Espresso, prove generali di ddl Zan: l’uomo “incinto”

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La legge Zan, in fondo, consacra solo una distopia che è già diventata realtà. Il pensiero unico arcobaleno da anni è penetrato nelle università, nelle televisioni e, soprattutto, nei media. Mascherato da strumento di liberazione e da teoria anticonformista, si è trasformato in dogma, in atto di fede, in credo assoluto del conformista. Basta guardare la copertina dell’Espresso di questa settimana: un uomo “incinto” e sul pancione la scritta: “La diversità è ricchezza”.

La grancassa dei media Lgbt

Il direttore Marco Damilano, paragona addirittura “gli invisibili in piazza per tutelare il lavoro” ai sostenitori della legge Zan. Eppure, in questo anno di pandemia – ma in realtà, negli ultimi decenni di ubriacature globaliste – il lavoro, a differenza dell’ideologia dei “nuovi diritti”, per citare il presidente della Corte costituzionale, non ha avuto testimonial dei salotti buoni, non ha avuto il sostegno dei vip, non ha beneficiato di battaglie in Parlamento e non è stato spalleggiato dal cinema, dalla musica, dalla televisione. Tutt’altro. Ed è proprio con la grancassa dei media a senso unico che, al contrario, l’ideologia Lgbt si è imposta e ha imposto un ribaltamento della realtà.

Come l’idea che gli atleti trans debbano avere il diritto di gareggiare contro le donne, che una coppia abbia il diritto di comprare un bambino all’estero e di registrarlo in Italia, o che, magari, un uomo abbia il diritto (anche se un diritto impossibile) di generare una vita. La sensazione, insomma, è che la legge Zan sia solo la ciliegina sulla torta di un processo manipolativo già giunto all’acme. E che ha solo bisogno di un suggello di Stato. In fondo, è già “vietato” (nel senso che comporta stigma sociale, attacchi mediatici, emarginazione nel mondo del lavoro) sostenere certe posizioni. Con la legge Zan, semplicemente, si potrà anche essere processati. È il cerchio del regime che si chiude. Ma anche senza legge Zan, Orwell è già qui. Inclusa la sua neolingua, che trasforma la “manipolazione” in “diversità”. Come sull’Espresso.

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