Salvator Dalì sottrasse (si trattò di un vero e proprio ratto) Gala al poeta Paul Eluard.
La battezzò musa, la sposò, la elevò al rango di sua “Padrona”.
Una sola richiesta: vestirsi con immensi camicioni bianchi da fantesca.
La pose al centro della sua vita, lui mai più si allontanò dalla sua circonferenza.
Quando il vento si impadroniva della villa sugli scogli di Cadaqués, per compiacerlo, Gala si offriva alla natura.
Intanto enormi lenzuoli di tulle bianco, predisposti alla bisogna, svolazzavano in modo selvaggio, creando un’atmosfera surreale.
Esaltato, Salvator accendeva fuochi di legna verde, affinché creassero un fumo bianco, che subito si inabissava nel mare in tempesta.
Era un oasi piena di magia.
Fu la rappresentazione finale, depravata e declinante, di un genio assoluto.
Sostituite il “Virus” al vento, Salvator all’Europa, Gala alla Cina e la metafora così è, se vi piace.
Riccardo Ruggeri, 1 aprile 2020