Sono passati pochissimi giorni dall’incontro tra Xi Jinping e Vladimir Putin, durante l’ultimo vertice della Via della Seta, dove i leader delle due superpotenze hanno incontrato anche il presidente dell’Ungheria, Viktor Orban. Uno scenario che ha posto un membro dell’Unione Europea direttamente nella bocca dell’avversario geopolitico d’eccellenza. Un segnale di scontro ai vertici di Bruxelles, dove quest’ultima – al momento dello scoppio della guerra in Ucraina – aveva nei fatti ‘tradito’ Budapest, tagliando le forniture di gas e petrolio russo. Una politica che ha messo letteralmente in ginocchio il Paese di Orban, che al momento dell’inizio del conflitto dipendeva per oltre l’80 per cento dalle forniture di Mosca.
Erdogan si schiera con Hamas
Ebbene, se l’Ungheria ad oggi è per definizione il cigno nero del Vecchio Continente; la Turchia lo è per la Nato. Sono di ieri le dichiarazioni di Erdogan contro Israele in cui il Sultano arriva addirittura ad osannare i membri di Hamas, definiti “liberatori” e non “terroristi”. Ma il leader di Ankara ha proseguito nell’attacco a Tel Aviv, accusandola di compiere crimini contro l’umanità a Gaza. Il presidente turco ha poi annunciato che cancellerà la visita pianificata in Israele.
Una posizione fuori dal coro nello scacchiere occidentale, che però ha già trovato i suoi primi dubbi all’interno dell’Unione Europea. Non è un caso che, pochi giorni fa, centinaia di funzionari Ue inviavano una lettera alla presidente della Commissione, Ursula von Der Leyen, chiedendo un ribaltamento della posizione filo-israeliana assunta dal principale potere comunitario. Il tutto affiancato dalle tensioni con l’Alto Rappresentante, Josep Borrell, che sin dall’inizio dell’invasione ha criticato Israele sulle modalità di risposta all’invasione di Hamas del 7 ottobre.
Gli effetti sul mondo Nato
Insomma, il fronte occidentale appare spaccato. Anzi, la polarizzazione sembra essere ancor più ampia rispetto a quella creatasi dopo l’inizio della guerra in Ucraina. In questo caso, Erdogan assunse una posizione nettamente contraria all’invasione della Russia, ampliando la sorveglianza nel Mar Nero e bloccando i rifornimenti russi. L’ultima notizia di cronaca è arrivata lo scorso agosto, dove le tensioni con Mosca sono sfociate addirittura in alcuni spari russi su un mercantile turco, dopo la fumata nera sull’accordo del grano.
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La guerra in Israele ha però riaperto conflitti mai totalmente sopiti tra Turchia e gli altri membri dell’Alleanza Atlantica. Prima con il blocco posto per l’entrata di Svezia e Finlandia nella Nato, poi con la decisone di Erdogan di impegnarsi in Siria contro l’Ypg (legata al Pkk curdo, in Siria) proprio quando gli Usa decisero di farne un alleato contro l’Isis. Ora, la causa di Tel Aviv divide ancora Ankara e Washington, la quale invece ha promesso un sostegno incondizionato al governo di Bibi Netanyahu.
A ciò, si aggiungono i risultati degli ultimi sondaggi, secondo cui il 72 per cento dei turchi vede negli Stati Uniti “una minaccia”. Un dato schiacciante, che presuppone implicitamente come il dominio Nato (e mondiale) a bandiera americana debba essere ridimensionato. Insomma, il domani di Ankara non è chiaro. Anzi, ad oggi, le spinte anti-occidentali trionfano su quelle filo-atlantiche. E poche ore fa, Erdogan ne ha dato una chiarissima dimostrazione. L’ennesima.
Matteo Milanesi, 25 ottobre 2023