Se infatti il tampone certifica la non contagiosità per 48 ore (forse 72, si vedrà), permettere a un agente di lavorare anche a test scaduto lo rende assolutamente inutile. Ragioniamo: un poliziotto entra in ufficio cinque minuti prima della scadenza temporale del green pass (può farlo) e resta in servizio per tutto il giorno, magari 12 ore, col test scaduto. Secondo il protocollo ministeriale sarebbe potenzialmente contagioso e pericoloso per la sanità pubblica, però può restare al fianco dei colleghi senza problemi. A che serve allora aver imposto il lasciapassare?
Rispondiamo noi: a nulla. O almeno non a contenere la circolazione del virus. Lo strumento è stato pensato male, convinto com’era il governo che sarebbe bastato annunciarlo per far correre i no vax nei centri vaccinali. Non è successo. E ora ci sono aziende a rischio blocco, porti in subbuglio e il sistema sicurezza che rischia il collasso. Per aggirare il problema, si sono inventati il green pass prolungabile fino a fine servizio, che è una contraddizione in termini. E che ne mostra il vero obiettivo: non serve a contenere la pandemia, ma è utile solo a costringere i renitenti a sottoporsi coattivamente alla vaccinazione. Anche se non vogliono farlo. Anche se il siero non è un obbligo. In pratica, una vaccinazione coatta surrettizia.