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Fantastici cinque, emergono nuovi particolari della loro “impresa”

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Nuovi particolari (ingloriosi) sull’impresa dei “fantastici cinque”: l’ormai leggendario quintetto di deputati-crocieristi (Delrio-Orfini-Faraone-Magi-Fratoianni) saliti sulla Sea Watch (di cui avevamo parlato anche lo scorso lunedì), e poi rimasti muti (non una spiegazione convincente, non un messaggio di scuse) perfino dopo lo speronamento ai danni di una motovedetta della Guardia di Finanza.

A peggiorare la loro posizione (mai fidarsi degli amici più a sinistra) è stata proprio il loro idolo, la “Capitana”, Carola Rackete, intervistata nel weekend da Repubblica.

Trattandoli (non sappiamo se volontariamente o inconsapevolmente) da mozzi o da comparse, la Rackete ha dichiarato che i cinque “hanno partecipato al briefing in cui ho informato l’equipaggio che avrei attraccato di lì a poco” e che “non hanno provato a fermarmi”.

Morale: secondo il racconto della Capitana, ci sono cinque deputati della Repubblica che salgono su una nave, sono ben consapevoli del fatto che sia già in corso (e si aggraverà) la violazione delle indicazioni date dalle legittime autorità nazionali, ma accettano tutto, restano silenti, non fanno né una piega né un plissé.

Mi auguro che in queste ore i cinque smentiscano in modo pubblico, netto e circostanziato le affermazioni della Rackete (se lo hanno già fatto, ne prendo atto volentieri e mi scuso con loro). Ma se questo non accadrà, avremo una tragica conferma di ciò che milioni di italiani hanno già capito: i cinque – politicamente e mediaticamente parlando – sono stati trattati alla stregua di pupazzi dalle Ong, come attori minori a cui assegnare una particina, dentro un copione in ultima analisi accettato e subìto dai parlamentari.

Un conto è criticare (sempre legittimo: ci mancherebbe) una legge, una maggioranza, un governo; è perfino possibile scegliere la strada della disobbedienza (ma mettendo a rischio se stessi, non altri; subendone le conseguenze legali; e soprattutto senza atti pericolosi e violenti come uno speronamento); altro conto (e qui siamo in una dimensione politicamente inaccettabile) è dare l’idea che l’Italia sia uno spazio senza regole, in cui chiunque possa fare quello che vuole, accudito amorevolmente da cinque deputati. Mi sforzo: ma non mi viene in mente nessun paese dell’Occidente avanzato in cui sarebbe potuta accadere una cosa simile, e in cui i cinque deputati non sarebbero già stati trascinati alle dimissioni.

Daniele Capezzone, 7 luglio 2019