Decine di migliaia di manifestanti in Bangladesh, appelli al boicottaggio dal Qatar alla Giordania, minacce di vendetta dei talebani in Pakistan. Dal Medio Oriente all’Asia centrale, il mondo musulmano s’è messo sotto la bandiera di Erdoğan, ha risposto al suo appello e oggi è in rivolta contro la Francia e il suo presidente.
Macron “blasfemo”
Macron sarebbe colpevole di blasfemia per aver difeso la pubblicazione delle caricature del profeta Maometto sulla rivista satirica Charlie Hebdo. Ma soprattutto per aver intrapreso, dopo il 33esimo attentato in ventiquattro mesi, un progetto legislativo per cercare di ridimensionare l’islamizzazione in Francia. Erdoğan ha lanciato un «appello alla nazione» musulmana al boicottaggio dei marchi francesi e ha equiparato il trattamento dei musulmani oggi in Francia a quello degli ebrei alla vigilia della Shoah.
Con il presidente turco si è schierato il leader ceceno Ramzan Kadyron secondo il quale Macron sta contribuendo alla radicalizzazione. La rabbia monta da giorni. In Bangladesh, contro Macron hanno sfilato in oltre 40.000 per poi circondare l’ambasciata francese a Dhaka. In Qatar, cliente francese, il boicottaggio è più sponsorizzato che mai. Sulla Striscia di Gaza e a Baghdad che hanno bruciato la bandiera francese e calpestato le foto del presidente Macron.
Le proteste nel mondo islamico vanno avanti da sabato, e nessuno può dire che siano pacifiche o servano, semplicemente, a ben nascondere la terribile crisi economica turca. L’islam non è un pretesto, perché l’islam non è una religione, ma un progetto politico. Motivo per cui la Turchia non può accettare che la Francia, il cuore dell’Europa occidentale, continui a resistergli su tutti i fronti: c’è la Libia dove Macron sta al fianco di Haftar; c’è lo scenario di crisi dove Parigi sostiene la Grecia contro la Turchia sul Mediterraneo Orientale, e c’è l’appoggio francese all’Armenia contro gli azeri appoggiati da Ankara nello scontro in Nagorno Karabakh. Ma non è tutto qui. Alla base e sullo sfondo c’è un jihad che l’islam sta combattendo contro l’Europa. Un jihad geopolitico, economico, dialettico e religioso, e nessuno di questi elementi può essere slegato dall’altro. In breve, Erdoğan vuole chiudere la parentesi del XX ° secolo e ritornare al passato glorioso del suo paese. Vuole la fiaccola dell’islam sunnita.
La vicenda dell’insegnante francese decapitato non ha scosso particolarmente le coscienze occidentali. Non è stato scandaloso che un professore venisse decapitato dopo una lezione giudicata dall’islam come blasfema, e il motivo è abbastanza semplice: la cultura europea è già stata compromessa, trasfigurata dalla paura stessa di dissentire alle imposizioni dei maomettani. Che la shari’a sia in Europa, non turba più nessuno.
Siamo in guerra
Che il presidente turco dia del “disturbato mentale” all’omonimo francese perché sta cercando di fermare, con tutti i limiti del caso, l’islamizzazione in Francia non ha provocato reazioni unanimi nel mondo politico, e non solo, del Vecchio Continente. Erdoğan sostiene di star difendendo l’ostilità anti-musulmana diffusa, eppure il sentimento europeo è ben ontano dall’islamofobia. Quella ormai intrapresa dall’aspirante sultano turco non è una guerra di parole, né di proclami che lasciano il tempo che trovano. L’Europa è minacciata, l’Europa è invitata a cambiare il suo vocabolario, l’Europa è in guerra. Volano coltelli, bombe, aerei, le cattedrali vengono fatte ingoiare dalle fiamme, i crocifissi nascosti, la libertà di parola è stata decapitata, la dichiarazione di guerra è stata sottoscritta, e c’è un esercito in vantaggio rispetto ad un altro.
Lo stato turco è sempre stato interessato a esercitare la propria influenza sulla morale pubblica. È su questo fronte che si stabilì, già negli anni settanta, il principale campo di battaglia simbolico tra laici e islamisti. Oggi le cose vanno a gonfie vele. Anche perché l’Europa crede di star combattendo la buona battaglia con la tecnica delle scuole elementari: il dispettuccio. Charlie Hebdo ha già deciso che la prossima copertina sarà dedicata ad Erdoğan con una delle loro provocazioni meschine e insensate, e intensificando una tensione sulla libertà di parola opinabile.
Intanto l’Europa smorza i termini perché ha paura dell’islam, dopo esserselo coccolato in casa. E la solidarietà sottile di alcuni politici è solo di facciata: essendo tutti i principi europei sul piano inclinato, il boicottaggio economico dei prodotti francesi non può che giovare gli altri stati membri. Il che è l’ennesima prova del vuoto dei discorsoni circa l’unità europea, e soprattutto rende ancor più evidente il ventre molle d’Occidente, incapace di difendersi e a un passo dalla “conversione” all’islam.
Macron ha difeso il suo professore. E questo è bastato all’islam per inasprire la sua guerra santa. Checché se ne dica, Macron, però, non ha mai fatto un attacco reale all’islam, ha recentemente parlato persino al plurale di separatismo – per lui il problema non è solo l’islamismo. L’unica cosa che ha fatto è stata difendere il diritto di bestemmiare – osservazione che lascia il tempo che trova, peraltro – e sta ragionando su come fermare gli attentati, ma non esiste ancora una legge. E sapete in Francia, dopo tutto ciò, cosa sta accadendo? A dieci giorni, circa, dalla decapitazione del professore, la procura di Parigi sta indagando su ottanta casi di apologia dell’omicidio di Samuel Paty, e nuove minacce di morte per chi offende Allah.