Da domani, forse dopodomani, nessun soldo dall’Europa per i paesi membri che non si piegheranno in modo assoluto ai valori sopranazionali della Unione europea e del suo “Stato di Diritto e Valori”. Un commissariamento sovietico che ci sarà imposto nel nome della libertà, coesione e della riduzione delle disuguaglianze tra i paesi membri ma, soprattutto, per lo sviluppo e solidità dell’Europa e del mercato unico. La prospettiva della diseguaglianza è ovviamente tutta dei funzionari dell’Unione europea: vengono in mente le costanti violazioni di Germania e Francia e lo stesso disegno della sua formazione e di chi ne ha tratto vantaggi. Se il suo predecessore Juncker creava imbarazzi e un moto di tenerezza pur nella astuzia e cinismo, Charles Michel è molto più temibile e lo dimostra nel suo discorso programmatico di ieri per illustrare il Quadro Finanziario Pluriennale (quadro finanziario pluriennale) e il recovery package.
È Il trionfo del progressismo. Eric Zemmour nel suo discorso alla convenzione della destra del settembre 2019 rammentava ironicamente: perché cercare delle alternative alla società progressista dove la libertà è per loro e non per gli altri, dove solo i progressisti possono apprezzarla? “La libertà, solo i progressisti possono apprezzarla e usarla. La libertà, solo loro ne sono degni”. E perché dovremmo rimanere a bocca aperta per le incredibili proposte di Michel? Dovevamo aspettarci – e si sapeva – che il momento di maggiore debolezza delle Nazioni sarebbe stato utilizzato per affermare graniticamente, per legge, per Stato di Diritto di un agglomerato sintetico di stati che non ha una Costituzione, la asimmetria della prevalenza delle minoranze, affermate nei voleri di pochi paesi a scapito di molti altri e meravigliosamente sintetizzati nelle linee guida dirigistiche di una Unione europea che da ieri assomiglia molto all’Urss e alla Ddr.
Il programma del Presidente Michel – più gradevole ed “empowered” quando si esprime in francese che in un legnoso inglese – ha tre punti fermi: convergenza, resilienza, trasformazione. Il non dit di Michel è chiaro: gentili Stati membri dove i cittadini si esprimono democraticamente in maniera maggioritaria verso partiti a noi non graditi: da oggi non più Europa bensì solo Europa. Se non vi “trasformerete” cari polacchi e ungheresi sarete nei guai. Gli Italiani non sono un problema nei guai ci sono già: alto debito, la moneta è la nostra, al governo e all’economia ci sono uomini fidati docilmente filoguidati.
Michel sta costruendo un edificio che per lui sarà solido e permanente e quindi per esprimere i sei punti per arrivare a esecuzione utilizza un modo di dire molto comune ma che fa venire qualche sospetto “building blocks”, i mattoni necessari per “riformare le economie e rimodellare le nostre società”. Stupore? La Eu, disegnerà le economie e il profilo delle società secondo il suo gusto. Non lamentatevi, questa è la vera libertà alla Saint-Just: nessuna libertà per i nemici della libertà.
La bozza ufficiale da cui Michel ha tratto il suo discorso è molto più lunga e dettagliata, sicché per semplicità mi limito al discorso di ieri e dei sei punti: la dimensione del Mff, gli sgravi concessi alle nazioni del Nord Europa nella contribuzione al bilancio Eu, la dimensione del Recovery Package…(Fund), prestiti e sovvenzioni, come verranno allocati i fondi del Rff ( Recovery and Resilience Facility). E arriviamo al sesto: governance e condizionalità, il più rilevante e l’affondo di Michel è magistrale. Ricordiamo che in Europa sono molto formali, utilizzare gli acronimi è d’obbligo e si usa il metodo Juncker: si mette sul tavolo una proposta complessa e poco comprensibile ai politici di turno e la si fa votare, generalmente pochi la comprendono e passa come fu per il bail-in. Qui invece Michel è chiaro tanto da dettagliarla alla stampa in altre cinque proposte.
Ora sappiamo che con lo scenario recessivo attuale e ancor più per i prossimi anni, in Europa la “Top Priority” è il cambiamento climatico e che 322 Mld, il 30% del bilancio Europeo, andrà in progetti collegati, ma forse pochi nei paesi periferici saranno felici di sapere che in un paragrafo si specifica la condizionalità stante la quale se uno Stato Membro non si “adeguerà allo Stato di Diritto e ai Valori Europei non riceverà fondi. È un crescendo: c’è già l’articolo 7 del trattato sul funzionamento della Unione Europea che armonizza gli obbiettivi ma il blocco dei fondi è una misura gravissima poco simbolica e molto concreta, innanzitutto per la variabilità e soggettività di quei principi decisi in Europa e ai quali non ci si conformerebbe.
È tra l’altro da ieri una priorità insita nei valori Europei la lotta alla disinformazione. È la Unione Europea a decidere quale sia quella corretta o meno attraverso la novità della creazione di una incredibile superprocura madurista che dovrà combattere e punire le voci non allineate. E poiché in Italia – diversamente dal resto d’Europa-le voci fuori registro “mainstream “ attendibili e con adeguata massa critica di lettori si contano sulle dita di una mano, con buona eventualità saranno sanzionate e facilmente silenziate. Building Blocks, mattone su mattone l’edificio buio della Unione Europea del prossimo decennio non ci metterà molto a essere completato.