Nel febbraio 2016, la morte dell’antropologa Ida Magli fu accolta dai giornali come una non notizia. Le fu riservato un trattamento vergognoso, quello riservato ai “traditori” che passano da sinistra a destra. Brevi articoli nella sezione della Cronaca. Come dire che Ida non aveva fatto vera cultura nonostante le dozzine di libri scientifici, alcuni dei quali diventati classici. Al Giornale ho avuto l’onore di collaborare con Ida Magli, che ha combattuto assieme a noi le battaglie in cui credeva: opposizione totale al politicamente corretto e alla dittatura europea. Ecco una sintesi per punti del pensiero di Ida Magli, tratto dai fulminanti “Per una rivoluzione italiana” (libro-intervista con Giordano Bruno Guerri) e “La dittatura europea”.
Primo round: politica. La democrazia è «allucinazione» e «inganno». Un tabù, cioè una parola magica. I politici non ci rappresentano. Lo Stato pensa solo ad estendere la propria influenza. Il cittadino non possiede alcun potere, tanto meno quello di scaricare chi lo opprime. Posizione non popolarissima in Italia. La soluzione ha un sapore liberale: «Ridurre il più possibile gli spazi del Potere». Evitare che si accumuli ed «eliminarne gli eccessi, come si fa per il colesterolo». Nessuna società può sopravvivere senza rispettare alcune regole e senza essere amministrata. Questo tipo di potere residuale e ineliminabile «va chiamato col suo nome: Potere, e va assegnato esplicitamente – come incarico retribuito, responsabile, in base a competenze specifiche – nei limiti di una gestione amministrativa a tempo determinato». Nulla a che vedere con la truffa dei governi tecnici. Siamo più vicini a un consiglio d’amministrazione giudicato (e licenziato) in base ai risultati ottenuti. E le elezioni? La sacralità del voto? «È indubbio che la scena del pezzo di carta colorato, della matita, della croce da tracciare su un simbolo, degli scatoloni con la fessura dove inserire la scheda, della conta manuale di questi segni, rappresenta come meglio non si potrebbe l’annientamento dell’uomo occidentale nei confronti del Potere. Sarà difficile, per lo storico o l’antropologo di domani, capire che non si trova davanti al reperto di una cerimonia tribale dell’Africa Nera».
Secondo round: integrità culturale. Religione e lingua sono i pilastri della identità di un popolo. L’immigrazione di massa dai Paesi musulmani rischia di avere un impatto disastroso. Ida Magli scrive nel 1996 che ci andranno di mezzo la nostra cultura e la laicità dello Stato: «È indispensabile una legislazione rigida per fare in modo che almeno non ne arrivino troppi. Ripeto: gli islamici sono una popolazione forte, con una religione forte, non possono in alcun modo essere integrati nel nostro contesto (come in nessun altro contesto: vedi l’esempio francese), anche se lo volessero, ma naturalmente non lo vogliono. L’integrazione è impossibile già al livello, che sarebbe indispensabile, delle leggi: perché il Corano è un codice sia civile sia religioso». In ballo ci sono libertà costate secoli di guerre anche fratricide: «Questo rende l’islamismo fortissimo e immodificabile, perché un testo sacro non lo si può manipolare secondo i bisogni. Questo significa anche che tutto quello che noi abbiamo così duramente conquistato nel corso della storia, ossia l’affermazione di un’etica scissa dal sacro, è incompatibile con la loro visione del mondo. Noi non dobbiamo imporre a loro la nostra: è una cosa che abbiamo fatto in passato ed era una violenza gravissima. Ma proprio perché sappiamo bene a quali irrimediabili conflitti si va incontro, abbiamo il dovere e il diritto di prevenirli».
Terzo round: Europa. Un altro tabù, un’altra finzione. Dove non esiste lingua comune, non esiste popolo. La Magli fu la prima a leggere e contestare i trattati che superavano il mercato comune per dotare l’unione di nuove istituzioni politiche ed economiche, tra cui la moneta (il non ancora varato euro) definita «una grave violenza dei governanti sul popolo». La ricchezza dell’Europa sta nella sua infinità varietà. L’omologazione, da ottenersi attraverso l’ideologia del politicamente corretto, alla lunga sancirà proprio la fine del Vecchio continente. Per l’antropologa, l’Unione era antistorica e insensata. Le nazioni europee avevano combattuto a lungo per ottenere o mantenere l’indipendenza. Ora dovevano cedere sovranità a organi dall’incerta legittimazione democratica. Nell’area geografica interessata, si parlavano e si parlano decine di lingue diverse: e la lingua, assieme alla religione, è il primo fattore che unisce un popolo e lo divide dagli altri. Non si tratta certo di negare la grandezza e anche una certa uniformità di fondo della cultura europea. Al contrario, la Magli intendeva preservare l’unicità del contributo offerto da ogni nazione, evitando l’omologazione imposta da Bruxelles: “Non sappiamo chi sia stato a ideare un tale strumento di potere per dominare gli uomini e indurli a comportarsi secondo la volontà dei governanti, evoluzione terrificante di quella che un tempo si chiamava censura. (…). Politicamente corretto. Non corretto dal punto di vista politico, ma corretto dal Potere. Politica e Potere sono la stessa cosa”.
Alessandro Gnocchi, 3 febbraio 2019
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