Con l’avvicinarsi delle elezioni europee previste per il 9 giugno, l’interesse si concentra non soltanto sull’affluenza degli elettori ma anche sulle dinamiche interne dei partiti e sulle potenziali coalizioni che potrebbero formarsi. Questo evento elettorale si preannuncia come un punto di svolta per stabilire le future direzioni politiche dell’Unione Europea, influenzando le politiche su temi cruciali come economia, immigrazione, ambiente e sicurezza.
La formazione delle liste per le Europee
La partecipazione dei cittadini a queste elezioni è considerata un indicatore fondamentale e, secondo le stime, si prevede che circa la metà degli aventi diritto eserciterà il proprio diritto di voto. All’interno di questo quadro, le collaborazioni e gli accordi tra i diversi partiti giocheranno un ruolo chiave. Come spiega Alessandra Ghisleri sulla Stampa, l’attuale scenario politico fa emergere la possibilità di nuove alleanze e coalizioni che potrebbero modificare l’equilibrio di potere nel Parlamento Europeo. Diventa così evidente l’importanza di adottare strategie politiche che promuovano connessioni tra partiti con visioni affini o complementari, al fine di costruire una maggioranza solida.
Un altro elemento critico è la scelta dei candidati, che rappresentano l’essenza e i valori delle forze politiche di appartenenza. La modalità con cui vengono selezionati e presentati al pubblico può influenzare significativamente le preferenze elettorali. Candidati che si distinguono in campi come l’ambientalismo, l’economia o i diritti sociali possono attrarre specifici segmenti dell’elettorato, evidenziando l’importanza di una comunicazione politica efficace ed inclusiva. In questo ambito il Pd è già nel caos: Elly Schlein vorrebbe candidarsi come capolista, ma rischierebbe di danneggiare l’elezione di candidate donna. Neppure mettersi in terza posizione aiuterebbe, visto che la legge elettorale impone all’elettore di dare preferenze a sessi opposti.
La ripartizione dei seggi
Ed arriviamo ai numeri nudi e crudi. Nel centrodestra FdI è data al 28%, la Lega all’8,7%, Forza Italia al 7,7% e Noi Moderati allo 0,7%. In totale: 45,1%. Il centrosinistra invece arranca: il Pd sta al 19,7%, Alleanza Verdi e Sinistra al 3,9%, Più Europa al 3,1%. Totale centrosinistra: 26,3%. Il M5S invece cresce al 17,2%, mentre Azione (3,9%) e Italia Viva (3,5%) rischiano da separati in casa di restare entrambi fuori dall’Europarlamento. Il punto è che il distacco tra centrodestra e centrosinistra rischia di palesarsi così marcato soprattutto nell’assegnazione dei seggi: secondo il sondaggio, al momento il centrodestra ne incasserebbe 41, il centrosinistra solo 18 mentre il M5S 16. Molto dipende dal risultato di Carlo Calenda, che sta sulla soglia del 4%: dovesse superarla, porterebbe a casa 4 eurodeputati, facendo scendere a 39 quelli del centrodestra, a 17 quelli del centrosinistra e a 15 quelli del M5S. Vada come vada, la distanza è enorme.
Le famiglie all’Europarlamento
Diverso il discorso se si guarda alle coalizioni e alle famiglie del parlamento Europeo. Come già accennato nel sondaggio di Ipsos realizzato in tutta l’Ue, la destra dovrebbe avanzare (secondo i sondaggi crescono sia i deputati di Identità e democrazia che quelli del Conservatori della Meloni), ma non abbastanza da formare una maggioranza di centrodestra. Stabile o quasi il Ppe (175 deputati contro i 178 di cinque anni fa), stabile anche il Pse (140 contro i 139 del 2019), crollano i centristi (da 102 a 82) e i Verdi (da 72 a 41).