Elena Basile, il solito vecchio disco rotto (di sinistra)

L’ex diplomatica è la nuova pasionaria di evidenti tendenze filo-palestinesi

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In questi giorni, in cui nei talk televisivi il conflitto scatenato da Hamas monopolizza il dibattito, ha fatto la sua irruzione una nuova pasionaria di evidenti tendenze filo-palestinesi: l’ex diplomatica Elena Basile. Una donna che, per la cronaca, collabora da tempo, sotto lo pseudonimo di “Ipazia”, con il Fatto Quotidiano, sostenendo una linea molto favorevole a Vladimir Putin.

In particolare, in una serie di accesi dibattiti nel salotto della Gruber, su La7, la nostra eroina ha espresso in modo velato, ma piuttosto evidente in filigrana, una evidente simpatia per la causa palestinese, contrapposta ad una altrettanto evidente ostilità preconcetta per Israele e per i Paesi occidentali che lo sostengono anche nell’attuale, drammatico frangente. In estrema sintesi, la Basile ripropone in salsa mediorientale il sinistro slogan degli anni di piombo, secondo il quale non ci si doveva schierare né con le brigate rosse e né con lo Stato.

In queste sue sortite sul piccolo schermo l’ex diplomatica, mandata a riposo con la qualifica di ministro plenipotenziario, si è duramente scontrata con Paolo Mieli ed Aldo Cazzullo. Nel primo caso ha definito le argomentazioni del popolare giornalista milanese, che in sostanza sosteneva l’impossibilità di trattare con “un esercito che ha ucciso bambini e ammazzato ragazzi che ballavano ad un rave”, frutto di una impostazione “sottoculturale”. Con Cazzullo, invece, sono scoppiati i fuochi d’artificio, dopo che la Basile si è rammaricata per lo scarso numero di ostaggi statunitensi in mano agli aguzzini di Hamas, in quanto ciò non incentiverebbe un forte impegno da parte americana proprio sul piano delle “agognate” trattative.

Ora, non so se la signora Basile, appartiene culturalmente alla famosa generazione del ‘77, ultimo rigurgito di quei movimenti alternativi usciti dal ‘68, che quando marciavano in favore della pace il loro unico obiettivo era quello di tirare pomodori e uova marce, per non dire altro, contro l’ambasciata americana a Roma. Sta di fatto che nelle sue parole sembra di riascoltare un vecchio disco rotto, molto sinistro, in cui risuonano ossessivamente sempre le stesse parole: distensione, trattativa, dialogo, mediazione, disarmo, smilitarizzazione e compagnia cantante.

In realtà, al di là delle solite ciance di chi individua da sempre il problema nel posto sbagliato, ossia nella parte più libera e democratica del globo – con tutti i difetti che ad essa vogliamo attribuire – , c’è solo una domanda che occorrerebbe fare alla nuova eroina del dialogo ad oltranza: che tipo di mediazione si può raggiungere con chi ti entra in casa armato fino ai denti, sterminando senza pietà chiunque si trovi sul suo cammino? E che tipo di accordo di reciproca convivenza è ragionevolmente auspicabile con una organizzazione che, fino al 2017, nel suo Statuto si proponeva di eliminare dalla Palestina qualsiasi traccia del popolo ebraico?

Un obiettivo strategico il quale, vorrei segnalare alla Basile, seppur eliminato nel testo del nuovo Statuto, è stato concretamente e orribilmente messo in pratica oggi, massacrando senza pietà oltre 1.300 “infedeli”, in gran parte appartenenti alla popolazione civile. Nessuna persona dotata di buon senso auspica la continuazione di un conflitto che insanguina da decenni il Medioriente, tuttavia in questo frangente, i veri e occulti responsabili dell’attuale crisi sembra che siano proprio gli ultimi a cercare una soluzione negoziata che porti alla creazione di due Stati sovrani in Palestina.

Claudio Romiti, 15 ottobre 2023

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