calcoli personalistici precisi?

Il coming out di Lollo sembrava far piazza pulita dei contorcimenti della cognata premier, la quale invece si rendeva conto in extremis della complicata necessità di sottrarsi ad una sgradevolissima quanto pervicamente inseguita condizione: quella di puntellare una che le elezioni le ha perse, per giunta insieme ai Verdi in stile Salis che definiscono Fratelli d’Italia un partito neonazista da abbattere.

E si potrà dire che queste piccolezze il potere assoluto le tiene in fama di irrilevanti e magari coreografiche, che fanno parte del gioco delle parti, che la politica d’alto bordo è l’arte del compromesso, ossia si può fare e dire tutto e il contrario di tutto nella fondata convinzione che domani tutto sarà già dimenticato. Ma se fare politica con la coerenza dei santi non paga, non è detto che paghi la totale indifferenza alle logiche della coerenza e della morale. Davvero accodarsi al potere sistema tutto?

Io so che, dovessi fare una proiezione in base agli umori percepiti al Petruzzelli, non avrei dubbi. Ha detto, tanto per peggiorare le cose, il piddino Gentiloni, uomo di apparato europeista: “Ursula merita la riconferma per come ha gestito la pandemia”. Affermazione oltre la prudenza e oltre la provocazione, un delirio hegeliano terrificante. Che avrebbe fatto Giorgia Meloni di fronte alla prossima emergenza apparecchiata da Ue e Oms? Non le restava che appellarsi al supremo volere europeo per giustificare nuove vaccinazioni coercitive, controlli da stato di polizia e reclusioni di massa, il che per una nazionalista non è il massimo.

Alla fine probabilmente ha prevalso proprio questa angosciata consapevolezza. Però troppo tardi. Sarà dura far dimenticare mesi di indecisioni, di oscillazioni. I dadaumpa con la Baronessa della siringa non s’avevano da fare, punto. Rapporti istituzionali per forza, ma non più di quelli e col dovuto distacco. Invece l’euforia dei parvenu ha preso la mano a troppi. Le ragioni superiori della realpolitik ci sono, ma qui gli interlocutori sono quelli che sono, sono gli stessi che teorizzano la sperimentazione perenne sulla pellaccia plebea, da sottorazza, come piace definirla al guru europeista Klaus Schwab, dei “mangiatori inutili da sopprimere”.

Eppure “no xera dificile”, per dirla con il paron Nereo Rocco. Alzi la mano che sa indicare un solo problema risolto dalla UE, che per sua parte di problemi ne ha originati, fomentati, endemizzati innumerevoli. La ricetta è sempre la stessa ed è quella predicata da Mattarella: siccome la UE ha fallito, ce ne vuole di più. Purtroppo non si ricorda mai il presupposto: la Ue vive di crisi, disse trenta anni fa l’ex cancelliere tedesco Schmidt. Oggi la Baronessa ha inventato una parola, permacrisi, che significa lo stesso. Crisi dietro crisi, crisi perenne da risolvere endemizzandola, col ricorso a trovate autoritarie, impositive e catastrofiche.

La svolta green, secondo uno studio dell’agenzia McKinsey del 2022, è prevista al costo di 5 triliardi di euro all’anno fino al 2050. Con quali risultati? L’unica certezza è che andranno persi 180 milioni di posti di lavoro, cioè praticamente tutti. “Però speriamo di recuperarli”. Sperano? Ma non è questo il peggio, il peggio è quello che dovrebbe preoccupare una forza di destra moderna, sgravata da nostalgie autoritarie, preoccupata da derive dirigiste e moraliste: il condizionamento psicologico, la legislazione autoritaria sotto mentite spoglie garantiste, il woke d’importazione americana, il genderismo infantile. È la mostra nelle istituzioni europee Col Cristo che fa le orge crocifisso a dei neri nerboruti. È l’abitudine a mentire e mentirsi.

Ogni giorno di ogni mese di ogni anno è il più caldo e siccitoso di tutti i tempi: non è vero, è il solito processo di svirilizzazione, gente che per il caldo di sempre sviene come vecchie signore, che rifiuta di lavorare, che si appella al sindacato termico globale, tutto fermo, tutto impossibile, tutto insopportabile. Dopodiché i telegiornali passano come niente a raccontare di eventi sportivi o concerti epocali. Ogni primavera sino a estate inoltrata flagellate da inondazioni e nubifragi, ma passa la bugia autoritaria che il pianeta è un unico Sahara per colpa dell’uomo bianco e capitalista. La Ue è la alluvione di disperati clandestini pronti a delinquere, le città fuori controllo, gli stupri di massa, la sharia che prende piede in Europa, i pogrom di risacca, l’aperto sostegno ad Hamas, ma basta chiamarli nuova generazione e dare la colpa al bianco tossico vecchia generazione.

Tra le bugie immani, e di portata catastrofica, l’auto elettrica, imposta per decenni con ogni genere di lusinga e di ricatto finché il mercato, cioè gli uomini, cioè i cittadini europei, per forza o disamore la rigetta: ci stanno rinunciando tutti, si torna, si resta alle fonti tradizionali, al fossile; ma chi li quantifica i costi di un abbaglio durato quindici anni, venti anni? Ed è tutto così.

Però “ce ne vuole di più”: siamo alla politica esoterica, fatale. La Ue è nata come camera di compensazione della finanza globale che ha sostituito la produzione, si è sviluppata nella tratta degli schiavi con paraventi virtuosi, garantiti dalla Chiesa, evolve nella grande industria chimica e farmaceutica che considera i cittadini peggio che cavie, come si è visto coi vaccini che finalmente si ammettono come pericolosi; ma prendiamo atto che nessuno vuole uscirne: non si può, la Ue si lascia solo in una bara, come per il crimine organizzato.

“Ah, la cambiamo dall’interno”. Davvero? Ma se la fallimentare Lagarde ha appena specificato il programma della Bce, che presiede: “Vaccinare, vaccinare, vaccinare a più non posso senza esitazioni”. Che c’entra la Banca centrale europea coi vaccini? C’entra se si considera l’affare colossale, autorigenerante sulla pelle delle cavie, se si vedono correttamente queste pozioni non come antidoti alle malattie ma come strumenti finanziari, prodotti alla stregua di fondi comuni, derivati o titoli, in tutti i sensi, tossici. Intanto che tutti predicano l’entrismo leninista, i cittadini assistono sgomenti e dicono: ma se abbiamo votato una che era contro questa roba e oggi ne fa parte a pieno titolo, se siamo andati a votare e ci hanno tirato in faccia il nostro voto di protesta, di chi ancora possiamo fidarci? E gli sorge, come al Fantozzi fomentato dal comunista Folagra, la leggerissima sensazione di essere stati presi per il culo. Questa sensazione sarà difficile da cancellare e i prezzi saranno comunque la si voglia mettere sanguinosi.

Max Del Papa, 18 luglio 2024

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