“Il destino della Terra non è minacciato dalla sovrappopolazione, ma dalla denatalità”. Neomalthusianesimo contro realtà. È lo scontro inscenato da un regista d’eccezione. Uno che di futuro e futurismo se ne intende, Elon Musk.
Il famosissimo Ceo di Tesla e fondatore di SpaceX, l’uomo dell’anno per Time, padre di sette figli, pochi giorni fa ha confidato al Wall Street Journal, senza giri di parole, «Credo che uno dei maggiori rischi per la civiltà sia il basso tasso di natalità e il tasso di natalità in rapido declino. Eppure, così tante persone, anche le più intelligenti, pensano che ci siano troppe persone nel mondo e che la popolazione stia crescendo senza controllo. È completamente l’opposto. Per favore, guardate i numeri: se le persone non fanno più figli, la civiltà crollerà, segnatevi le mie parole».
Parole che pesano sulla coscienza liberal di tutto il mondo. Parole che hanno stordito gli amici malthusiani ed ecologisti, tanto che praticamente nessuno in Italia, e in Europa, ha osato riportare il contenuto di quell’intervista.
L’allarme «workism»
L’ultimo rapporto Istat ci dice che nei prossimi trent’anni, solo nel sud Italia ci saranno 3.5 milioni di persone in meno. Un po’ come se sparisse tutta la Calabria e parte della Puglia.
L’autorevole rivista Lancet, nell’estate scorsa, aveva già pubblicato uno studio su 195 nazioni dal quale si evinceva come, a metà di questo secolo o poco dopo, la popolazione mondiale inizierà a decrescere e il pianeta da un lato a spopolarsi e, dall’altro, ad invecchiare ulteriormente, con tutte le drammatiche conseguenze del caso.
C’è poi il report pubblicato la scorsa primavera dall’Institute for Family Studies che ha un titolo emblematico, More Work, Fewer Babies. I due autori presero in esame il «workism». Espressione la cui paternità alcuni attribuiscono a Derek Thompson, giornalista dell’Atlantic e che sta ad indicare la “religione del lavoro”. Quella sposata da Paesi nordici come Norvegia, Olanda, Svezia. I Paesi avanzati ed egualitari, con welfare esemplare e in grado di promuovere alti tassi di fertilità, per intenderci. Ma sono proprio questi ad aver visto diminuire drasticamente la natalità. Come si spiega?
Se ragionassimo in termini puramente economici non dovrebbero esserci mai problemi denatalità. Invece il rapporto dell’Institute for Family ha analizzato, attraverso appositi indici, questo approccio a dati internazionali, deducendo che il calo della fertilità è più netto tra quelle persone che ritengono il lavoro importante, le quali generano in media 0,6 figli in meno degli altri. Una differenza per niente da poco.
Le denatalità non è una questione di reddito
Quindi non è vero che non si fanno figli perché mancano gli asili nido (Napolitano dixit) e non ci sono soldi? Eliminare la povertà sarebbe stato facile, ci hanno insegnato da sempre gli ex coniugi Bill e Melinda Gates, debellando la nascita dei bambini poveri. Lo hanno scritto, ogni anno, a caratteri cubitali, nel rapporto annuale della loro fondazione.
«Nascono più bambini nei luoghi in cui è più difficile condurre una vita sana e produttiva. Se continuano le attuali tendenze, il numero delle persone povere nel mondo smetterà di diminuire, e potrebbe perfino iniziare a crescere. Ma la ragione per cui abbiamo avviato la nostra fondazione è che le tendenze attuali non devono continuare».
La visione antinatalista di Bill e Melinda Gates, che prende di mira soprattutto l’Africa subsahariana, è in perfetta sintonia con l’agenda dell’Onu, dei burocratici di Bruxelles e di tutte quelle forze politiche che guardano al mito malthusiano e ad esso si richiamano esplicitamente, specie in nome di uno sviluppo sostenibile.
Entro il 2030, uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile è l’eliminazione della povertà. Come? Non facendo più nascere bambini, e finanziando «la salute sessuale e riproduttiva»: quella che nel linguaggio mondialista significa aborto e contraccezione. Chi non abbraccia questa cultura, che nei decenni ha prodotto anche sterilizzazioni forzate, è per i tanti filantropi un ignorante da disprezzare e silenziare. Un po’ come quando Emmanuel Macron, alcuni anni fa, disse, “Presentami la donna che ha deciso, essendo perfettamente istruita, di avere sette, otto o nove figli”. Parlava puntando il dito contro l’Africa, con quel filo di razzismo sempre concesso a chi sta a sinistra della storia.
Ma ci ha pensato direttamente Elon Musk, alcuni anni dopo, a ribadire che non c’è nessuna correlazione tra crescita della povertà e crescita della popolazione. Anzi le cose stanno esattamente all’opposto. La crisi economica a livello mondiale ha tra le sue principali cause la crisi demografica, che a sua volta deriva dalla mentalità antinatalista che ha invaso le coscienze di tutto il mondo.
Che poi è così strano il modus pensandi di Gates e compagni: le loro proiezioni raccontano che, in termini assoluti, il numero dei poveri aumentare entro il 2050, ma, in entrambi i grandi Paesi ad alto tasso di natalità, cioè Nigeria e Repubblica Democratica del Congo, diminuirà nel primo del 7%, nel secondo del 26%. Qualcosa non torna.
E nel frattempo resta anche vero che, con ogni probabilità, la povertà dell’Africa potrebbe diminuire ancor più velocemente, se l’Occidente smettesse di difendere la fuga (irregolare!) in Europa dei giovani africani così da sfavorire il loro sviluppo interno.
Centinaia e centinaia di miliardi sono già stati spesi o stanziati dall’Unione Europea per l’ambiente e i cambiamenti climatici. Una strana lotta contro il tempo, che forse cambia e forse no, e che ha già generato discepoli disperati in ogni angolo della terra. Abbiamo speso e prevediamo di stanziare ancora centinaia di miliardi di euro nei prossimi anni, affinché il nostro continente divenga il più pulito e meno inquinante del pianeta.
Meno figli per inquinare (!)
“Attenzione a far figli, perché inquinate”. È, papale papale, la messa in guardia contenuta nelle “azioni individuali più efficaci per mitigare i cambiamenti climatici”. È recentissima l’assegnazione di un premio da parte della nota Ong ambientalista britannica Population Matters ai duchi di Sussex (ovvero Megan Markle e Harry d’Inghilterra) per la scelta esternata nel 2019 e definita illuminata, di voler avere soltanto due figli e così limitare l’impatto ambientale sulla Terra.
Eppure Musk fa notare qualcosa di estremamente banale: la civiltà sta morendo per colpa della denatalità, e nel frattempo ci dedichiamo solo al giardinaggio ecologico. È l’estinzione quello che vogliamo? Ma resta ancora una domanda, e ce la facciamo noi, perché nessuno se la pone: chi saranno i beneficiari del fantomatico continente europeo pulito e verde del 2050?
Dunque, grazie signor Musk per il campanello d’allarme. D’altronde non smette di suonare. Però in giro di autocritiche non se ne vedono. Sì, perché gli scenari catastrofici che si profilano non sono frutto del caso, tutt’altro. È semplicemente l’epilogo di sistemi sociali ed economici che per decenni hanno bistrattato la famiglia, irriso la natalità, demonizzato la religione al punto da creare il dio verde.
Se il pianeta si avvia a trasformazioni demografiche devastanti, è insomma perché si è alacremente lavorato per un mondo non sostenibile: antropologicamente, s’intende.
Sviluppo e crescita di ricchezza dipendono dalla famiglia, specie se numerosa, che tra l’altro crea un benessere non solo economico. Come qualche anno fa sottolineò il noto banchiere ed accademico, Ettore Gotti Tedeschi, se fosse possibile, bisognerebbe quotare in Borsa la famiglia: “perché genera un valore economico sostenibile, che crea ricchezza per la collettività. Senza bisogno di miracoli”.
La vera ricchezza restano i bambini, dunque. E caro Musk, non c’è robot umanoide che tenga! Ma grazie lo stesso per aver sconvolto il sonno di malthusiani ed ecologisti.
Lorenza Formicola, 14 dicembre 2021