Erdogan spara, l’Europa chiacchiera

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Per un giornalista, oggi trattare a pesci in faccia (in un articolo, of course) Recep Erdogan non comporta nessun rischio, anzi. Serenamente lo faccio anch’io, associandomi a tutti i miei colleghi. Il direttore ti mette in bella vista, l’editore sorride, sornione, le tv ti offrono ospitate. Partecipi a cortei sotto l’ambasciata turca, con tutto l’armamentario rivoluzionario: foto, filmati, slogan, cartelli, strazianti casi umani. Eppure senti che c’è qualcosa di strano, l’atmosfera è pesante, imbarazzata, bene parlarne, ma con juicio, se volete scriverne male, fatelo, però ….

Chi sta con Erdogan? Nessuno. I “sinistri” lo odiano perché loro sono schierati con i Curdi (sunniti, socialisti), i “destri” lo odiano perché sono schierati con il suo nemico mortale Bashar al Assad (sciita alawita), protetto da Vladimir Putin, l’Establishment europeo urla e strepita (Emmanuel Macron in testa) ma da anni lo paga per fare il lavoro sporco (bloccare i migranti) per conto di Germania e satelliti. Perché? Perché Erdogan è il solo attrezzato, le sue forze armate sono le uniche dei 28 capaci di combattere sul campo. E tutti lo riforniscono di armi, tanto, dicono, le comprerebbe dalla Russia, e noi perderemmo fatturato. Una nota tecnica: se bloccassero le forniture da oggi non succederebbe nulla, le armi o sono state già consegnate o sono nel “tubo” e non si può fare più niente.

E allora perché non espellerlo? Perché gli eserciti Nato non vanno a presidiare quella striscia di Siria dove ci sono i curdi siriani che tanto ci hanno aiutato con l’Isis? A parte la Turchia nella Nato ci sono i 25 Paesi più ricchi del mondo, sia per reddito pro-capite, sia per tecnologie. Il dilemma dell’Europa è sempre lo stesso, bravi nello stabilire i buoni e i cattivi, ma incapaci di rispondere alla domanda del vecchio Lenin: “Che fare?”. L’Europa ha capacità zero di execution guerresca, quindi mai saremo una potenza politica, sempre e solo uno straordinario mercato (e pure una insuperabile Disneyland per turisti).

Torniamo a quei giorni del 2015 che gli storici chiameranno “I sedici giorni del terrore”. Iniziano il 13 novembre con i 130 morti del Bataclan (targati Isis, sunniti), il 15 c’è il vertice del G 20 in Turchia, il 20 a Bruxelles si riuniscono tutti i ministri di Interno e Giustizia, il 24 Erdogan abbatte il jet russo, il 28 viene assassinato in Turchia Tahir Elci un avvocato curdo del PKK, il 28 a Bruxelles si apre il vertice dei Capi di Stato. Questi ci arrivano affranti, sono leader sotto choc, impauriti, disperati (dicono: “la Francia non ha scudi, l’Europa non è protetta”). Stanno per collassare, intellettualmente.

Cosa decidono? Di mettere in sicurezza il confine turco siriano. Come? Pagando. Leggetevi le note dell’ambasciatore italiano Stefano Sannino, nostro rappresentante a tutti i tavoli, riprese da Mario Sechi sul Foglio di allora. Lì si capisce tutto: Erdogan accetta l’offerta di prendersi, subito e cash, 3 miliardi di euro e le “chiavi” del confine dell’Europa. Il flusso dei migranti che minacciava la Germania viene bloccato grazie all’outsourcing oneroso affidato a un Sultano ottomano in abiti europei. Il contratto è tuttora in vigore, anche se Erdogan chiede sempre più quattrini, perché ha aumentato unilateralmente il premio. E come se non bastasse l’umiliazione: ora tocca all’Italia, su ordine della Nato, per rotazione deve schierare 130 soldati e una batteria di missili per proteggere lo spazio aereo turco (sic!) da attacchi siriani, mentre, in contemporanea, Erdogan bombarda i curdi nostri amici. (Sembra una fake news).

Gli Stati Uniti si sono sfilati. Prima Barack Obama (ci definì “scrocconi” sulla vicenda curdi), poi Donald Trump, ora persino Bernie Sanders. Da anni invitano l’Europa ad assumere il ruolo che le spetta in Medio Oriente e di aumentare il contributo in quattrini (investimenti e uomini) nella Nato. Da anni Germania e Francia in testa, da buoni bottegai, non lo fanno. Gli Usa ci hanno spiegato che loro, da primo acquirente di petrolio (quindi soggetti alle paturnie degli sceicchi) ora non solo sono autosufficienti ma sono il primo venditore netto al mondo di idrocarburi. Quindi per loro il Medio Oriente (e i suoi despoti di bianco vestiti) non è più un’area strategica, punto. Lo è per noi ma ormai siamo diventati dei bellimbusti, che pensano e parlano solo di quattrini, di spread, di debiti.

Che fare? Ora tocca all’Europa passare all’execution. Due opzioni secche:

1. Confermare a Erdogan l’outsourcing dei confini e continuare a vivere da bellimbusti chiacchieroni, pagando tangenti;

2. Rompere il contratto con Erdogan, blindare direttamente i confini terrestri e marittimi dell’Europa, stile Australia, con nostre truppe, e tornare soldati.

Tertium non datur.

Riccardo Ruggeri, 14 ottobre 2019

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