La zia di Eitan Yahalomi, 12 anni, il bambino liberato ieri dalla prigionia di Hamas con il quarto gruppo, ha rilasciato un’intervista al canale francese BFM durante la quale ha rivelato una parte di ciò che il bambino ha raccontato alla famiglia.
Eitan è stato costretto dai terroristi a guardare i filmati del massacro del 7 ottobre, è stato costretto a vedere il massacro e le perversioni che sono state perpetrate ai danni di persone che conosceva, con le quali era stato in contatto dalla nascita. Il kibbutz è una comunità all’interno della quale per forza di cose si diventa una famiglia allargata.
Quegli stessi filmati hanno sconvolto adulti, me compreso, che non avevano mai avuto contatti con le vittime, possiamo immaginare cosa possa aver provato un adolescente davanti al massacro della sua cerchia. Ma non è tutto, stando a quello che ha confidato ai suoi cari, per far smettere di piangere i bambini in preda a crisi di paura li minacciavano con le armi.
Appena arrivato a Gaza, anche lui è stato picchiato dai civili, grandi, bambini e anche donne. Donne che picchiano bambini sono il segno di un odio ancestrale e probabilmente senza rimedio.
È stato poi costretto a passare diversi giorni da solo mentre in altri era in compagnia di altri sequestrati.
La zia di Eitan ha anche riportato che il ragazzo è stato testimone di atti che ha definito inimmaginabili e ha aggiunto che questi gli orrori di questi 51 giorni di detenzione che suo nipote ha vissuto nelle mani di Hamas rischiano di lasciare segni gravi nella sua psiche.
Non è entrata in particolari perché si tratta probabilmente di eventi ancora sotto censura.
Ora che Eitan ha iniziato a raccontare la sua odissea, ha ammesso Deborah Cohen davanti alla telecamera, la gioia dei primi momenti ha lasciato il posto ad un elemento di amarezza: “Ieri eravamo così felici, ma ora che sto conoscendo il quadro della situazione sono preoccupata perché è inimmaginabile che esista al mondo gente capace di fare cose del genere. Si tratta di trauma che Eitan dovrà superare insieme a noi e noi con lui”.
“Come puoi sentirti bene dopo un’esperienza del genere? Eitan è un bambino calmo, gli ci vorrà del tempo per far uscire le sue emozioni”, ha sottolineato Deborah Cohen. “Dopo questi abusi, la speranza e che lui possa trovare una via d’uscita dal trauma con l’amore, gli abbracci e con l’essere circondato da tutta la sua famiglia”.
A questo punto la speranza è che il lavoro degli psicologi gli permettano di superare queste prove.
Oltre all’esperienza traumatica vissuta da Hamas, Eitan Yahalomi ricorderà l’attacco al Kibbutz Nir Oz anche perché suo padre Ohad, che ha difeso la casa dai terroristi durante l’attacco e da allora non è più stato ritrovato.
Deborah Cohen crede, forse spera, che l’uomo sia ancora nelle mani di Hamas, come almeno altre 180 persone, e non fra i corpi, o i pezzi di corpi, che ancora oggi, a un mese e mezzo dal pogrom, debbono avere un riconoscimento ufficiale.
E questo la dice lunga sulla perversione omicida dei terroristi che hanno attaccato le comunità israeliane in quel sabato maledetto.
Michael Sfaradi, 28 novembre 2023
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