Matteo Salvini cala il secondo asso nella manica contro Mario Draghi. Un premier di cui ha sostenuto il governo ma di cui, a quanto pare, non conserva un grande ricordo. Solo due giorni fa le anticipazioni del suo libro avevano rivelato le modalità poco ortodosse con cui Supermario aveva scelto i ministri in quota Lega, cioè senza condividerne i nomi con il segretario leghista. E oggi dal libro “Controvento”, che fornisce un’illuminante retrospettiva sugli eventi politici del luglio 2022, spuntano nuovi retroscena sulla caduta dell’esecutivo dell’ex banchiere.
Nelle pagine del suo libro, Salvini, a capo della Lega, solleva il velo su un episodio poco conosciuto, ovvero le pressioni esercitate da figure di spicco dell’arena politica europea come l’allora presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel. L’intento era inequivocabile: assicurarsi che Draghi restasse primo ministro per evitare elezioni anticipate potenzialmente inopportune per l’equilibrio politico europeo.
Torniamo al 2022, quando il governo Draghi inizia a mostrare le prime crepe dopo il mancato voto alla fiducia da parte del M5S sul Dl Aiuti che conteneva una norma per il Termovalorizzatore di Roma. “Il premier, polemico, chiese al Parlamento la conferma della fiducia – ricorda Salvini – E il centrodestra si rese disponibile a concederla a patto di non essere più ostaggi dei continuino e dei boicottaggi dei 5 Stelle. Seguirono ore di trattative febbrili, con interventi anche dall’estero”. Ed è qui che entrano in scena Macron e Merkel: “Il presidente francese – spiega il vicepremier leghista – auspicò che il governo Draghi potesse continuare. Cercò Berlusconi e anche me. Due volte. La segreteria del capo dell’Eliseo contattò il mio capo segreteria, attraverso l’ambasciatore francese in Italia, per preannunciarmi una chiamata. Il mio staff iniziò a cercarmi in modo martellante, ma io ero a un evento sul lago di Como, e più precisamente su una barca che puntava verso l’isola Comacina, in una zona senza campo. Venni avvertito in ritardo. Alla fine, comunque, dall’Eliseo ci tennero a verificare che il numero di cellulare in possesso di Macron fosse effettivamente il mio, ma poi la chiacchierata non si concretizzò”.
Andò diversamente, invece, con Berlusconi che però “tenne il punto”. “Lo fece anche quando chiamarono da Berlino, perché mentre eravamo a Villa Zeffirelli – ricorda Salvini – perfino Angela Merkel cercò il Cavaliere per perorare la causa di Draghi.
Era un momento oggettivamente difficile, soprattutto per l’amico Silvio: Forza Italia non era compatta, come dimostrarono successivamente gli addii dei ministri chiamati al governo senza condividerli con Arcore. Se il premier aveva pescato nei partiti nomi «governativi» per evitare turbolenze, aveva ottenuto l’effetto di moltiplicare le tensioni. Il Cavaliere era però convinto – come me – che il centrodestra dovesse tenere il punto. O governo Draghi senza i 5 Stelle, o elezioni”.
Per Salvini, in quelle giornate “Berlusconi fu semplicemente straordinario e coraggioso”. “La sera in cui Draghi decise di dimettersi, per le insanabili divergenze politiche, mi rendevo conto che avevamo vinto una partita difficilissima grazie alla solidità della squadra. Se oggi per fortuna c’è il governo Meloni, fu grazie alle strategie messe a punto col Cavaliere a Villa Zeffirelli. Nonostante pesantissime pressioni nazionali e internazionali, avevamo sempre chiaro il nostro obiettivo: prima gli italiani”.
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