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Elogio degli squilibrati

erasmo da rotterdam follia © Martin Barraud tramite Canva.com

“Devi trovare il tuo equilibrio!” dicono tutti. Sì, certo, facile. Bisogna solo camminare su un filo teso sull’inconcepibile come se si passeggiasse per via dei Condotti. Facile. E dai che ti ridai, procedi con la schiena dritta in quella bellissima via, ammaliato dalle vetrine, dando peso solo alla bidimensionalità delle facciate griffate, senza guardare né sotto né sopra, altrimenti quella sicurezza patinata svanisce. C’è così tanto timore di perdere quell’equilibrio duramente conquistato, come se fosse l’unica condizione per affrontare il tempo e lo spazio.

Studi, ti informi, cerchi di stare al passo per condividere fiato con altri esseri viventi, ti senti quasi saggio e ti appresti a fluffare il cuscino per ben posizionarlo sulla poltrona, quando ti accorgi che la poltrona non c’è. Uno squilibrio che ti risveglia da un’assuefazione, da una noiosa e sicura commedia in cui non si riesce più a chiudere di buon grado un occhio o a fare come sempre si è fatto. È lo strappo nel cielo di carta di Mattia Pascal, è il mito della caverna di Platone, è Orlando che scopre l’amore tra Angelica e Medoro.

Di nuovo c’è che, in questa destabilizzazione, le passioni al gran completo si accendono e ti sembra di percepire di più e intensamente come se per la prima volta i sensi si accendessero insieme, mandandoti in tilt per il troppo ossigeno. Erasmo ci dice che tutte le passioni sono un prodotto della follia ed è proprio in questo che il saggio si distingue dal folle, perché il primo ha per guida la sola ragione, mentre il folle si lascia invitare dalla percezione di nuove possibilità. Forse allora gli squilibri non devono scandalizzarci né impaurirci più di tanto, perché togliendoci il controllo, ci fanno volare, ci donano una vertigine illuminante che può introdurci in una dimensione imprevista, ma questa volta così elastica da avere la capacità di accogliere le rotture per poi diramarsi e fiorire a più livelli.

Nell’Elogio della follia, Erasmo da Rotterdam ci spiega proprio come questa tipologia di follia ci sproni a giocarci appieno nella realtà: “Sono due, infatti, i principali ostacoli alla conoscenza delle cose: la vergogna che offusca l’animo e la paura che, alla vista del pericolo, distoglie dalle imprese. La follia libera da tutto questo, non vergognarsi mai e osare tutto” e ci mette in guardia da quei sapienti che, dopo aver raggiunto l’ambito status, si chiudono nei parametri della ragione, tutto credono di possedere e tutto giudicano con asprezza, perché si considerano l’ombelico del mondo, il riferimento ultimo,  mentre sono privi di stupore e di visione: “Un uomo a cui non sfugge nulla, che non sbaglia mai, che con l’occhio acuto di Linceo tutto vede, tutto soppesa con assoluta precisione, nulla perdona; solo di sé contento, lui solo è ricco, lui solo sano, lui solo re, lui solo libero.

In breve, lui solo è tutto, ma solo a suo giudizio, senza amici, pronto a mandare all’inferno gli stessi dèi, e che condanna come insensato e risibile tutto ciò che si fa nella vita. Eppure, una simile bestia è il perfetto e famoso sapiente”. Intesa in questo modo allora “la sapienza è un ostacolo all’agire nel modo opportuno” mentre vi è una follia buona che proviene dalla saggezza della natura che non solo soccorre l’uomo, ma lo avvicina all’estasi dei poeti e degli amanti o, addirittura, a quella che Erasmo definisce la Follia di Dio.

Fiorenza Cirillo, 3 settembre 2023