Politica

Eh no, Lepore: non sono i centri sociali a scegliere chi può manifestare

Le vergognose frasi del sindaco dem di Bologna. Agenti picchiati dagli antagonisti, in piazza anche la vicesindaca. È polemica

lepore bologna

Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, quello dei 30 all’ora, ha la coda di paglia: la schiuma degli antagonisti, degli anarchici, dei balordi prende d’assalto il centro cittadino, tira “mazze, bombe e altri oggetti” contro la polizia e la colpa è del governo e della Meloni che hanno autorizzato il corteo dei quattro gatti di Casa Pound.

Il sindaco Lepore ha una bella faccia: sorvola su chi fa casino e insorge al grido “Bologna città aperta”. Ma la legge per chi vale? Per tutti o solo per chi piace al sindaco Lepore? Per dire: o questi focolai di guerriglia e di sovversione neppure tanto a prato basso, li metti fuorilegge tutti, a sinistra come a destra, o ti rassegni al peggio con la scusa che in questo modo li controlli meglio. CasaPound di rimpianti, di fantasmi inquietanti e sgradevoli ne cova e come, ma in questo caso il peggio viene tutto da sinistra. La logica dei Lepore è incredibile, è quella della provocazione, se tu fai sfilare “300 camicie nere” io sindaco, noi giunta, noi istituzioni comunali non rispondiamo di quello che può succedere. E non rispondono perché gli sta bene così. Non spetta al sindaco, ai presìdi cittadini di sicurezza? Ma il sindaco le escandescenze da sinistra non le vede mai, preferisce rifugiarsi nella retorica resistenziale che non passa dai di moda. La logica a sinistra ricorda vagamente quella dei pogrom come ad Amsterdam: sono loro che sono ebrei ed essendo ebrei sono una provocazione di per sé per cui è giusto dargli la caccia.

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Dice questo sindaco Lepore: “Meloni pensi piuttosto a darci i soldi”, i denari della ricostruzione infinita, come la fabbrica di San Pietro, perché prima o dopo un temporale arriva e si può ricominciare da capo. Ma che c’entra il populismo social dirigista con le turbolenze bolognesi, con l’incapacità amministrativa o la connivenza sommersa della città verso i casinisti? Niente, ma torna sempre buona come retorica antagonista per distrarre, per dirottare comprensione e responsabilità.

Le frasi di Lepore
“Io mi chiedo come sia possibile ancora una volta che Bologna non venga rispettata: domani ci sarà la presidente Giorgia Meloni e molti ministri in città: ci hanno mandato 300 camicie nere, noi invece vorremmo ancora chiedere i fondi per l’alluvione”

A Bologna insomma può sfilare solo chi piace alla giunta resistenziale e antifascista: ne è convinta anche la bolognese svizzera Elly Schlein che “non mangia caviale” e non trova una parola per denunciare le aggressioni agli agenti, coordinate secondo tecnica militare, a tenaglia, una tecnica appresa dai predecessori degli anni Settanta; in compenso trova molta aria fritta sulla “provocazione” legata alla strage alla Stazione che “ancora sanguina” anche se è di 44 anni fa. Ma stia lì, questa politica per allegria che vuol darsi al cinema e sarebbe meglio. Stesse buono anche l’ineffabile Fratoianni che si contorce, grida anche lui alla provocazione intollerabile, invoca la chiusura dei centri sociali fascisti. E ha fatto eleggere in Europa una che nei centri sociali della sinistra anarchica, bacino elettorale di AVS, come Askatasuna, va a predicare la “lotta al governo fascista con qualunque mezzo”.

Le frasi di Lepore
“Noi eravamo contrari al corteo dei Patrioti e l’abbiamo detto perché temevamo che questa cosa avrebbe creato problemi di ordine pubblico e avrebbe messo a rischio l’incolumità di tante persone. Come purtroppo è accaduto. Ora qualcuno deve assumersi delle responsabilità. Nel Comitato ordine pubblico – ricorda Lepore – c’era contrarietà alla manifestazione dei neofascisti. Poi evidentemente qualcuno da Roma ha chiamato e le cose sono cambiate”

In tutto questo, la destra sembra uscire come sempre frastornata, incapace di rispondere con le parole e con i fatti. Salvini inveisce, più da ultrà che da ministro, contro le “zecche rosse” e vuol chiudere i centri sociali, Piantedosi, che fa il ministro di polizia, si dispera come una signora che passava di lì, implora alla sinistra di “prendere le distanze”. E come no! Tutti vogliono chiudere tutto da una parte e dall’altra, ma nessuno chiude niente e la pubblica sicurezza continua a camminare sulle uova per non far fare figuracce reazionarie a Giorgia Meloni che tanto ci passa ugualmente.

La frase choc della presidente Anpi di Bologna, Anna Cocchi:
“Gli scontri non giustificano la reazione del governo. La sinistra nel suo insieme è stata provocata”.

Che li abbia mandati lei i trecento di CasaPound è una idiozia infantilistica, tutti, anche il sindaco a 30 all’ora sanno che Meloni si è totalmente distaccata, se mai ne ha covati, da qualsiasi suggestione o retaggio estremistico, sanno che è una leader totalmente inserita nella diplomazia utilitaristica di stampo unionista al punto che molti a destra non glielo perdonano. Triste destino, la giovane Giorgia: per la sinistra resta fascista a prescindere, per la destra è una rinnegata. Ma chiamarla fascista non è nemmeno confutabile tanto è pretestuoso e ridicolo: le scorie del peggior nostalgismo lei le sta facendo fuori gradualmente, operazione necessariamente lenta e complicata a destra come a sinistra; senonché non si capisce perché le matrici autoritarie, evocative del comunismo peggiore, quello invasivo, quello autocratico e perfino totalitario debbano venire rivendicate a conferma di coerenza, di dirittura, di eccellenza morale, come delira il compagno Michele Serra, non diciamo del compagno Raimo, e l’origine opposta non debba passare mai, come uno stigma, come una dannazione abramitica.

A Bologna, sta di fatto, poliziotti ancora presi a sassate, a sprangate, e mentre il governo sembra impotente, l’opposizione solidarizza e addirittura incolpa. E il resto del mondo democratico, che pure non se la passa bene, guarda e pensa: ah, questa Italia, sempre un passo avanti nel grottesco.

Max Del Papa, 10 novembre 2024

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