“Esecuzione fisica”. La rivelazione choc di Crosetto sul Csm

Il nuovo libro del ministro della Difesa “Storie di un ragazzo di provincia”: dalle origini al rapporto con Meloni fino al retroscena sul Cav

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Crosetto

Il gigante della politica che non si piega. E punta in alto. Una vita vissuta tra passioni, potere e, appunto, politica. Se quest’ultima, come affermava Rino Formica, «è sangue e merda», Guido Crosetto la conosce meglio di chiunque altro. Tutto inizia a Marene, piccolo comune nella campagna cuneese, tra il profumo della terra e l’odore del letame. «Va rispettato, perché dà da mangiare», gli insegna il padre Giovanni. Una lezione di vita che lo plasma al pragmatismo senza fronzoli di chi lavora con le mani e con la testa.

L’attuale ministro della Difesa ce ne offre un saggio con la sua autobiografia che è anche un manifesto liberale: Storie di un ragazzo di provincia. Ripercorre il suo passato svelando molti dietro le quinte inediti che attraversano decenni di storia italiana, dalla Dc alla Meloni, passando per le Brigate Rosse, Tangentopoli e le crisi di governo. La narrazione è un inno all’amicizia, alle relazioni profonde ma anche una critica feroce alla malagiustizia perché l’aspirazione di ciascuno deve essere il “fare bene”. E la politica vera è quella che va oltre le ideologie, quella concreta che: «Fa realizzare progetti ad ampio respiro, vedere idee e ambizioni che provano a inverarsi, trovare persone che condividono non per forza le tue idee, ma la tua stessa passione, la tua stessa voglia di fare, risolvere, cambiare». Non mancano aneddoti, come quando, appena diciannovenne, restituisce un prestito consistente al padre in poco più di un mese perché la parola data è sacra ma non gli dice come ha guadagnato i soldi.

Ci sono anche ferite, come quella dello zio che, dopo la morte del padre, in base ad un cavillo del codice civile, liquida lui e il fratello estromettendoli da ciò che era stato sempre il loro mondo, l’azienda di famiglia. Crosetto lo accenna appena, ma da lì la sua vita è cambiata. Oggi la sua famiglia è la moglie Gaia, alla quale dedica dolcissimi pensieri da ultimo dei romantici e i tre figli, per loro trova parole che ogni figlio vorrebbe ascoltare da un padre. Racconta l’amicizia con Edoardo Agnelli (non ha mai creduto al suo suicidio), le cene a base di bistecche con Sergio Marchionne, l’affetto con i Ferrero, il lavoro per Giovanni Goria, la richiesta di Francesca Pascale di convincere Berlusconi a dimettersi. La sua storia è una galleria di incontri che hanno costruito il Crosetto pubblico e quello privato. Ma è il Crosetto politico ad emergere con forza.

Del suo debutto in Parlamento racconta: «Ero, per due giorni e mezzo (praticamente lunedì, venerdì e giovedì pomeriggio) il “padrone della Camera”, il solo deputato in giro in una struttura composta da migliaia di persone di altissimo livello e ho potuto attingere a piene mani a quella straordinaria risorsa intellettuale costituita dai funzionari e dagli uffici del Parlamento. Piano piano, imparavo a conoscerla, a capirne le logiche profonde, le gerarchie, le potenzialità e i problemi, facendo domande, facendomi spiegare». E poi il giorno in cui Scajola pretende di imporgli come votare. Però lui la testa non l’abbassa. Le pagine più drammatiche sono dedicate ai vari Striano e a tutti quegli spioni legali ed illegali che scrutano la vita degli altri e la sua ma anche ai tanti Delmastro e a quei giustizialisti che in Fratelli d’Italia e a sinistra si oppongono alla sacrosanta “riforma Nordio” della giustizia che si batte per la separazione delle carriere, carceri più umane e contro “gli arresti spettacolo”.

Scrive Crosetto: «Negli anni di Tangentopoli iniziò il divaricamento tra la legge e la giurisprudenza: non conta cosa prevede il codice, cosa dice la legge, ma cosa pensa un magistrato e come decide, lui, di interpretare la legge a suo totale e discrezionale piacimento. Una deriva pericolosissima che ci regala ancora oggi condanne per reati inventati come il “concorso esterno”. Un vero obbrobrio del diritto. Sta di fatto che, a quel tempo, la magistratura diventa protagonista anche della selezione della classe imprenditoriale italiana». Ed a proposito degli spioni telematici vengono i brividi nel leggere queste parole: «Il metodo sperimentato allora, affinato negli anni, supportato da tecnologie sempre più invasive e sempre più ‘manipolabili’, senza lasciare traccia (dalla registrazione di una cena di Natale in famiglia ormai con le nuove tecnologie di intelligenza artificiale potete ricostruire una conversazione nella quale si decide un omicidio), è arrivato fino a oggi: l’avviso di garanzia, pubblicato con qualche intercettazione costruita per scrivere i titoli dei quotidiani, serve a far male a chi dà fastidio.

Berlusconi, Craxi e Renzi sono stati certamente gli uomini politici più perseguitati dalla magistratura italiana, ma anche Salvini, Bossi, Maroni, Storace, Lupi e decine di altri. Per non parlare dei casi vergognosi come quello di Calogero Mannino, un galantuomo perseguitato per venticinque anni, insieme ad altre centinaia di persone, poi assolte dopo anni o decenni». Ma le cifre sono ancora più crude delle parole: «Non solo persone famose o importanti. Ogni giorno dieci cittadini innocenti entrano in carcere». E poi una riflessione amara su cui anche Sergio Mattarella, gran capo del Csm dovrebbe riflettere e agire. «Perché in Italia la politica ha paura a parlarne? Sarà per lo stesso motivo per cui un amico mi ha chiesto di togliere queste righe dicendomi: ‘Guido, tu sai chi sono e come sono, sono cattivi e senza alcuno scrupolo. Fosse per alcuni di loro passerebbero direttamente all’esecuzione fisica’. Ho deciso di lasciarle così. Così come so che non dovrei scriverlo…».

E poi c’è ovviamente molto di Silvio ma soprattutto di Giorgia. Con lei ha fondato un partito e per lei usa parole nette: «Non era, come non lo è oggi, una persona facile. Giorgia non fa sconti, non molla di un centesimo nello stare sul pezzo, non ti perdona nulla; è una che, se c’è un elemento che si può limare, non lo lima, anzi, lo esaspera». Forse è per questo che molti nostalgici nel partito considerano Crosetto un corpo estraneo. Ma nessuno ha mai avuto il coraggio di dirglielo in faccia. Non va dimenticato che Crosetto è l’uomo che si è dimesso dal Parlamento senza avere una poltrona ad attenderlo. E chissà se in una terza vita il destino non lo porti a reinventarsi oppure addirittura Quirinale. Ci starebbe benissimo. Nell’ultimo giro Giorgia ci aveva già pensato. E non è una cattiva idea.

Luigi Bisignani per Il Tempo 16 marzo 2025

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