Passi pure Roberto Saviano, che ormai è diventato la caricatura di se stesso. Nessuno si sorprende se l’autore di Gomorra si schiera con le attiviste che ieri hanno impedito con la forza a Eugenia Roccella di parlare al Salone del Libro. E non fa notizia nemmeno la pochezza delle tesi, quel delirante principio secondo cui presentare il proprio libro sarebbe una “provocazione” verso non si sa bene chi. Sarà forse lesa maestà dell’egemonia culturale della sinistra? Passi pure, insomma, se Saviano si copre di ridicolo. Ma che anche la leader del Partito Democratico, primo partito di opposizione, si schieri al fianco dei censori del libero pensiero suona come un allarme decisamente preoccupante.
I fatti sono noti. Ieri il ministro per la Famiglia era attesa allo stand della Regione Piemonte al Salone del Libro per presentare il suo libro dal titolo “Una famiglia radicale”. Non appena ha preso la parola, però, alcune attiviste di Non una di Meno, Extincion Rebellion e Fridays for future hanno iniziato ad intonare canti di contestazione, a battere le mani, a disturbare, impedendo insomma il normale svolgimento di una banale presentazione. Alcune inneggiavano all’aborto libero e alla diffusione negli ospedali della pillola Ru486, altre rivendicavano temi ambientalisti in un minestrone tutto sommato incomprensibile. Fatto sta che al ministro è stato impossibile iniziare un ragionamento.
Il video della contestazione ad Eugenia Roccella al Salone del Libro
Roccella ha pure tentato la coraggiosa carta del dialogo: ha chiesto alla polizia di non allontanare i facinorosi, ha invitato sul palco alcuni rappresentanti dei contestatori, ha chiesto loro di discutere faccia a faccia. Ma gli attivisti, dopo aver letto un delirante manifesto, hanno rifiutato ogni dialogo. Alla faccia della democrazia. Il ministro è rimasto sul palco ben oltre l’orario del suo intervento sperando di poter alla fine parlare. Ha invocato l’intervento del direttore Lagioia, il quale si è limitato a definire “legittima e pacifica” la protesta senza cavare un ragno dal buco. Finché, per lasciare spazio al panel successivo, Roccella è stata costretta a desistere. Una violenza bella e buona, peraltro già vista in altre occasioni (citiamo per brevità solo quanto successo a Daniele Capezzone alla Sapienza di Roma).
Di fronte a tanta arroganza, di fronte a un gruppo di prepotenti che impedisce a chicchessia di parlare, ci si sarebbe attesi la ferma condanna da parte di tutto l’arco costituzionale. Invece no. Prima Saviano che vaneggia sulla presunta “provocazione” dei ministri del governo nell’andare al Salone del Libro a esporre le proprie tesi. E poi Elly Schlein che a In Onda raggiunge vette inimmaginabili: “In una democrazia si deve mettere in conto che ci sia il dissenso – ha detto – sta nelle cose non riguarda mica solo chi sta al potere. Noi siamo per il confronto duro, acceso ma è surreale il problema che ha questo governo con ogni forma di dissenso”. Addirittura, Schlein anziché prendersela con i censori del libero pensiero ha criticato “ministri e deputati” che si sono permessi di “attaccare Nicola Lagioia” per la sua manifesta incapacità di garantire un dibattito libero al Salone. “Non so – ha concluso Schlein – come si chiama la forma di un governo che attacca le opposizioni e gli intellettuali ma quantomeno mi sembra autoritaria“. Quindi un ministro cui è stato impedito di parlare sarebbe parte di un governo autoritario. Ci rendiamo conto dell’enormità della sciocchezza?