Don Beniamino Di Martino è uno straordinario sacerdote, ma soprattutto uno dei pochi intellettuali liberali che sono in circolazione. Come aveva ben colto Antonio Martino: “È una persona assolutamente unica che assomma in sé il coraggio delle idee, che è la virtù più importante che esista e, come cattolico, il principio liberale: d’altronde il primo liberale è stato il Padre Eterno che ci ha lasciati liberi”.
Il suo ultimo libro si intitola Stretta nel Fascio, Nazi-Fascismo contro l’individuo ed è edito da Monolateral. Come scrive in premessa, si tratta di una “gemmazione” da un’idea più ampia di investigazione che Don Beniamino ha intenzione di realizzare: e cioè la potenza delle ideologie e la grande differenza tra Destra e Sinistra. La tesi del sacerdote è fenomenale per il coraggio con cui è esposta e per la qualità del ragionamento e delle fonti che la sostengono. Cerchiamo, troppo sinteticamente, di esporla. Il fascismo e il nazismo sono figli di un’ideologia anti individualista e statalista che li accumuna con il socialismo. Il rischio fatale che l’uomo corre è l’ideologismo, che in forme diverse affiora nella nostra recente storia. Il solo accostare il socialismo al fascismo, nonostante la comune radice, ha sempre provocato imbarazzo. Per una serie di motivi.
Il primo riguarda la concezione del nazismo come male assoluto. Pensate un po’ voi se Don Beniamino per un solo istante possa giustificare un solo atto di quella dittatura. Ma è lucido nello scrivere: “Dov’è la disonestà del ricorso alla categoria di male assoluto assegnata agli avversari? Se si assume come male assoluto solo una delle forme del totalitarismo e dell’ideologia, allora si scivola nell’errore di assolvere o peggio di legittimare le altre sue manifestazioni, ogni altra manifestazione, che anche in modo puramente occasionale, o meramente strumentale si trovasse in contrapposizione a quella accusata di essere male assoluto”.
Il concetto di male assoluto del fascismo è alla base dell’”angelizzazione dell’antifascismo” alla Bobbio. Don Beniamino dall’altra parte critica quel mondo conservatore e liberale che negli anni 20 pensò, colpevolmente, che il fascismo sarebbe stato un male minore, un avversario di comodo al rischio della rivoluzione bolscevica. Così come disprezza la cultura dell’antifascismo, disprezza anche la debolezza liberale di assecondare il fascismo come baluardo alla “sovversione bolscevica”. Non si sostituisce autoritarismo con autoritarismo.
È un libro attualissimo. È da compulsare ogni volta che un socialista o statalista di casa nostra urla al pericolo fascista. Non già perché non se ne veda il pericolo. Ma per l’utilizzo strumentale e politico che se ne fa. E che per di più viene utilizzato da coloro che rispondono ad una matrice ideologica, quella socialista, altrettanto autoritaria e illiberale. Si tratta anche di un bel compendio di citazioni degli intellettuali che tanto amano i liberali di questa rubrichetta: da Mises a Bastiat.
Nicola Porro, Il Giornale 6 novembre 2022