Per chi ama la stampa, il giornalismo, e con sprezzo del ridicolo mettiamoci pure la libertà, la mossa di John Elkann è stato un cazzotto. Al prezzo di un giocatore di calcio, seppur CR7, Exor si è comprata, a saldo, metà dell’aristocrazia giornalistica italiana. D’altronde, i grandi giornali nostrani, da corazzate si erano via via trasformati in navi da crociera, la routine di bordo (sole, fitness, cena di gala, spettacolo, visite a terra) si era fatta ripetitiva e noiosa. Le linee editoriali erano ormai tutte allineate sull’imbarazzante politicamente corretto antifascista, in salsa ZTL. Nuove grafiche, aumento del numero delle pagine e delle rubriche, supplementi, grandi spazi alla cronaca locale, tutto inutile, copie sempre giù. Il sogno del paywall via via evaporava (varrà solo per quelli in lingua inglese?).
Nello studio per lanciare l’ultra sperimentale Zafferano.news avevo colto una costante: nella testa dei nuovi potenziali clienti-lettori, le notizie devono “valere molto” ma “costare zero”. Per loro il quotidiano altro non era ormai che un social cartaceo. La classe giornalistica non aveva capito che il Ceo capitalism, di cui erano sostenitori colti, è un bulldozer, dopo aver massacrato il lavoro dei “poveracci”, ora toccava al loro. Ciò che univa Gianni Agnelli e Carlo De Benedetti era l’amore, quasi fisico, per i giornali e tutto ciò che ne discendeva in termini di immagine e di potere. I loro figli e nipoti sono stati allevati da “prosperose tate” (Banche d’Affari, Consulenti internazionali di prima fascia). Oggi pasteggiano ad algoritmi e champagne, ergo ragionano e operano esattamente come fanno i deal maker di NY e di Silicon Valley.
Al contempo è evidente che l’intelligenza sociale, indispensabile per governare con successo un quotidiano, e chiave di volta, se ci sarà, del futuro della comunicazione, non si è trasferita da padre a figli, e neppure da nonno a nipoti. Fanno tenerezza quei pensosi “competenti” nostrani che immaginano la mossa Exor fatta per gestire in termini di comunicazione i problemi degli stabilimenti ex Fiat che cadranno sotto la scure del CEO di Peugeot. Tranquilli, è mondo finito, quello. Fiat dal 2009 è solo più un brand analogico di valore locale, qualora ci dovessero essere problemi di esuberi nei quattro stabilimenti di Peugeot-FCA scatterà il protocollo Whirpool, nel totale disinteresse (concreto) di costoro: ormai FCA è una “partecipazione” non più un “business”.
Questa di Exor è invece un’operazione di puro business, condotta secondo i principi di un Ceo capitalism in purezza, quindi secondo il protocollo delle Banche d’affari applicato alla ristrutturazione del mondo dell’editoria giornalistica. Exor ha ritenuto investire su Gedi, visto il disinteresse dei figli dell’Ingegnere. Con appena 100 milioni di euro si sono comprati una serie di miti dell’editoria italiana. Non facciamo però ridicoli paralleli di strategia di business fra la cessione (incassando poco meno di 2 mld di euro, mantenendo il pacchetto azionario) della governance in Peugeot con un acquisto da 100 mln di euro, roba da Juventus F.C. È possibile invece che sul mercato italiano questa mossa, innescherà un gigantesco processo di ristrutturazione-riposizionamento strategico dell’intera editoria giornalistica e i vecchi mausolei (direzioni e redazioni old fashion) saranno tagliati fuori. Lo confesso, se non fosse per l’età, mi butterei in questa avventura, dove ci sarà ampio spazio per i vietcong.