La legge Zan, in fondo, consacra solo una distopia che è già diventata realtà. Il pensiero unico arcobaleno da anni è penetrato nelle università, nelle televisioni e, soprattutto, nei media. Mascherato da strumento di liberazione e da teoria anticonformista, si è trasformato in dogma, in atto di fede, in credo assoluto del conformista. Basta guardare la copertina dell’Espresso di questa settimana: un uomo “incinto” e sul pancione la scritta: “La diversità è ricchezza”.
La grancassa dei media Lgbt
Il direttore Marco Damilano, paragona addirittura “gli invisibili in piazza per tutelare il lavoro” ai sostenitori della legge Zan. Eppure, in questo anno di pandemia – ma in realtà, negli ultimi decenni di ubriacature globaliste – il lavoro, a differenza dell’ideologia dei “nuovi diritti”, per citare il presidente della Corte costituzionale, non ha avuto testimonial dei salotti buoni, non ha avuto il sostegno dei vip, non ha beneficiato di battaglie in Parlamento e non è stato spalleggiato dal cinema, dalla musica, dalla televisione. Tutt’altro. Ed è proprio con la grancassa dei media a senso unico che, al contrario, l’ideologia Lgbt si è imposta e ha imposto un ribaltamento della realtà.