Ermini che casini: lascia il Pd e resta con Spinelli. Imbarazzo dem

L’ex vicepresidente del Csm non molla la holding e lascia la direzione nazionale. Orlando gli aveva chiesto un passo indietro. Lui: “Amareggiato dalle strumentalizzazioni”

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Spinelli Ermini

Pecunia non olet. E meno male, diciamo noi. David Ermini ha scelto la poltrona (e lo stipendio) di Aldo Spinelli, dimettendosi dalla direzione del partito che lo aveva portato alla vicepresidenza del Csm. A poche ore dalla bufera, e dalla richiesta di un passo indietro da parte di Andrea Orlando, candidato in pectore per la regione Liguria, l’esponente dem chiude la partita ma non come avrebbe preferito il Pd. “Stamani durante una telefonata con il presidente del Pd Stefano Bonaccini ho a lui manifestato il mio sincero stupore e la mia amarezza per le strumentalizzazioni che sono state fatte e che continuano sul mio ruolo nella direzione nazionale – ha spiegato Ermini a LaPresse – Non avrei mai pensato che assumere un incarico professionale potesse suscitare imbarazzi, che risentono evidentemente della situazione e del clima a Genova e in Liguria. Per questo, poiché non voglio creare alcuna difficoltà al Pd ho riferito al Presidente che lascerò la Direzione Nazionale”.

In ballo c’è il prestigio professionale, ovviamente. Ma anche la remunerazione che alcuni sussurrano si aggiri intorno a 200-300mila euro. La cifra non è stata confermata dall’ufficio stampa di Spininvest, la società che controlla la Spinelli Srl, quella finita al centro dell’inchiesta per cui sono stati arrestati sia Giovanni Toti che lo stesso Aldo Spinelli. Sul tavolo di Ermini, dunque, arriveranno i dossier che riguardano le concessioni portuali, ma non solo. “Ringrazio David Ermini perchè, con la scelta di dimettersi da membro della Direzione nazionale del Pd, toglie di mezzo polveroni, incomprensioni e strumentalizzazioni”, ha dichiarato il presidente del PD, Stefano Bonaccini. Ancora silenzio, invece, da Elly Schlein che con Conte, Bonelli e Fratoianni sono scesi in piazza contro il “sistema di potere” ligure proprio pochi giorni fa.

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Si tratta di una di quelle vicende che solo l’Italia può riuscire a partorire. Riassumiamo, come fatto ieri in Zuppa: il presunto corruttore (Spinelli), arrestato per aver versato fondi tracciati al presunto corrotto (Giovanni Toti), nomina presidente della sua holding un esponente del partito avverso a quello finito nell’inchiesta (il Pd), per di più già membro del Csm ed ex commissario dem proprio in Liguria. Un po’ come se volesse far sapere ai magistrati che lo tengono ai domiciliari di aver ri-abbracciato il partito di cui si era sempre professato simpatizzante. Non solo. Come fa notare Luca Fazzo sul Giornale, “per quattro anni Ermini ha avuto nelle sue mani un potere decisivo nella nomina dei capi degli uffici giudiziari di tutta Italia, compresa quella avvenuta nel luglio 2022 dell’attuale capo della Procura di Genova. Di fatto Spinelli affida la sua azienda all’uomo che ha nominato il suo inquisitore”.

La mossa scompagina le carte. E movimenta la politica. Ovvio l’imbarazzo di Orlando. Percepibile le tensioni dei segretari locali Simone D’Angelo e Davide Natale, che in una nota avevano definito la scelta di Ermini “del tutto personale e inopportuna“. Scontata l’arrabbiatura del M5S con cui si dovrebbe costruire il famoso Campo Largo (Ferruccio Sansa, il candidato del centrosinistra sconfitto da Toti nel 2020, si dice già pronto ad abbandonare la possibile coalizione).

Ermini, il quale resta convinto che “le vicende processuali non entrano in alcun modo nella mia scelta” (ciao core) e “non c’entrano nemmeno le vicende politiche” (eccerto), era l’unico titolato a sbrogliare la matassa. L’ha fatto. Ma nel modo opposto a quello sperato da Orlando: anziché rinunciare all’incarico nella holding, rinuncia al ruolo nel Pd. E così tutto resta invariato: l’ex dem, ed ex Csm, sarà il braccio destro di Spinelli nella speranza che il Pd torni al potere in Liguria. Come sintetizzava bene Crosetto: “Un messaggio doveva arrivare chiaro a tutti ed è arrivato ad ogni operatore economico: non possono uscire dal recinto di potere della sinistra”.

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